Alluvioni Germania: cronache di una morte annunciata
Tempo di lettura: 4 minutiSono circa 180 le vittime nelle inondazioni che hanno colpito la Germania occidentale, l’Olanda e il Belgio il 14 e 15 luglio, bilancio destinato a salire perché tanti sono ancora i dispersi. La catastrofe ha dato nuovo alimento alla spinta per contrastare il cambiamento climatico, centro e motore della politica del pianeta.
Tale emergenza è stata anche al centro dei commossi interventi di Angela Merkel, che governa il Paese più colpito, la quale ha potuto così eludere la mannaia del famoso detto “piove, governo ladro”, troppo spesso applicata con leggerezza.
E richiami a tale emergenza hanno accompagnato la narrazione mediatica globale, dato che è il tema del momento, anzi di stretta attualità, visto che era prossimo il vertice del G-20 sul clima, fissato per il 22 e 23 luglio a Napoli.
Vertice che si è chiuso con un accordo quasi totale, mancando ancora solo l’intesa per fissare una scadenza per l’eliminazione del carbone dal novero delle risorse energetiche, obiettivo sul quale però c’è unanime consenso.
Tutto previsto nel dettaglio
Eppure, nel caso delle alluvioni tedesche, l’emergenza climatica può forse spiegare cose, ma non tutto, dato che la catastrofe era stata prevista e l’allarme lanciato. Riportiamo l’incipit di un articolo del Wall Street Journal.
“Il primo preciso avvertimento che la Germania stava per essere colpita da una violenta tempesta che avrebbe potuto scatenare un’alluvione potenzialmente mortale è arrivata al servizio meteorologico del Paese nelle prime ore del 12 luglio, quasi tre giorni prima che si verificasse il disastro” .
“Era lunedì mattina e il supercomputer di questa agenzia governativa, una macchina delle dimensioni di una pista da hockey, aveva appena generato un modello di previsione che prevedeva con oltre il 90% di certezza e una precisione fino a 2 chilometri quadrati che una serie di comunità della Germania occidentale sarebbe stata probabilmente colpito da gravi inondazioni entro la fine di mercoledì”.
“L’allarmante previsione […] è stata rilevata dal meteorologo di turno dell’agenzia che alle 6 del mattino ha prontamente attivato il sofisticato sistema di allarme alluvione del Paese, avvisando immediatamente il governo, i servizi di emergenza, la polizia e i principali media della catastrofe incombente”.
Allarmi inascoltati e vittime eccellenti
Allarmi rimasti per lo più inascoltati, riferisce il giornale, al netto dell’attivazione di alcune – poche – autorità locali, che hanno provato ad avvertire la popolazione interessata, con scarso successo.
Il climate change consensus ha così evitato imbarazzi alle autorità tedesche, anche se hanno dovuto registrare una vittima illustre tra le proprie fila, il leader dei cristiano democratici Armin Laschet, pescato a scherzare durante la visita ai luoghi del disastro. Successore designato della Cancelliera, dovrà fare altro.
L’alluvione tedesco ha così alimentato l’urgenza del climate change, perno centrale della politica globale la cui narrativa si alimenta di un po’ di tutto, a volte anche in maniera strumentale e sempre in modalità enfatica.
Questo, ad esempio, un titolo: “Alluvione Germania: scienziati scioccati per l’entità del disastro” (non ce ne voglia il sito, che fa un ottimo lavoro).
Luglio 1342: l’alluvione che sommerse l’Europa
Così riferiamo, anche qui a titolo di esempio, quanto scritto da Andrea Giuliacci, meteo-expert, sulle “immani alluvioni del nel luglio del 1342, quando un vortice di bassa pressione incredibilmente attivo e insistente si stabilì sul cuore del continente e per diversi giorni consecutivi e portò piogge battenti su gran parte dell’Europa Centrale; in alcune regioni, in pochi giorni, cadde più della metà della pioggia normalmente attesa in un anno intero”.
“Le conseguenze furono devastanti: i corsi d’acqua si ingrossarono sempre più finché, intorno al 20-22 di luglio, quasi tutti i principali fiumi europei esondarono allagando un’enorme fetta di territorio. La grande alluvione colpì con particolare durezza Francia, Germania, Austria, Ungheria, l’odierna Repubblica Ceca, Slovacchia e Nord Italia, lasciando dietro di sé migliaia e migliaia di morti”.
“L’alluvione fu talmente violenta e straordinaria, da cambiare persino la geografia stessa dell’Europa: lungo il bacino del Danubio, per esempio, la piena fu così impetuosa e potente che in pochi giorni vennero trascinati via dalla forza dell’acqua oltre 10 miliardi di metri cubi di terreno, dando così vita a un fenomenale processo erosivo, paragonabile a quanto solitamente si compie in circa 2000 anni”.
Relativizzare e diversificare
Non citiamo l’esperto o il caso specifico per derubricare il climate-change a sciocchezza, ma solo per osservare che se è un bene che si affronti la criticità, è però un male che essa sia l’unico tema del dibattito globale, obliterando altri altrettanto urgenti.
Basti pensare alla “fame del mondo”, tema centrale del dibattito globale per anni e ora praticamente scomparso, nonostante resti drammaticamente attuale. Oppure la tragica sperequazione economica del pianeta, con i magnati che vanno nello spazio e le moltitudini in affanno.
O lo strapotere delle Big Tech, privati più potenti di Stati che pure partecipano al G-20, o quello parallelo delle Big Pharma, altri privati che presiedono alla vaccinazione pandemica, dettando legge.
Sarebbe bene che il G-20 o altri summit dedicassero qualche minuto di riflessione anche a tali tematiche, cosa che non avviene proprio a causa dell’enfasi totalizzante sul clima.
Infine, nel dibattito sul climate-change interpella certa deriva fondamentalista, che a volte conferisce alla dottrina ambientalista i caratteri di una religione. Nel caso specifico, la definizione della religione come oppio dei popoli potrebbe risultare niente affatto indebita.