Maidan e Capitol Hill - errata corrige
Tempo di lettura: 4 minutiIl sito ucraino Stop Fake News ha criticato in maniera pungente una nostra nota dedicata all’assalto di Capitol Hill, nella quale si comparava quanto avvenuto in America alle vicende di piazza Maidan.
Di critiche simili ce ne son legioni, e in genere lasciamo correre, ché le polemiche via web non ci appassionano. Ma nel caso specifico, la critica nasceva da un fondamento giusto, un evidente errore, da qui questa nota di correzione, doverosa nei confronti della cronaca e dei lettori (in netto ritardo, ma la cosa ci è stata riferita solo alcuni giorni fa).
Nella nostra nota si spiegava che, come a Capitol Hill, anche a piazza Maidan le proteste erano iniziate a causa di accuse di brogli elettorali, cosa che il sito contestava, spiegando che le ultime elezioni ucraine si erano tenute quattro anni prima.
Vero. E nostro l’errore, dovuto a un falso ricordo e alla sicurezza con cui abbiamo scritto, di getto, la nota, omettendo le necessarie verifiche che, anche in dati che appaiono consolidati, devono essere espletate.
Falso ricordo legato al fatto che piazza Maidan era stata protagonista delle prima contestazioni elettorali della nuova Ucraina, nel 2004, contro la vittoria di Viktor Yanukovich alle presidenziali.
La piazza insorse, con il supporto dell’Occidente, e la Corte Suprema le diede ragione. Ma lo sfidante Viktor Yushchenko che aveva “affermato che gli era stata negata la sua legittima vittoria” (New York Times) dovette ammettere la sconfitta nelle nuove elezioni, che confermarono la vittoria di Yanukovich.
Proteste di frode elettorale accompagnarono anche le successive presidenziali, nel 2010, e sempre contro la vittoria di Yanukovich. Stavolta a contestare il risultato fu la sfidante Yulia Tymoshenko.
Un tam tam enfatizzato dai media occidentali (vedi New York Times), che però non sortì il risultato precedente, tanto che la Clinton ucraina dovette ritirare le accuse e riconoscere la vittoria dell’antagonista (forse nel timore che, con nuove elezioni, sarebbe finita come la volta precedente).
E brogli elettorali in favore delle forze politiche che appoggiavano Yanukovich furono denunciati anche nelle elezioni parlamentari del 2012 (svoltesi due anni prima della rivoluzione di Maidan e non quattro…), come denunciava ad esempio la BBC, anche se poi anche il Washington Post dovette ammettere che no, nessuna frode, almeno “non questa volta“.
Insomma, a ogni elezione ucraina, puntuale, arrivava la contestazione di frodi elettorali da parte delle forze di opposizione che godevano i favori dell’Occidente (come avvenuto peraltro per altri regime-change, più o meno riusciti: Bolivia, Venezuela etc). Da qui il nostro falso ricordo relativo al 2014, del quale facciamo pubblica ammenda.
Nel 2014, invece, la contestazione di Maidan scattò quando Yanukovich abbandonò i negoziati diretti a creare una partnership dell’Ucraina con l’Europa in favore di un nuovo accordo con la Russia.
Detto questo, il sito Fake News ci rimprovera anche altro, ovvero che, a differenza di quanto avvenuto in America, la marcia sul Parlamento ucraino avvenne solo quattro mesi dopo e solo a causa dell’eccidio di massa dei manifestanti.
Si rimprovera anche che era “falso” quanto riferivamo, cioè che “l’uccisione di alcuni manifestanti destò debito scandalo”. E falso perché a essere uccisi furono cento persone…
Forse chi ha scritto la nota, essendo un sito ucraino, non ha dimestichezza con l’italiano, perché avrebbe notato che la nostra era una sintesi, che semmai potrebbe essere accusata di minimizzare la strage, non la negava.
Ma a nostro avviso, anche nella rilettura odierna, la parola più importante della frase è è quel “debito” (cioè doveroso, giusto), aggettivo che suppone che se anche le vittime fossero state una o due sarebbe stato egualmente scandaloso… non minimizzava, semmai enfatizzava.
Riguardo l’addebito precedente, un altro “falso” secondo il sito, nel quale si dettagliava la tempistica diversa tra Maidan e Capitol Hill, si rileva che tale tempistica non era a tema nel nostro parallelo, che regge anche se l’assalto al Parlamento ucraino fosse avvenuto l’anno successivo.
Certo, resta la diversa causalità, stante che in America l’assalto era motivato da un asserito furto elettorale, in Ucraina da un contestato rapporto con la Russia e un eccidio. Ma, al di là delle differenze, resta che focus della nota è che l’America, che aveva supportato l’assalto al Parlamento ucraino, si ritrovava vittima di un assalto analogo.
Bizzarrie della storia che erano il cuore della similitudine e che, al netto dell’errore sulle elezioni, ci sembra che resti calzante, con tutti i distinguo possibili (evitiamo, in questa sede, le controversie su chi diede l’ordine di sparare sulla folla, che porterebbero lontano, limitandoci a rimandare a un servizio di Fausto Biloslavo e a un altro di Gian Micalessin, che seguirono da presso i fatti).
C’è però un “falso” che interpella, tra quelli che la nostra nota si è attirata da parte di questo strano sito ucraino (molto ben indicizzato), Scrivevamo: “Allora nessuno si accorse delle bandiere neonaziste che garrivano al vento a piazza Maidan”. Così la stroncatura del sito: “Falso, non vi erano bandiere ne simboli neonazisti”.
La presenza massiva di militanti di Svoboda e Pravyi Secktor, due organizzazioni neonaziste, a Maidan (e dopo) è innegabile (si confronti ad esempio un media non certo anti-ucraino come Open democracy). Negare tale presenza interpella sulle finalità dei cacciatori di Fake News ucraini. Ma questo è un problema loro, non nostro.
Fake News, oltre ad accusarci velatamente di essere parte della propaganda russa, ci addebita un tentativo orwelliano di riscrivere la storia. Non siamo così importanti, non possiamo anche se volessimo…
Inoltre, mentre il nostro errore è uno svarione grossolano, negare la presenza delle forze neofasciste a Maidan ci sembra omissione più in linea con l’addebito a noi accreditato. Ma anche questo è problema loro, non nostro.
Detto questo, non intendiamo polemizzare col sito in questione, che comunque ha avuto il merito di metterci in guardia da un errore – se ne fanno, ovvio, ma questo è il più grave della nostra pur modesta carriera -, ribadiamo le nostre scuse ai lettori, ai quali offriamo, per quel che valgono, la nostra penna e la nostra buona fede. Come dovrebbe confermare anche questo errata corrige, non molto usuale nell’ambito giornalistico. Grazie della pazienza…
Nella foto: arringa a piazza Maidan. In primo piano, le bandiere di “Svoboda” e “Pravij Sektor” (dicembre 2013).