USA: comitato FDA contrario alla terza dose di vaccino per gli under 65
Tempo di lettura: 3 minutiIl comitato consultivo della Federal Drug Administration, l’ente americano chiamato a regolamentare alimenti e farmaci, dopo 8 ore di meeting (qui il video integrale), ha votato quasi all’unanimità (16-2) contro il programma di vaccinazione di richiamo COVID-19 proposto dall’amministrazione americana, di cui è alfiere il dottor Fauci (CNBC).
I membri del comitato consultivo della FDA, eminenti scienziati americani, sono stati chiamati a esprimersi sul seguente quesito: “I dati sulla sicurezza e l’efficacia relativi allo studio clinico C4591001 supportano l’approvazione di una dose di richiamo di Cominatry [vaccino Pfizer], somministrata almeno sei mesi dopo il completamento della serie primaria, per individui di età pari o superiore a 16 anni?”.
Il comitato ha poi votato all’unanimità un piano alternativo per dare la terza dose solo agli americani più anziani e a quelli ad alto rischio.
Nelle settimane scorse c’è stato un altro segnale della mancanza di unanimità, nei vertici USA, sulla conduzione della pandemia.
A fine agosto, infatti, hanno dato le dimissioni due importanti funzionari dell’agenzia: Marion Gruber, direttore dell’Office of Vaccines Research & Review della FDA da 32 in forza all’agenzia, e il vicedirettore Phil Krause.
Le cause del gesto andrebbero ricercate nei dissidi tra FDA e CDC (Centers for Disease Control and Prevention) per le competenze sulle decisioni relative alle campagne vaccinali e alle politiche contro la pandemia.
Non si tratta di funzionari qualunque. Questo il commento del “capo scienziato ad interim” della FDA, Luciana Borio: “La FDA sta perdendo due giganti che ci hanno aiutato a sviluppare molti vaccini sicuri ed efficaci in decenni di servizio pubblico”.
Rick Bright, immunologo ed ex direttore della Biomedical Advanced Research and Development Authority, ha rincarato la dose, spiegando che la dottoressa Gruber “è stata molto più di una direttrice. È una leader, una mente visionaria che ha supportato la scienza della regolamentazione clinica globale per l’influenza, Ebola, Mers, Zika, Sars-cov-2 e molte altre malattie”.
Le motivazioni del voto del comitato sono anch’esse sintomatiche del dibattito in atto nella comunità scientifica americana. C’è chi, come la dottoressa Hayley Gans, afferma che il comitato non avrebbe neanche dovuto esaminare i dati perché insufficienti anche per quanto riguarda la sicurezza dei vaccini.
Per altri, come la dottoressa Jessica Rose, i dati VAERS (Vaccine Adverse Event Reporting System) sono invece sufficienti per determinare che i rischi del vaccino superano i benefici nei giovani, in particolare nei bambini.
Il voto del comitato è solo consultivo, come si è premurato di sottolineare Peter Marks, direttore del Center for Biologics Evaluation and Research (CBER) presso la Food and Drug Administration, che può decidere comunque in autonomia dal parere espresso.
Nonostante tale voto, l’amministrazione Usa ha reso obbligatoria la terza dose per tutti i dipendenti federali e obbligato i lavoratori che prestino la loro opera ad aziende con più di cento dipendenti a vaccinarsi o a esibire un tampone (1). Provvedimenti che interessano 100 milioni di americani.
Nel caso specifico, non ci curiamo dell’Italia dato che il suo status di colonia la pone a rimorchio degli Stati Uniti, e, in quanto tale, a volte precede gli Usa – come nel caso dell’estensione della terza dose in questione – semplicemente perché vi si può imporre più facilmente i dettati di Big Pharma, non avendo le resistenze che essa trova nella madrepatria.
Per quanto riguarda la terza dose non entriamo nel dibattito, non ne sappiamo granché (come tanti scienziati). Ci limitiamo a registrare questa controversia ad alto livello, che si gioca tutta nell’ambito della comunità scientifica e nei vertici decisionali di tale comunità.
E registriamo con certo disturbo come sia stato eluso il niet espresso nella sede decisionale più congrua allo scopo. Qualcosa non quadra, come tante altre cose di questo momentum pandemico.
Detto questo, ci si permetta una considerazione: quando certi soloni pontificano accreditando le proprie tesi come scientifiche in opposizione ad altre, che tali non sarebbero, rimaniamo basiti. Le controversie di cui sopra confortano le nostre perplessità.
Nota a margine, Ci si permetta una considerazione di altro tenore. Le norme che impongono ai lavoratori l’alternativa tra vaccino e tamponi, varate anche in Italia, sono intrinsecamente discriminatorie, in quanto è ovvio che i poveri, che sono sempre di più in questo momento pandemico, non possono fare due-tre tamponi settimanali, quanti ne occorrono per ottemperare l’obbligo, dato che né lo Stato né altri organismi, almeno in Italia, garantiscono la gratuità degli stessi.
Difficilmente una famiglia poco abbiente può caricarsi di una spesa tanto gravosa, che per altri ceti risulta invece affrontabile se non irrisoria. Almeno su questo punto, lo Stato dovrebbe provvedere, peraltro essendo possibile che tale norma violi la Costituzione.
Di certo, e al di là del futuro, il fatto che la Politica non abbia neanche preso in considerazione la sperequazione conseguente il varo di tale norma rende l’idea del degrado nel quale è precipitata.
Peggio ancora se, invece, tale perequazione sia stata palesata, ma si sia evitato di porvi rimedio per non porre un’ipotetica criticità alla campagna vaccinale in atto.