30 Gennaio 2021

Game Stop: Robin Hood contro Wall Street (e Davos)

Game Stop: Robin Hood contro Wall Street (e Davos)
Tempo di lettura: 4 minuti

Ha destato scalpore nel mondo finanziario, e non solo, l’andamento a Wall Street delle azioni di Game Stop, il più grande rivenditore di videogiochi nuovi e usati nel mondo, con più di 6.000 negozi dislocati in 17 Paesi.

La pandemia e la diffusione dei giochi online ha mandato in crisi la società, con chiusure di negozi, ristrutturazione aziendale e il prezzo di borsa passato dai 56$ del 2013 ai 2,8$ del giugno del 2020. 

Eppure, il titolo negli ultimi giorni ha raggiunto il prezzo altissimo di 483$. Un rialzo del 17.000% in pochi mesi. Sembrerebbe tutto un gioco o, a vedere i nomi dei protagonisti dell’avventura, una favola… Ma andiamo con ordine.

Sul titolo Game Stop si è formata una sfida tra la massa dei trader, i piccoli investitori, e i grandi fondi d’investimento: questi ultimi avevano scommesso sulla crisi della società, vendendo allo scoperto il titolo.

La vendita allo scoperto consiste nel farsi prestare il titolo senza averlo in possesso, per poi venderlo sul mercato e ricomprarlo a un prezzo più basso successivamente.

La manovra messa in atto mirava a far soldi scommettendo (in un’operazione parallela) sul ribasso finanziario della Game Stop, lucrando così sul ribasso dei titoli, nulla importando se tale manovra avesse come esito, possibile, il collasso dell’azienda.

La forza finanziaria dei grandi fondi d’investimento normalmente schiaccia i piccoli trader che operano in borsa. Ma, questa volta, qualcosa è andato storto.

Robin Hood

In America si sono diffuse da tempo piattaforme di trading come Robin Hood (nome da favola), che consentono di comprare senza commissioni anche frazioni di azioni, con pochissimi soldi, con annesso addestramento dei trader attraverso giochi digitali (Game appunto), cosa che ha attirato milioni di giovanissimi “speculatori”.

Questi piccoli trader si scambiano informazioni sui social network, e le indicazioni di alcuni possono diventare ondate pesanti, se eseguite da una marea di piccoli trader.

Così è accaduto per Game Stop. È partito il tam-tam, la parola d’ordine di  “comprare Game Stop”, e il prezzo delle azioni è iniziato a salire.

La scommessa dei grandi fondi di investimento è così saltata: costretti a ricomprare le azioni di Game Stop per onorare l’impegno a restituire i titoli presi in prestito per la vendita, hanno perso un sacco di quattrini.

Il prezzo del titolo è salito, tanto da dare problemi anche alla società di trading usata come strumento, chiamata a dare il dovuto agli operatori, ma questa è un’altra storia.

La rete rotta

Nel film “Una poltrona per due” i due protagonisti riuscirono a far piangere i “grandi speculatori” in una scommessa finanziaria che portò i due Davide a sconfiggere i due Golia.

Questa volta è stata la marea dei piccoli trader a sconfiggere i grandi fondi d’investimento. È accaduto un po’ quanto raccontato in “Alla ricerca di Nemo”, cartone animato meraviglioso, quando lo smarrito pesciolino Nemo rimane imprigionato in una rete.

Nel caos del dibattersi disperato dei pesci catturati, Nemo suggerisce di spingere tutti nella stessa direzione, con il risultato di rompere la rete.

Resta l’evidenza della follia di un sistema finanziario che da sempre funziona con meccanismi assurdi, creati appositamente per arricchire i ricchi a scapito di aziende, lavoratori e altri. Tutto perfettamente (il)legale.

Eppure allo stesso modo, deve far riflettere che la massa, se ben orientata, ha la forza di sconfiggere i grandi, quelli che vincono sempre le scommesse di questo gioco truccato.

Ma nel caso specifico, a vincere sono stati i vinti di sempre, usando gli stessi mezzi della grande Finanza, cioè quella tecnologia digitale che ha offerto nuove possibilità agli squali del settore.

La furia di Wall Street

L’ambito della grande Finanza è infuriato, dato che una variabile nuova e non gestibile è stata immessa nel loro gioco truccato. E rischia di scorrere il sangue, dati gli interessi toccati.

Nel frattempo, si è iniziato a mettere in circolo narrative atte a gettare ombre oscure sulla vicenda. Dietro l’operazione Game Stop si nasconderebbero figure oscure, che mettono a rischio gli usuali scambi finanziari e i mercati.

Vero, qualcuno ha certo organizzato la “stangata”, ma a vincere sono stati tante persone reali, non oscure società con sede alle Isole Cayman.

E fa sorridere che l’ambito che lucra sull’illegalità da loro imposta sugli scambi finanziari invochi la violazione di leggi non scritte che discendono direttamente dai loro interessi specifici.

Il Centro sociale di Davos

Significativo che l’azione di pirateria, perché di questo si tratta, abbia avuto come oggetto un’azienda chiamata Game Stop, nome evocativo e segnale inquietante per i Signori dei Giochi della Finanza globale.

E che abbia avuto luogo in parallelo a Davos, dove alcuni esponenti politici, in primis Emmanuel Macron, hanno prestato la loro voce al variegato ambito economico-sociale schiacciato dai Signori dei Giochi, denunciando con chiarezza inusuale l’immane squilibrio sociale che sta determinando la vampirizzazione delle risorse globali da parte della Casta, quella vera.

Flatus vocis o banale opportunismo quello dei politici che hanno parlato a Davos. Forse sì, forse no, ma intanto registriamo che una denuncia così chiara non era mai stata avanzata in tale sede, tanto che Dagospia, usa a sintesi di qualche intelligenza, ha titolato: “Ma era Davos o un centro sociale?“.