Guerra di Gaza: il mondo chiede il cessate il fuoco
Tempo di lettura: 4 minutiSale il numero dei morti nella guerra tra Israele e Hamas, sulla quale Netaniayhu non dà scadenze. Dettaglio importante, dato che gli scontri finiranno quando lo deciderà il premier israeliano, ché la controparte ha più volte proposto una tregua, rifiutata.
Particolare da tenere a mente per capire quanto sta accadendo, sia sul piano bellico, e quindi delle vittime – ebrei e palestinesi – che questa guerra lascerà sul campo; sia sul piano politico, cioè della politica interna israeliana, aspetto non secondario di questa crisi, come abbiamo scritto in precedenti note. Ciò rende il conflitto più vischioso, ché Netanyahu è alla ricerca affannosa di garanzie: un nuovo governo con lui a capo e una legge che lo protegga dalla magistratura.
Il mondo stavolta è unanime nel chiedere la fine dei combattimenti, anche se gli Stati Uniti non possono essere troppo duri col loro alleato, tanto da aver bloccato per tre volte una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiedeva il cessate il fuoco (Times of Israel).
Le denunce dei dem Usa
Un’ambiguità che sta creando spaccature nel partito democratico. Bernie Sanders ha criticato duramente il governo Netanyahu, ricordando che, seppure i missili lanciati sul territorio israeliano sono “inaccettabili”, il conflitto “non è iniziato con i razzi” di Hamas.
E ha denunciato “l’oppressione politica ed economica” che da anni subiscono i palestinesi, acuita negli ultimi giorni con lo sfratto di alcune famiglie palestinesi da Gerusalemme Est e dalle iniziative incendiarie di “Itamar Ben Gvir e il suo partito estremista Jewish Power”, che il premier ha cooptato nel governo,
“Il nocciolo della questione – ha scritto Sanders sul NYT – è che Israele rimane l’unica autorità sovrana nella terra di Israele e Palestina, e invece di attuare politiche rivolte alla pace e alla giustizia, ha rafforzato il suo controllo ineguale e antidemocratico. In oltre un decennio del suo governo di destra in Israele, Netanyahu ha coltivato un nazionalismo razzista sempre più intollerante e autoritario”.
Parole dure, alle quali si è associata la Ocasio Cortez, esponente di punta della squadra che fa riferimento al senatore del Vermont: “Il presidente e molte altri esponenti politici in questa settimana hanno affermato che Israele ha il diritto di difendersi […]. Ma i palestinesi hanno il diritto di sopravvivere?”.
Trentotto membri del partito, eletti al Congresso Usa, sono sulle loro posizioni e hanno chiesto formalmente agli Stati Uniti di fermare la guerra. Biden ha dichiarato che si sta adoperando in tal senso, ma non sembra avere molte frecce nel suo arco.
Gaza: i media internazionali protestano
Lo dimostra l’abbattimento della Torre dei media a Gaza, nella quale era ubicata anche la sede dell’Associated Press: mai Israele aveva preso di mira un obiettivo americano. Il bombardamento dell’edificio era rivolto a neutralizzare l’attività bellica di Hamas, ha spiegato Netanyahu, che ha ribadito la legittimità dell’operazione.
Gli Usa hanno chiesto prove a supporto, ma gli è stato risposto che arriveranno alla fine dei combattimenti. Nel riferire la controversia, l’Associated Press ha chiesto “un’indagine indipendente” sulla vicenda, che difficilmente arriverà.
Non solo la Torre dei media, Reporters sans frontières, continua la nota di AP, “ha dichiarato in una lettera al procuratore capo della Corte penale internazionale che negli ultimi sei giorni sono stati distrutti gli uffici di 23 organizzazioni di media internazionali e locali”.
“RSF ha affermato di avere forti motivi per credere che ‘il targeting intenzionale dei media e la distruzione altrettanto intenzionale delle loro attrezzature’ da parte dell’esercito israeliano potrebbe violare uno degli Statuti della Corte. E ha dichiarato che gli attacchi servono ‘a ridurre, se non neutralizzare, la capacità dei media di informare l’opinione pubblica’” su quanto sta accadendo a Gaza.
La guerra che rafforza Hamas
Al Manar, riprendendo fonti autorevoli, spiega come all’interno dell’esercito e dell’intelligence israeliana ci sono forti resistenze sulla prosecuzione delle operazioni, dato che ciò potrebbe portare ad ampliarne la portata, compresa un’invasione di Gaza che nessuno vuole, sia per le vittime che essa comporterebbe che per la pressione internazionale che attirerebbe su Israele, ma anche perché potrebbe consegnare una vittoria strategica ad Hamas.
Se la guerra potrà essere fermata prima che dilaghi, sarà solo in base a considerazioni del genere, soprattutto quella conclusiva. Già perché, nonostante i report di vittoria israeliana, questo scontro non porterà alla fine della minaccia di Hamas, anzi la rafforzerà. In danno dei tanti palestinesi che ne subiscono l’assertività come e quanto i cittadini di Israele.
Così chiudiamo con una nota di Sholomo ben Ami, scritta per Project Syndacate: “Paradossalmente, Netanyahu non ha alcun interesse a distruggere Hamas. Al contrario: ha stretto un accordo non scritto contro l’Autorità Palestinese di Abbas, che i suoi governi hanno costantemente indebolito e umiliato. Uno stato islamico di Hamas a Gaza offre a Netanyahu il pretesto ideale per rifiutare i negoziati di pace e una soluzione a due Stati. Netanyahu ha persino permesso al Qatar di mantenere Gaza funzionante pagando gli stipendi degli esponenti di Hamas”.
“Israele non può certo rivendicare la vittoria. La fragile convivenza tra ebrei e arabi all’interno dei suoi confini è stata scossa. Il consenso prevalente tra gli israeliani sul fatto che il nazionalismo palestinese fosse stato sconfitto – e quindi che una soluzione politica al conflitto non fosse più necessaria – è a brandelli. E anche se la violenza si intensifica, è diventato chiaro a entrambe le parti che l’era delle gloriose guerre e vittorie è finita”.