27 Marzo 2021

I rapporti tra Big Pharma e l'amministrazione Biden

I rapporti tra Big Pharma e l'amministrazione Biden
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I media ci bombardano di notizie sul Covid-19. Il virus si vende bene, da qui un profluvio di articoli non indimenticabili. Per fortuna a volte si trovano articoli seri, come quello di The Intercept che rivela il gigantesco conflitto di interesse dell’amministrazione Biden riguardo le Big Pharma (titolo: “La cerchia ristretta di Biden ha forti legami con i produttori di vaccini”).

L’impressionante elenco si apre con Linda Thomas-Greenfield ambasciatrice  all’ONU, sede nella quale una moltitudine di Paesi poveri e in via di sviluppo sta chiedendo la liberalizzazione dei brevetti del vaccino per permetterne una produzione più capillare e una distribuzione più rapida.

Linda Thomas-Greenfield, scrive The Intercept, ha avuto tra i propri munifici clienti proprio la Pfizer, che di questa proposta non vuol neanche sentire parlare: “Thomas-Greenfield e il suo numero due, Jeffrey DeLaurentis, in precedenza hanno lavorato per Albright Stonebridge Group (ASG), società di consulenza fondata dall’ex Segretario di Stato Madeleine Albright”.

“L’azienda, che rappresenta Pfizer, è specializzata nell’aiutare le grandi aziende a conoscere e influenzare la politica commerciale internazionale, anche con riguardo alla proprietà intellettuale“, cioè la pietra d’inciampo della liberalizzazione dei brevetti.

L’ASG, secondo la testata citata, ha una grande influenza nell’amministrazione Biden. Infatti, da questa società di consulenza provengono molti altri funzionari di spicco: “I funzionari del Dipartimento di Stato Victoria Nuland, Wendy Sherman, Uzra Zeya e Molly Montgomery hanno precedentemente lavorato presso ASG, così come Philip Gordon, Consigliere per la sicurezza nazionale della vicepresidente Kamala Harris”.

L’elenco di The Intercept continua con Anita Dunn, “che ha curato la strategia della campagna presidenziale di Biden, e che ora ricopre il ruolo di Consigliere della Casa Bianca, la quale si è da poco congedata dal consiglio di amministrazione della società di consulenza che ha co-fondato, la SKDK, che fornisce servizi di pubbliche relazioni e pubblicità a Pfizer”.

Poi c’è “Susan Rice, Consigliere per per la politica interna, che ha 5 milioni di dollari in azioni di Johnson & Johnson e 50mila dollari in azioni Pfizer… Eric Lander, consigliere scientifico della Casa Bianca, che ha un milione di dollari in azioni di BioNTech [..], quindi Il segretario di Stato Anthony Blinken, che ha avuto rapporti con la Gilead Science, società biotecnologica che ha prodotto Remdesivir, l’unico farmaco per il Covid-19 approvato dalla FDA […]. Poi c’è Chiquita Brooks-LaSure, scelta da  Biden per il Centers for Medicare & Medicaid Services” che è stato avvocato della Pfizer.

Insomma, una legione di funzionari di primo piano dell’amministrazione Usa ha preso o prendono soldi da Pfizer e soci, cioè le società che si stanno opponendo strenuamente a liberalizzare i brevetti sui vaccini.

E però, spiega The Intercpet, “sta crescendo la pressione per fare un’inversione a U rispetto a questa situazione, che alcuni definiscono ‘apartheid vaccinale'”, dato che solo 10 Paesi al mondo hanno ottenuto “circa tre quarti delle dosi di vaccino disponibili”.

Ad oggi, oltre ai vaccini sino-russi, i Paesi poveri e in via di sviluppo possono contare solo sul programma COVAX, che acquista vaccini per distribuirli praticamente gratis ai Paesi che non possono provvedere alla propria popolazione, ma si tratta di “una goccia nel mare”. Va tenuto presente che i profitti derivanti dai vaccini, secondo stime attendibili, ammontano a 120/150 miliardi di dollari.

The Intercept, però spezza anche una lancia a favore di Biden, che ha donato 4 miliardi di dollari al programma COVAX. Ma omette di dare dettagli in proposito.

Così non sappiamo se questi 4 miliardi siano partecipi, in parte o in tutto, di quella partita di giro che interessa Washington e diversi Paesi dell’America centrale e Latina.

Una partita di giro che ha visto l’America promettere a tali Paesi dosi di vaccino in cambio di un aiuto a contenere il flusso di migranti, che, attirati dalle belle parole spese in campagna elettorale da Biden, si sono riversati in massa verso l’America, creando la prima crisi dell’amministrazione (Washington Post).

Hanno fatto il giro del mondo, infatti, le immagini dei bambini migranti rinchiusi in gabbia, anche se quanti protestavano contro le politiche migratorie di Trump hanno conservato un ossequioso silenzio nei confronti della nuova amministrazione.

Insomma, dubitare della liberalità dell’America anche nei riguardi della donazione indirizzata al programma COVAX è legittimo, anche perché tale generosità stride con la politica dispiegata finora dagli Usa, fatta di becera meschineria e di vera e propria crudeltà, come evidenzia l’immutata politica delle sanzioni verso i Paesi che Washington considera ostili, sanzioni che hanno impedito e impediscono a interi popoli di accedere a medicine e vaccini in tempi di pandemia.

Tale meschineria, che tra l’altro sbarra la strada alla liberalizzazione dei brevetti, si ritorcerà anche contro la popolazione dei Paesi ricchi, dato che potrebbe prolungare la pandemia nei Paesi poveri fino al 2024, come scrive The Intercept, con il rischio di nuove varianti di ritorno.

Fortunatamente in America non tutti condividono tale politica becera. Così Bernie Sanders: “È inconcepibile che in mezzo a una crisi sanitaria globale, le aziende farmaceutiche multimiliardarie continuino a dare la priorità ai profitti proteggendo i loro monopoli e facendo aumentare i prezzi piuttosto che dare la priorità alla vita delle persone ovunque” nel mondo. Il senatore democratico non è solo, ma la lotta sarà lunga e dura, dati gli enormi interessi in gioco, economici e geopolitici insieme.