I talebani agli Usa: c'è il problema Kabul. Gli Usa: risolvetelo
Tempo di lettura: 3 minutiScoop del Washington Post che ricostruisce nel dettaglio gli ultimi giorni di Kabul, con gli americani e il governo afghano sicuri che i talebani non sarebbero arrivati nella capitale prima di alcuni mesi.
Il Wp ricostruisce come il presidente Ashraf Ghani si muovesse nel suo palazzo presidenziale come se nulla stesse accadendo nel Paese, sicuro delle informazioni che gli giungevano dagli americani e dai suoi servizi di sicurezza.
Cadevano le province, una a una, come birilli, ma nonostante ciò, gli accordi di Doha, raggiunti con i talebani, rassicuravano tutti. Ghani addirittura, scrive il Wp parlava con i suoi ministri di avviare un processo di “digitalizzazione dell’economia”…
E in effetti, come riporta il WP, i talebani prendevano province e città, ma continuavano a intrattenere rapporti con i loro interlocutori americani a Doha e ad assicurare che gli accordi sarebbero stati rispettati.
Finché, a un certo punto, i talebani sono arrivati alle porte di Kabul. I consiglieri di Ghani, a quel punto, hanno riferito al presidente che i talebani non solo erano entrati in città, ma erano anche nel palazzo presidenziale, e lo cercavano.
“Non sembra essere vero – scrive il WP -. I talebani avevano annunciato che i loro combattenti si trovavano alle porte di Kabul, avendo preso il controllo dei principali posti di blocco della città dopo il ritiro delle forze di sicurezza, ma non avevano intenzione di subentrare con la violenza. C’era un accordo in atto per una transizione pacifica e il gruppo intendeva onorarlo”.
Ghani e i suoi consiglieri avevano, però, altre informazioni, chissà da quali fonti. Così il presidente decide di lasciare in tutta fretta la città, senza dire nulla a nessuno, né ai suoi ministri, né al popolo afghano, al quale avrebbe dovuto parlare quella notte in un discorso alla nazione, né agli Stati Uniti.
Due le motivazioni che il WP dà a questa fuga improvvisa. La prima è che il presidente, abbandonando la città, volesse risparmiare un bagno di sangue, evitando, cioè, una strenua difesa contro i talebani. La seconda è che temeva di fare la fine di Najibullah, il presidente afghano filo-sovietico a cui i combattenti afghani, scacciati i sovietici, riservarono un trattamento poco commendevole: fu squartato e il suo corpo fu appeso a un semaforo.
Sia come sia, in realtà, scrive il WP, i talebani non avevano alcuna intenzione di prendere la città, che dopo la fuga del presidente, priva di guida, rischiava di sprofondare nel caos, e ciò avrebbe davvero provocato un bagno di sangue e complicato non poco l’evacuazione dell’esercito statunitense.
Così prosegue il resoconto del WP: “In un incontro faccia a faccia, organizzato in tutta fretta, gli alti comandanti dell’esercito statunitense a Doha, tra cui McKenzie, a Capo del comando centrale degli Stati Uniti, hanno parlato con Abdul Ghani Baradar, capo dell’ala politica dei talebani”.
“Abbiamo un problema”, ha detto Baradar ai suoi interlocutori, come riporta un funzionario statunitense. “E abbiamo due opzioni per affrontarlo: tu [l’esercito degli Stati Uniti] ti assumi la responsabilità di proteggere Kabul o devi permetterci di farlo”.
Il generale McKenzie fece presente al suo interlocutore “che la missione degli Stati Uniti era solo quella di evacuare i cittadini americani, gli alleati afgani e altre persone a rischio. Per fare questo gli Stati Uniti avevano bisogno dell’aeroporto”.
“Secondo altri due funzionari statunitensi, è stata così raggiunta un’intesa: gli Stati Uniti avrebbero avuto il controllo dell’aeroporto fino al 31 agosto e i talebani avrebbero controllato la città”.
Insomma, quanto avvenuto a Kabul è stato concordato in tutto tra talebani e Stati Uniti, e in tutta fretta, data l’improvvisa e ingiustificata fuga di Ghani dal suo posto di comando, dal quale avrebbe dovuto garantire invece l’evacuazione senza rischi di americani e sfollati.
Tali gli imprevisti della storia, che però gettano nuova luce su quanto accaduto in Afghanistan negli ultimi giorni e accreditano i talebani come una forza che, seppur estremista, è stata capace di interloquire e accordarsi con la controparte anche nell’emergenza più immediata. Una disposizione al dialogo che la narrazione ufficiale finora non ha evidenziato.
Resta da vedere se la ricostruzione del WP sarà negata dalle autorità americane tirate in ballo, che certo non fanno una bella figura, soprattutto perché hanno tenuto tale accordo segreto al mondo, con il risultato di portare al parossismo l’allarme globale. Resta che il giornale americano non è uso a pubblicare ricostruzioni tanto dettagliate a rischio smentita. Vedremo.