28 Luglio 2021

L'ossessione della purezza e il licenziamento di Kobayashi

L'ossessione della purezza e il licenziamento di Kobayashi
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“Non avete anche voi l’impressione che l’ossessione della purezza (puritanesimo, appunto) stia facendo uscire di senno il mondo? Che fine ha fatto il ‘chi è senza peccato scagli la prima pietra?'”.

Così Michele Serra termina il suo articolo su Repubblica dedicato a Kentaro Kobayashi, artista giapponese, ideatore della cerimonia di apertura dei giochi olimpici e “licenziato con disdoro, a poche ore dall’inizio della “sua” cerimonia, per avere pronunciato, ventitré anni fa, quando era un giovane cabarettista, una infelice frase sull’Olocausto che i suoi stessi accusatori inquadrano nel genere ‘barzellette antisemite'”.

Condividiamo la riflessione di Serra sulla dittatura (l’ossessione è un fenomeno psicopatologico) della purezza.

Le conseguenze politiche di tale follia Serra le sintetizza, volontariamente o meno non saprei, quando dice “un artista che vede distrutto il suo eccellente lavoro di oggi a causa di una scemenza giovanile vomitata dagli archivi?”

Gli archivi, cioè l’intera nostra vita, oramai, a disposizione nell’immenso archivio del web, utile in qualunque momento quando occorre ricattare, abbattere, denigrare un avversario di qualunque genere.

Il problema non è più, quindi, chi “è senza peccato”, dato che nessuno lo è, ma chi ha la disponibilità degli archivi dei peccati e, non secondario, ha il potere di rendere pubbliche cose.

Già, perché non si tratta solo di avere gli archivi, ma anche di avere il potere per pubblicizzare cose, che non è di tutti (basta pensare il colossale insabbiamento del caso Epstein, che poteva coinvolgere tanti dei suoi tanti e illustri frequentatori e non lo ha fatto).

Insomma, l’ossessione della purezza è una straordinaria arma di controllo e ricatto a disposizione di chi controlla tali archivi e ha influenza sul flusso delle informazioni. Una fonte di potere come mai in passato.

Nota a margine. Le dimissioni di Kobayashi corrono in parallelo alla campagna per cancellare le Olimpiadi, che è stata fortissima e ha usato, a tale scopo, il rischio pandemia.

A tale campagna abbiamo dedicato una nota, nella quale si richiamava il campionato di basket americano NBA, svolto con successo in piena pandemia con modalità analoghe a quelle usate per i Giochi. 

A margine di tale campagna, si è potuto notare, ad esempio, come l’apertura dei giochi, oltre che dalle dimissioni di Kobayashi, sia stata in parte offuscata dalle notizie delle proteste dei cittadini giapponesi contro la manifestazione.

Proteste rilanciate da tutti i media, ma, fortunatamente, corredate da immagini, che inquadravano i manifestanti con i loro cartelli colorati. Al netto dell’enfasi, davvero poca cosa: a occhio e croce si trattava di due-trecento persone… 

Il punto è che i Giochi, al di là se della passione che possono suscitare nel singolo, rappresentano un simbolo di fratellanza e di pace, cioè di speranza. Un simbolo dunque di segno opposto a questo momentum pandemico abitato dalla paura e che crea diffidenze e distanze nuove. 

Non solo, le cronache olimpiche contendono al virus l’attenzione pubblica globale, a nocumento della portata totalizzante del momentum pandemico.

Il momentum pandemico è gestito da potenti ambiti Finanziari, Tecnologici e Politici, che stanno lucrando su di esso, trovando un contrasto debole, sia per la divisione degli oppositori sia perché il caos pandemico, più o meno inevitabile più o meno alimentato, gioca a loro favore.

Ambiti che hanno alimentato una campagna per cancellare l’Olimpiade, usando anche di sincere e relativamente fondate preoccupazioni. Non è riuscita. 

 

 

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