Summit sul clima: Biden invita Xi e Putin
Tempo di lettura: 4 minutiBiden invita Xi Jinping e Vladimir Putin al summit sul clima che si terrà il 22 e 23 aprile in streaming, al quale parteciperanno diversi leader mondiali. Una mossa geopolitica che intende rilanciare il ruolo primaziale dell’America del mondo, dato che essa si pone come leader globale del nuovo sviluppo mondiale a sfondo ecologico.
Le preoccupazioni di Mosca
È critica una nota di Ria Novostiì, che vede nell’invito una trappola per i due competitor globali degli Usa, in particolare la Russia, che ha nelle esportazioni di petrolio la sua principale fonte di ricchezza. Il mondo green, in pratica, sarebbe un modo come un altro per incenerire Mosca.
Nella nota spiega anche perché l’America avrebbe scelto il tema green per rilanciare il suo ruolo nel mondo: perché, “il tema dell’ecologia rimane uno dei pochi sul quale mantiene ancora il monopolio” globale.
Cenno di interesse, al di là del tono polemico della nota, dettato dalle preoccupazioni per la trappola in questione, che scatterebbe a tagliola qualora l’Occidente imponesse – e obbligasse altri Paesi a imporre – tasse sugli idrocarburi, distruggendo le esportazioni russe.
Imposizioni alle quali si potrebbero aggiungere sanzioni contro le nazioni reprobe riguardo la svolta green, che ovviamente sarebbero scelte tra quelle che l’America considera antagoniste.
Summit: il Verbo green
Le preoccupazioni dei russi sono solo una parte della posta in gioco di questa svolta green, che ha vari scopi. Anzitutto aprire nuovi sbocchi alla grande industria d’Occidente, catalizzando versa di essa investimenti faraonici. Ma anche aprire nuove praterie ai sanguinari giochi della Grande Finanza, pronta a tuffarsi a capofitto sul nuovo tavolo “verde”.
Ma, soprattutto, il nuovo Potere globale conta sulla variante green per proporre nuove paure e quindi nuove priorità socio-politiche, di più facile gestione che non le usuali dialettiche politiche e sociali.
Questa, peraltro, in sintesi la tesi di una nota del National Interest, che critica la “politicizzazione” dei temi ambientali, con distorsioni conseguenti. Più che una nuova ideologia politica, in effetti, la nuova direttrice climatica, per imporsi come priorità egemone rispetto ad altre, deve assumere una valenza religiosa.
E tali, in effetti, sono i suoi caratteri, come evidenziano i toni e l’idolatria che aleggiano sulla figura e sugli interventi della più importante profetessa del nuovo Verbo, la giovane, inconsapevole, Greta Thumberg.
Tali le derive che sta prendendo una preoccupazione pur reale, dato che escludere che ci sia un problema ambientale è estremismo opposto e ausiliario all’imposizione del nuovo Verbo.
Ma al di là delle derive e delle problematiche legate al Verbo ambientalista, sulle quali torneremo, va segnalato comunque come più che positivo l’invito di Biden a Putin e Xi, al di là delle trappole segnalate da Ria.
Infatti, segnala lo smarcamento di Biden dai falchi che lo circondano, avendo egli proposto con tale offerta una visione meno fondamentalista della contrapposizione tra potenze.
In secondo luogo, con l’estensione dell’invito a Putin, Biden implicitamente ammette che è stata una gaffe averlo definito “killer” nell’intervista a George Stephanopoulos che ha fatto il giro del mondo.
E che, al di là delle posture muscolari obbligate dalla competizione Usa-Russia, vuole conservare un dialogo con Putin, a beneficio del mondo che non può permettersi duelli rusticani tra i leader delle due più importanti potenze nucleari.
Insomma, l’invito, al di là del fatto se sarà accettato o meno, è una sorta di svolta da parte di Biden, che in qualche modo, e in altre forme, sembra voler ripercorrere il cammino di Trump, che aveva immaginato una competizione tra potenze nel quadro di un dialogo che evitasse asperità ingestibili.
L’alleanza Pechino-Mosca
Finora non c’è stato alcun riscontro da parte di Putin e Xi. Un ritardo significativo, se si tiene ad esempio conto che il leader cinese avrebbe potuto rispondere di slancio, avendo da tempo Pechino segnalato il desiderio di partecipare alla svolta green (riservandosi sul punto le libertà del caso, come denota il recente accordo con Teheran, che gli garantirà petrolio iraniano per il prossimi 25 anni).
Se Xi non ha ancora aderito è perché si sta coordinando con Putin, che sta valutando con attenzione l’offerta. Da una parte Putin comprende bene che si tratta di una risposta positiva alla sua richiesta di alcuni giorni fa, quando, dopo esser stato definito killer, chiese a Biden un dialogo via streaming.
Biden ha accolto la richiesta nell’unico modo che gli era possibile, prendendo come occasione il summit sul clima. Non solo, l’invito offre a Putin un diritto di tribuna da tempo negato, da cui il suo ovvio interesse.
D’altra parte, Putin sa bene che il tema proposto è più che scivoloso, dato che la Russia non ha al momento alcuna propensione green: dovrebbe cambiare interamente la sua struttura economico-finanziaria, con una svolta a rischio. Insomma, sta soppesando i pro e i contro prima di decidere.
Così l’esitazione di Xi va letta nel quadro del consolidamento dell’asse Pechino-Mosca, con la prima attenta a non isolare la seconda.
A tale considerazioni va aggiunto che c’è una ritrosia comune dei due leader e riguarda la natura del summit: se ha lo scopo di creare un dialogo globale, seppur limitato, per essi riveste un interesse capitale; se serve esclusivamente a rilanciare la leadership globale Usa a scapito delle due concorrenti, non potrà che essere rigettato.
Possibile compromesso: un summit che rilanci la pretesa in questione, con l’intervento di Russia e Cina che aprono al dialogo, ma non alla capitolazione incondizionata.