L'incontro Blinken-Lavrov e quello prossimo Biden-Putin
Tempo di lettura: 4 minutiL’incontro tra Sergej Lavrov e Anthony Blinken suscita speranze e conferma le prospettive di una politica estera Usa volta alla distensione internazionale, cioè di una competizione tra superpotenze nel quadro di una conflittualità controllata e gestibile, seppure accesa.
Un vertice di persona, non via web, come ormai usuale in tempi di pandemia, particolare di certa importanza perché segnala la spinta dei due imperi per un ritorno alla normalità, prospettiva in contrasto con quella brandita da certi ambiti della Tecnofinanza che, in associazione con Big Pharma, sta promuovendo l’idea di un’emergenza sanitaria permanente.
Ma il faccia a faccia indica soprattutto che i due dovevano parlare di temi sensibili, ben altri di quelli riportati poi dai report ufficiali, che riferiscono le solite lamentele che gli Usa indirizzano ai russi (Navalny, Ucraina etc) e i russi agli americani (rivoluzioni colorate, patologia sanzionatoria etc).
Su quanto si sono detti in via riservata resta dunque il mistero, che però è inscritto nel quadro delle dichiarazioni incrociate: da una parte Blinken ha affermato che, seppure tra le due potenze restano grandi “divergenze”, occorre però “sfruttare al meglio le opportunità diplomatiche che abbiamo”: Lavrov ha invece accennato alla “determinazione” della controparte a migliorare i rapporti con la Russia.
Da notare che l’incontro è stato preceduto da un’importante decisione (meglio, una non decisione) dell’amministrazione Usa, che ha evitato di sanzionare il gasdotto North Stream 2, che porterà il gas russo in Germania, sul quale gli Stati Uniti martellano da tempo perché, affermano, renderebbe dipendente l’Europa da Mosca.
Da tempo gli Usa fanno pressioni sulla Germania urtando però contro il muro di Berlino: i tedeschi non vogliono rinunciare ai benefici che comporta né perdere i soldi che ci hanno investito.
L’amministrazione Biden aveva annunciato nuove e più pesanti sanzioni, ma alla fine la montagna ha partorito un topolino: non sono state sanzionate le aziende interessate, ma le navi che trasportano il materiale e lo collocano sui fondali del Mare del Nord.
La decisione ha urtato non poco i falchi, ma Blinken ha spiegato che perseverare sulla strada intrapresa avrebbe allontanato la Germania dagli Usa, ma per sedare il furore anti-russo ha aggiunto che al momento sono stati realizzati solo nove decimi del gasdotto e nulla impedisce di frenare in futuro.
In realtà la vicenda è più complessa: da una parte la rabbia dei falchi era motivato dall’interesse dei petrolieri a strappare ai russi il ricco mercato dell’energia europea. Ma questo era prima che Biden inaugurasse la svolta Green, abbandonando la spinta di Trump a fare degli Stati Uniti il primo produttore di petrolio al mondo. Da qui un interesse meno ossessivo sulla questione.
In secondo luogo, è probabile che l’amministrazione Usa speri che a regolare la questione sia la stessa Germania. A breve ci saranno le elezioni e molti analisti danno per vincenti i Verdi, i quali “sostengono la demolizione immediata” del gasdotto perché contro l’ambiente e la necessità di una linea più dura contro la Russia…
Ma al di là dei misteri dolorosi del North Stream 2, è evidente che i russi hanno chiesto alla controparte un segnale concreto di distensione prima di sedersi al tavolo, che è arrivato (e del quale si è rallegrato anche il governo tedesco).
L’incontro tra Lavrov e Blinken si è svolto a margine del Consiglio Artico, l’organismo che supervisiona il bianco continente, location che suggerisce l’importanza sempre più grande che sta acquisendo il ghiaccio polare e le sue risorse.
La Russia ha un notevole vantaggio nella corsa all’oro bianco, sia perché l’ha iniziata per prima, sia perché controlla un’area alquanto estesa del continente, Gli Stati Uniti devono recuperare e ciò potrebbe essere foriero di nuove conflittualità, che a quanto pare Blinken sta tentando di rendere gestibili.
Last but not the last, il faccia a faccia Lavrov-Blinken è stato il preludio formale del vertice che si terrà a giugno tra Putin e Biden, nel quale è probabile che si stipuli una qualche intesa, quasi sicuramente il rinnovo del Trattato dei cieli aperti, sul monitoraggio delle armi nucleari, rescisso dagli Usa e dal quale stanno uscendo anche i russi.
Sul summit di giugno tra i due presidenti riportiamo alcune considerazioni pubblicate su Ria Novosti, meno banali di altre, in particolare sul luogo che probabilmente lo ospiterà.
“Vienna sembra essere un luogo simbolicamente logico per il vertice, non solo per la posizione più che ragionevole degli austriaci (che non sono membri della NATO e che difendono costantemente il loro diritto ad avere relazioni reciprocamente vantaggiose con la Russia). Vienna ha già ospitato due volte gli incontri di vertice tra sovietici e americani, entrambi a giugno: nel 1961, tra Kennedy e Krusciov, e nel 1979, tra Breznev e Carter”.
“I due vertici sono stati gli unici incontri di tali leader – e dopo di loro (ma non a causa loro) c’è stato un aggravamento delle relazioni. Tuttavia, nel 1979 a Vienna, fu firmato SALT-2, sulla limitazione delle armi strategiche, che fu esteso con lo START-3, prorogato questo febbraio da Biden e Putin. Biden, che ama ricordare i suoi mitici incontri con Breznev e che ha appena fatto visita a Carter (1), ne sarà contento”.
(1) Si riferisce all’incontro tra Biden e Jimmy Carter, avvenuto a fine aprile. Incontro di grande significato simbolico, perché l’ex presidente degli Stati Uniti da tempo denuncia il bellicismo di cui è preda l’impero americano.