La pirateria in Bielorussia e l'incontro Biden-Putin
Tempo di lettura: 4 minutiL’atto di pirateria compiuto in Bielorussia che ha portato all’arresto di Roman Protasevich ha attirato nuove sanzioni contro il Paese guidato da Lukashenko. Sviluppo ovvio che, però, non porterà a niente, salvo che per i media Lukashenko è tornato a essere il dittatore sanguinario.
Sono lontani i tempi in cui tale titolo era stato relegato nel dimenticatoio, quando cioè si abbracciava con Mike Pompeo, che andò anche in visita ufficiale in Bielorussia. Anche allora era un dittatore, ma non si diceva.
Della dittatura bielorussa
Di Protasevich, l’arrestato, si sa che è stato l’anima delle rivolte che hanno incendiato la Bielorussia nel corso delle ultime travagliate operazioni elettorali.
L’ennesima rivoluzione colorata della quale era il coordinatore sul campo con la sua Nexta, che David Ignatius descrive come un “app social media crittografata di Telegram”.
Rivoluzione sedata con la forza, un po’ quel che sta succedendo in Colombia in questi giorni, dove le forze di sicurezza hanno ucciso già 58 persone, arrestato innumerevoli soggetti, torturato e ferito. Ma al presidente colombiano è riservato altro trattamento, dato che rappresenta il pilastro della proiezione degli Stati Uniti in Sud America.
Sulla Colombia rimandiamo a un raro articolo di denuncia pubblicato sul New York Times, solo per ricordare che tante sono le dittature del mondo, ma solo alcune risultano odiose alle cancellerie occidentali, attirano sanzioni etc.
Come, ad esempio, la feroce dittatura di Paul Kagame in Ruanda, così caro a tanto mondo d’Occidente, denunciata da un nuovo libro di Michaela Wong (Do not disturb, sul quale rimandiamo a un interessante recensione di Axios).
Nel ricordare l’iniziativa criminale di Lukashenko, David Ignatius, sul Washington Post, scrive un durissimo articolo contro il dittatore bielorusso.
Nel pezzo annota anche come la Russia abbia accusato l’Occidente di adottare pesi e misure diverse, rimembrando quando l’areo del presidente Evo Morales fu dirottato perché si sospettava trasportasse Edward Snowden, reo di aver fatto conoscere al mondo le operazioni segrete della National Security Agency.
“Avrebbe potuto menzionare altri casi in cui gli Stati Uniti hanno cercato di abbattere dei voli civili che si pensava trasportassero terroristi”, annota Ignatius senza rendersi conto dell’enormità della sua rivelazione.
Un sospetto del genere, anche se non c’erano terroristi a bordo ma solo civili, aleggia intorno all’attentato che causò l’abbattimento del volo 455 della compagnia di bandiera Cubana de Aviación.
I morti furono 73 e Cuba accusò apertamente del crimine la Cia e Renato Carriles, collegato all’Agenzia. Esule cubano, quest’ultimo, e mente di numerosi attentati a Cuba e in altri Paesi sudamericani, morì tranquillamente nella sua casa d’esilio grazie alla strenua difesa garantita dagli yankees, che ha mandato a vuoto i vari tentativi dell’Avana di portarlo davanti alla giustizia: le sue richieste di estradizione furono infatti sempre vanificate (su questa storia rimandiamo a una dettagliata nota del sito Sicurezza Nazionale).
Il nervosismo di Lukashenko
Non è che tutto ciò renda accettabile l’iniziativa bielorussa, solo relativizza l’indignazione di certe cancellerie, sensibili alle convenienze del momento.
Resta comunque strano che Lukaschenko abbia compiuto un atto criminale tanto plateale, che lo ha isolato in via definitiva dal resto del mondo, potendo ora rapportarsi solo con la Russia.
Probabile che voleva inviare un segnale forte, dopo la denuncia di un tentativo di golpe di cui accusava l’Fbi, che prevedeva l’eliminazione del dittatore e della sua famiglia.
Golpe sventato grazie alla collaborazione dell’Fsb russo, con l’arresto di diverse persone, tra cui un cittadino bielorusso con doppia cittadinanza, l’altra statunitense (accusato di coordinare l’operazione).
Notizia tacitata in Occidente, nonostante il grande clamore che ha avuto in Bielorussia (peraltro l’arresto di un cittadino americano avrebbe dovuto suscitare scandalo… qualcosa da nascondere?).
Vero o non vero che sia il tentativo di golpe, Lukaschenko si sta muovendo come un leader accerchiato e con il nervosismo del caso, come denota la follia di dirottare un volo civile.
Non per questo il suo regno è destinato a decadere a breve, analogamente al regno, indisturbato (come da titolo del libro citato), di Paul Kagame in Ruanda. Le sanzioni occidentali semplicemente lo legheranno più a Mosca, ponendo fine all’oscillamento che più spesso di quanto si creda lo ha visto più prossimo all’Occidente che a Mosca.
Quanto all’arrestato, se le modalità della sua cattura sono e restano inaccettabili, come legittime le sanzioni, non sembra però l’eroe integerrimo dipinto in occidente.
I media russi hanno rivelato, con tanto di foto, che durante la recente guerra ucraina Protasevich era intruppato nel battaglione Azov, forse come cronista oppure legionario.
Un battaglione di nota ferocia, tanto che spesso sui media i suoi metodi sono stati paragonati a quelli dell’Isis, e descritto così dal New York Times: il battaglione “Azov è apertamente neonazista, utilizzando anche il simbolo del ‘gancio del lupo’ associato alle SS”.
Non si tratta di giustificare alcunché, solo evidenziare che la geopolitica non vive di bianco e nero, ma di tanto grigio. Ne è consapevole anche l’attuale amministrazione Usa, che pur condannando con durezza l’accaduto, ha evitato di rompere con Mosca, nonostante gli appelli in tal senso.
E ha tenuto fermo il previsto incontro con Putin, volto ad attenuare le crescenti tensioni internazionali. Le ragioni del realismo hanno vinto sulle pulsioni idealistiche che tanti danni hanno fatto negli ultimi decenni.