USA e Iran si intendono a Vienna. E Israele attacca una nave iraniana
Tempo di lettura: 4 minutiNel giorno in cui Washington e Teheran, a Vienna, iniziano finalmente a dialogare per ripristinare l’accordo sul nucleare iraniano stracciato da Trump, Israele ha attaccato una nave iraniana nel Mar Rosso, nei pressi di Gibuti.
Di per sé l’attacco, che non ha provocato vittime, potrebbe essere derubricato a nota a margine della segreta guerra marittima scatenata negli ultimi anni da Israele contro l’Iran, alla quale abbiamo dedicato una nota pregressa, ma in realtà, anche se è parte di tale confronto, è anche tutt’altro.
Gli altri attacchi, infatti, avevano come obiettivo quello di limitare le esportazioni di petrolio iraniane, aggravando così le condizioni economiche dell’antagonista, già fiaccate dalle dure sanzioni Usa. Questo aveva uno scopo ben più importante: vanificare i colloqui sul nucleare iraniano al loro primo inizio.
L’azione, infatti, intendeva innescare una reazione dell’Iran, così da costringere gli americani a interrompere il dialogo con Teheran. Da qui la sua importanza.
L’attacco mediatico, la reazione dell’Iran
Per questo l’operazione, a differenza delle altre, ha subito avuto una tacita rivendicazione: non ufficiale, ovvio, ché Israele al momento non vuole scatenare una guerra, ma ufficiosa, attraverso indiscrezioni autorevoli filtrate istantaneamente ai media Usa e israeliani.
Così che l’attacco è stato comunicato subito (al contrario dei precedenti, dei quali si è saputo solo tempo dopo), con tanto di esplicita paternità israeliana riguardo all’accaduto, mentre in precedenza tali responsabilità erano sempre riferite con l’ambiguità del caso.
Teheran non ha abboccato al trabocchetto, nonostante la paternità israeliana dell’azione abbia avuto l’autorevole, pur se implicito, sigillo del ministro della Difesa di Tel Aviv, Benny Gantz, che ha rivendicato il diritto delle Forze armate del suo Paese di colpire “ovunque ritenga sia necessario“.
L’Iran, infatti, sta tentando di tenere un basso profilo: i primi report dei media di Teheran riferiscono di un “incidente” sul quale sarà fatta luce (un modo per guadagnare tempo); inoltre, sottolineano che la nave ha subito “danni lievi”, in contrasto con le notizie che la danno fuori uso.
Infine, sempre per tenere un basso profilo, le autorità iraniane non hanno minacciato sfracelli contro Israele (reiterando l’usuale gioco delle minacce incrociate che da tempo avviluppa i due antagonisti regionali), ma un più composto ricorso alle organizzazioni internazionali competenti (Tansim).
Le motivazioni ufficiali di Israele
Anche gli americani hanno preso le distanze dall’accaduto: nel riferire la notizia, la portavoce del Pentagono, Jessica L. McNulty, ha dichiarato “che nessuna forza statunitense è stata coinvolta nell’incidente” (The Hill).
Ad annotare il rimando segreto tra l’attacco e i colloqui di Vienna anche il New York Times, che sottotitola così in un articolo sul tema: “L’esplosione è avvenuta lo stesso giorno in cui sono stati riportati progressi nei colloqui per rilanciare l’accordo nucleare iraniano, ai quali Israele si oppone”.
Comunque, il tentativo di sabotare i colloqui di Vienna sembra essere stato vanificato, almeno al momento. Ma è ovvio che non finirà qui, non solo la destra israeliana, anche tanti falchi Usa vedono come fumo negli occhi tale accordo. E faranno di tutto per evitare che possa essere ripristinato.
Ovviamente Israele non poteva motivare l’attacco come un tentativo di sabotare un’azione diplomatica dall’alleato Usa. I report dei media hanno quindi riferito di un’operazione volta a rispondere al sabotaggio di una nave israeliana da parte delle forze iraniane e a contrastare le operazioni di spionaggio della Guardia rivoluzionaria iraniana, che si serviva per tale scopo del naviglio in questione.
Da parte sua, Teheran ammette implicitamente che la nave era dotata di apparecchi di sorveglianza elettronica, ma il motivo, spiega la nota di Tansim succitata, era quello di sorvegliare quel tratto di mare per evitare ai propri mercantili abbordaggi da parte dei pirati, che in effetti infestano la zona. Operazione legittima, tanto da essere stata segnalata all’organizzazione marittima internazionale.
I colloqui di Vienna
Ma al di là delle segrete cose del conflitto a bassa intensità che da tempo consuma le energie dei due antagonisti, resta che i colloqui di Vienna non sono colati a picco, anzi.
Per la prima volta le autorità iraniane si sono dette soddisfatte dell’approccio degli Stati Uniti alla questione, che evidentemente è cambiato.
In precedenza tutto era bloccato dalla pretesa Usa che Teheran tornasse sic et simpliciter nell’accordo, smettendo cioè di arricchire uranio, con la promessa di sollevare le sanzioni solo una volta soddisfatta la richiesta.
Pretesa rigettata da Teheran, che replicava come Washington avesse ripristinato le sanzioni in maniera affatto indebita, avendo essa rispettato gli accordi siglati al tempo della presidenza Obama. E che, quindi, per iniziare un dialogo fosse necessario che Washington accettasse almeno di ammorbidire le illegittime sanzioni, richiesta che evidentemente è stata accolta dalla controparte.
Il dialogo atomico tra Usa e Iran, dunque, è avviato, ma è destinato a protrarsi tra stop and go e trappole d’ogni genere.
Nota a margine. Si può notare che la nave iraniana è stata attaccata tramite delle Limpet mine (Timesofisrael), le stesse usate lo scorso anno per sabotare alcuni mercantili in transito nello Stretto di Hormuz, aggressioni attribuite all’Iran e che per poco non hanno trascinato gli Usa in una guerra contro Teheran. Evidentemente gli iraniani non hanno l’esclusiva.