Biden, il genocidio armeno e lo stop all'F-35
Tempo di lettura: 3 minutiIl presidente Biden sarebbe pronto a riconoscere il genocidio degli armeni. Una mossa che dovrebbe far emergere ancor più la linea dalla nuova amministrazione, che intende dare alla sua egemonia globale un colore green e accreditargli il ruolo di guida e giudice globale dei diritti umani.
Ieri ha inaugurato la nuova linea green con il summit sul clima che al di là dell’esito scontato, l’annuncio di una riduzione delle emissioni di anidride carbonica, aveva due scopi.
Anzitutto inaugurare la nuova leadership green degli Usa del mondo, scopo raggiunto dato che Russia e Cina hanno tacitamente acconsentito. Il secondo punto focale del summit era far interagire, per la prima volta, le tre superpotenze, che poi era la cosa più importante del summit, tanto è vero che di questo non parla nessuno (tale la miseria dilagante nell’informazione).
E forse, ad accreditare ancor più la leadership globale dei diritti umani, che serve anche a sponsorizzare le rivoluzioni colorate in giro per il mondo, verrà, appunto, anche il riconoscimento del genocidio armeno.
Mossa che Washington sta, però, valutando attentamente, dato che la Turchia non la prenderà bene, con Erdogan che potrebbe andare su tutte le furie, come accade quando si tocca questo tasto.
Ma immaginare che l’America faccia questo passo per scopi ideali è alquanto irenico, dato che sul punto da sempre ha conservato un interessato silenzio, perché la Turchia era membro della Nato, come spiega in maniera egregia una nota di Haaretz.
Certo, Ankara è ancora parte della Nato, ma ultimamente sta facendo innervosire gli Usa. In più occasioni, infatti, Washington ha fatto pressioni perché desistesse dall’acquistare gli S-400 russi, la più avanzata arma contraerea del mondo.
Una pressione motivata dal fatto che un Paese Nato non può avere nel suo arsenale un sistema d’arma del nemico, motivo che ne nascondeva altri.
Il primo, più prosaico, è che gli Usa hanno perso un mucchio di soldi, dato che a rifornire i turchi di armi dovrebbero essere loro; il secondo è geopolitico, dato che l’acquisto indica che la Turchia gioca per sé e che, anzi, l’arma russa sta a indicare anche da chi, eventualmente, teme attacchi (eventualità, ad oggi, più che remota).
Il capitolo pressioni su Ankara si è arricchito ultimamente di novità: gli Stati Uniti le ha infitto pesanti sanzioni e l’ha buttata fuori dal progetto F-35, facendogli perdere anche così un mucchio di quattrini (1).
Ankara aspetta. Ma si sa che tra il Sultano e il presidente Usa non corre buon sangue. Erdogan ha aspramente rimproverato Obama al tempo del fallito golpe che per poco non lo faceva fuori, perché troppo silente, quasi ad accusarlo di aver tramato contro di lui. Biden era vice di Obama e la dialettica tra Imperatore e Sultano si ripropone.
Un pronunciamento di Biden allargherebbe le distanze con Ankara, e forse aprirebbe un capitolo conflittuale con essa. Di certo gli Usa preferirebbero che al posto di Erdogan ci fosse qualcun altro, ma sostituire il Sultano al momento è difficile.
Come nel golpe precedente, lo difenderebbero Iran e Russia, e ciò rafforzerebbe vieppiù i legami tra la Turchia e questi Paesi. Ma nel segreto ci si può lavorare…
Resta che il riconoscimento del genocidio armeno da parte degli Usa non può non suscitare ironia, se solo si ripensa alla recente aggressione dell’Armenia da parte dell’Azerbaijan, quando solo Mosca la difese, con gli Usa spettatori interessati (il conflitto destabilizzava i confini russi…).
Da ultimo, va ricordata la recente battuta di Draghi su Erdogan “dittatore”. Quando – e se – Biden farà la sua condoglianza pubblica agli armeni è più che probabile che i media nostrani ricorderanno all’improvvida dichiarazione del nostro Primo ministro, lodandone la preveggenza.
Nulla togliendo al nostro, c’è una certa differenza tra preveggenze e imprudenza, e quell’improvvida dichiarazione resta tale, basti pensare che neanche Biden, che pure presiede l’Impero, si è mai azzardato a fare altrettanto né lo farà, a meno che non pensi di dover mettere mano alle pistole. Ma non si può.
(1) All’F-35 avevamo dedicato una recente nota, nella quale si spiegava l’importanza geopolitica del progetto, che Foreign Policy paragonava alla Via della Seta cinese, e le varie criticità di sviluppo dell’aereo, tante da far ipotizzare una sua “bocciatura”. È, infatti, di ieri, la notizia di una “pausa strategica” del progetto…
Ci si permetta una divagazione su questo sistema d’arma tanto avanzato da conferire una superiorità strategica irrevocabile agli Stati Uniti.
Sovviene ,a tal proposito, il racconto del maestro della fantascienza anglosassone Arthur C. Clarke, “Superiorità”, che narra di una guerra galattica nella quale uno dei belligeranti godeva di una superiorità militare schiacciante.
Trovando più resistenza del dovuto, però, esso si affida a uno scienziato geniale che inizia a inventare armi fantasmagoriche, tali da annichilire il nemico.
Purtroppo, tali armi si rivelano tanto sofisticate quanto incontrollabili, così che il nemico, che nel frattempo aveva moltiplicato i suoi rudimentali armamenti, ha la meglio…