La guerra dei vaccini: AstraZeneca ancora sotto attacco
Tempo di lettura: 4 minuti“Il 29 gennaio scorso Emmanuel Macron si lascia sfuggire una delle affermazioni potenzialmente più impegnative della sua intera carriera politica. Esistono ‘poche informazioni’ sul vaccino AstraZeneca, dice il presidente francese. E aggiunge: ‘Pensiamo che per le persone di più di 65 anni sia quasi inefficace’. Era una dichiarazione pericolosa, perché rischiava di indurre un gran numero di persone a rinunciare alle somministrazioni.”
Così apre l’articolo del Corriere della Sera del 17 marzo che prosegue concedendo a Macron il beneficio del dubbio: “È plausibile che Macron stesso avesse ricevuto informazioni fuorvianti, tanto che in seguito si è corretto. AstraZeneca era ampiamente sperimentato sugli anziani: nello studio presentato per l’approvazione ai regolatori in Europa erano stati inseriti 2.100 ultrasessantenni. Del resto un secondo studio indipendente delle Università di Edimburgo e di Wellington, già allora consultabile, dimostrava un’efficacia del 94% per tutte le fasce d’età”.
Sembra difficile immaginare che Macron non possa avvalersi di consiglieri esperti nella materia o che non abbia accesso a a documenti di prima mano che potessero evitargli il grossolano errore. Ma tant’é, registriamo comunque che il Corriere si è accorto che la guerra in corso al vaccino di AstraZeneca, per inciso cominciata in autunno con gli attacchi dei media americani e proseguita con vari intoppi tra cui l’hakeraggio dei sistemi dell’IRBM di Pomezia impegnata nella ricerca del vaccino, è esclusivamente geopolitica e poco o nulla ha a che vedere con l’efficacia del prodotto.
Il contesto in cui si svolge questo confronto senza regole vede l’Unione europea e Londra che stanno affrontando l’impatto della Brexit, e l’America di Joe Biden che avvia un riavvicinamento all’ UE dopo che la più contestata campagna elettorale della storia americana ha tolto di mezzo Donald Trump e con lui il sostegno alla visione euroscettica di Boris Johnson. “Trump era arrivato persino a finanziare il progetto sui vaccini di AstraZeneca, voluto dal premier britannico, con 1,2 miliardi di dollari”. Si legge sul Corriere, nota alla quale occorre aggiungere che con quei soldi ha comprato dosi usate poi in America.
L’aspetto del mero business si innesta in questo quadro con tutta la sua forza: “Solo nel 2021 si venderanno nel mondo almeno dieci miliardi di dosi di vaccini, che porteranno ai gruppi di Big Pharma tra 120 e 150 miliardi di dollari di ricavi in più.” Cifre difficili persino da comprendere per i più.
“Che il vaccino prodotto da Astra Zeneca costi 2,8€ a dose contro i 16,00€ del vaccino Pfizer è evidentemente un dato da tenere conto nella corsa delle aziende ad aggiudicarsi quote di mercato” (si, per le aziende siamo quote di mercato. I dati su positivi, ammalati, terapie intensive o deceduti servono a calcolare le quote di mercato…).
Si può notare, inoltre, come l’ultimo capitolo degli attacchi ad Astrazeneca sia iniziato in coincidenza temporale con l’autorizzazione da parte dell’Ema del vaccino Johnson & Jonsohn, che arriva quando ormai il mercato Usa è quasi saturo, con un terzo della popolazione già vaccinata e dosi ordinate in esubero, e l’Europa con contratti già firmati per i prossimi mesi.
Si tratta dei mercati veri, quelli ricchi, sui quali si fanno utili stratosferici, mentre su altri mercati, più poveri, le aziende dovranno necessariamente rivedere i prezzi al ribasso. Così la coincidenza temporale tra l’arrivo di Johnson & Johnson e i nuovi guai di Astrazenca potrebbe interpellare, ma evitiamo di interpellarci troppo…
Prosegue l’articolo del Corriere: “la prima (AstraZeneca ndr) si è impegnata a fornire nel 2021 tre miliardi di fiale, la seconda (Pfizer) sta cercando di crescere oltre il limite di 1,2 miliardi previsto per ora. Chiunque vinca, la sfida per il mercato europeo fra i due gruppi è la cornice entro la quale le autorità di Parigi, di Roma e della Germania continuano a seminare dubbi sul vaccino inglese”.
Il 29 gennaio mentre Macron esprimeva i suoi dubbi, l’agenzia europea del farmaco (Ema) approvava il vaccino di Oxford e Pomezia per tutti gli adulti.
È bene qui sottolineare che l’approvazione venne data senza limiti di età, come da verifiche previe riportate anche dall’autorevole rivista Lancet. Cosa abbia poi portato al balletto delle limitazioni a cui abbiamo assistito in questi mesi (fino a 55 anni poi fino a 65, adesso anche over 80. per finire col bloccare tutto…) è una domanda che ci piacerebbe si ponesse la magistratura.
Nella ricostruzione del Corriere continuano a emergere motivazioni che nulla hanno a che vedere con la salute dei cittadini europei: “Il presidente francese parlava – anche – a due giorni dall’ annuncio dell’americana Pfizer di una licenza concessa alla francese Sanofi per produrre di cento milioni di dosi. Lo stesso governo di Parigi aveva dato sostegno all’accordo con Pfizer e probabilmente anche parte dei 160 milioni di euro stanziati per i vaccini in Francia”.
La Germania non è da meno della Francia visto che ha finanziato con quasi 400 milioni di euro la tedesca BioNTech, collegata a Pfizer. Il 30 gennaio il ministro della Salute tedesco Jens Spahn parla di «limiti di età» per il vaccino italo-britannico.
“l’Italia stessa sta cercando di conquistare una licenza di Pfizer per produrre vaccini”. All’AIFA non resta che accodarsi introducendo il limite a 55 anni” (poi rivisto a 65, poi….come abbiamo detto sopra).
Nel frattempo anche l’atteggiamento USA è cambiato. Le decisioni del precedente inquilino della Casa Bianca avevano permesso di acquistare 60ml di dosi del vaccino incriminato prodotto in America. Dosi che ora restano ferme in attesa di autorizzazioni che, nonostante il regime emergenziale richieda un passo diverso, tardano ad arrivare.
“Restano ferme da mesi – scrive il Corriere – in attesa di autorizzazione dei regolatori americani; di solito nelle emergenze il processo è rapido anche per i prodotti di case estere, invece al gruppo inglese è stato chiesto di ricostruire da zero un campione di 20 mila persone in Sudafrica, in Brasile e negli Stati Uniti”.
Merito di questa triste vicenda è di rendere chiaro ai più che la salute dei cittadini e la fine della pandemia non sono una priorità per chi ne tira le fila. E che il regime emergenziale è perfetto per le imprese farmaceutiche di cui sopra.
È evidente che, finché resta l’emergenza e le nazioni restano alla canna del gas, queste ultime saranno costrette a cedere a ogni pretesa delle aziende farmaceutiche. E, come avviene in altri tipi di commercio, in queste condizioni a dettare tempi e prezzi sono i fornitori.
Ci vorrebbe una nuova Norimberga.