Bahrein: la repressione che si consuma nel silenzio
Tempo di lettura: 4 minuti“Gli occhi del mondo rimangono fissi sull’Ucraina, dove la Russia ha annesso la Crimea e sta rafforzando le sue forze militari lungo il confine orientale dell’Ucraina. Perso nella coscienza pubblica è un’altra incursione recente e in corso dopo una massiccia rivolta antigovernativa: l’intervento dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti in Bahrain a metà marzo 2011. Tre anni dopo, le truppe straniere sono ancora lì, in servizio a piacere di re Hamad”, il sovrano del piccolo Paese del Golfo.
Amy Austin Holmes e la repressione dimenticata
Iniziava così un articolo di Amy Austin Holmes pubblicato su al Jazeera nel marzo del 2014, dal titolo “L’intervento militare che il mondo ha dimenticato”. Già, perché mentre altre Primavere arabe sono state appoggiate dall’Occidente, e quindi vere o asserite repressioni delle stesse hanno riempito e riempiono i relativi media, della repressione consumata in Bahrein e del regime che ancor oggi vige nel Paese tutto è tacitato.
Eppure, ricorda la Holmes, stime del tempo riferiscono che la rivolta del Bahrein è stata, in percentuale, la più massiva delle Primavere arabe. Ma si è svolta nel Paese sbagliato: non in uno Stato inviso a Washington, ma che l’America ha consegnato alla sfera di influenza saudita. Da cui il silenzio.
Così la Holmes descrive quanto avvenuto nel 2011: “i sauditi hanno inviato la loro guardia nazionale, gli Emirati hanno inviato forze di polizia e i kuwaitiani hanno inviato la loro marina a pattugliare” i mari. Cinquemila i soldati da parte di Riad, mentre settemila marines erano già sul posto, a un tiro di schioppo, letteralmente, da Pearl Roundabout, la Piazza Tahrir del Bahrein.
L’accusa verso i manifestanti era di cospirazione col nemico iraniano, dato che il Paese è abitato da una minoranza sciita, accuse che la Holmes dice non sono state mai provate, a fronte del fatto che, dopo l’invasione saudita-emiratina, “tutti e sette i gruppi di opposizione del Bahrein hanno firmato una dichiarazione in cui condannavano l’intervento e ne chiedevano il ritiro”.
Le denunce di Amnesty international
La repressione è scattata violenta. Da allora, si è instaurato un regime durissimo, documentato da tante fonti diverse. Citiamo il rapporto di Amnesty International del luglio scorso.
“Le autorità hanno intensificato i loro sforzi per soffocare la libertà di espressione, prendendo di mira in particolare i forum online, l’ultimo spazio rimasto in cui i bahreiniti potrebbero criticare il governo [gli altri vanno in galera ndr.]. È continuato il ricorso a processi di massa iniqui sia per le persone che devono affrontare accuse legate al terrorismo sia per i manifestanti”, anch’essi troppo spesso identificati come terroristi, come denuncia Amnesty.
“Il Bahrein ha continuato a negare l’accesso a osservatori indipendenti dei diritti umani, tra cui Amnesty International, Human Rights Watch e organismi per i diritti umani delle Nazioni Unite”. Nel 2017 ha chiuso al-Wasat, “l’unico ambito rimasto per discorsi politici dissidenti”. E oggi è scatenato contro i dissidenti online.
Non solo contro chi posta critiche online, ma anche contro chi li segue, chi condivide etc., ai quali arrivano avvisi minacciosi. Amnesty denuncia poi lo sfruttamento dei migranti, vittime di abusi e spesso neanche pagati, la negazione di diritti delle donne e le condanne a morte.
Queste ultime hanno un corollario che le rende ancor più odiose: “Le autorità – scrive Amnesty – si rifiutano di consegnare i corpi degli uomini del Bahrein giustiziati alle loro famiglie per i funerali e impediscono alla maggior parte dei membri della famiglia di intervenire alla loro sepoltura”. Sulle carceri, poi, meglio sorvolare.
La mozione di condanna della Ue
Il 9 marzo, a dieci anni dall’intervento saudita, il Parlamento europeo ha votato una mozione di condanna del governo di Manama. Riportiamo due brani del documento.
“Considerando che dopo la repressione delle manifestazioni del 2011 e l’invasione del paese da parte dell’Arabia Saudita, le violazioni dei diritti umani sono aumentate ancora di più nel paese; considerando che l’élite monarchica al potere si oppone a qualsiasi trasformazione sociale e democratica del paese e utilizza la questione religiosa per reprimere qualsiasi opposizione al regime (soprattutto con il pretesto della lotta “antiterrorismo”)”;
“Considerando che le autorità hanno arrestato, perseguito, torturato e molestato difensori dei diritti umani, giornalisti, leader dell’opposizione, sindacalisti e avvocati; considerando che alcuni di loro sono stati processati dinanzi a un tribunale militare, “il National Safety Court”, e sono stati condannati a lunghe pene detentive; considerando che centinaia di persone sono state arbitrariamente private della cittadinanza, mentre attivisti e giornalisti che continuano il loro lavoro dall’esilio rischiano rappresaglie contro i familiari che rimangono nel paese; considerando che le più importanti voci critiche della società civile, l’unico quotidiano indipendente e le principali associazioni di opposizione politica sciita e laica sono state dichiarate fuorilegge dal governo”…
Considerando, insomma, tutto questo (e tanto altro) la Ue giudica in maniera negativa il governo del Paese.
Di tutto ciò nemmeno una riga sui media mainstream né un cenno in Tv. Silenzio che aiuta le autorità del Bahrein a considerare mero flatus vocis la mozione (se non ha importanza nei nostri Paesi, figuriamoci per loro..). Per concludere, il Bahrein è alleato dell’Arabia saudita nella sporca guerra in Yemen, che ha generato “la più grave crisi umanitaria al mondo (Unicef).
Ps. Abbiamo illustrato la nota con una foto del Gran Premio non certo per denunciare piloti o case automobilistiche, quanto per illustrare quanto siano normali i rapporti tra il regime del Bahrein e il mondo. Si pensi, ad esempio e di converso, ai tanti boicottaggi delle Olimpiadi causati negli ultimi anni da problematiche similari.