Covid-19: anticorpi monoclonali e dove non trovarli
Tempo di lettura: 4 minuti“Monoclonali sì, monoclonali no. Il tema è ampio, il dibattito è certamente vivace. E che funzionino ormai è assodato. Eppure i frigoriferi dei centri italiani che hanno ‘stoccato’ le riserve di monoclonali sono strapieni e inutilizzati”. Questo secondo la Stampa del 1 ottobre.
La denuncia parte dal Piemonte, e precisamente dal professor Giovanni Di Perri, responsabile del reparto malattie infettive dell’ospedale Amedeo di Savoia: “Nel massimo picco della pandemia – spiega – con 60 mila ospedalizzazioni in Piemonte, abbiamo usato 350 dosi. Avremmo potuto risparmiare 15 mila ospedalizzazioni e chissà quanti morti si potevano evitare”.
L’efficacia (pur se relativa) dei monoclonali
Ma il tema è così importante che persino una delle star della “nazionale virologi”, il professor Bassetti, ha dichiarato recentemente : “Gli anticorpi monoclonali costano molto meno di un ricovero, guariscono, specialmente se utilizzati nei primi giorni dall’inizio della malattia (noi li consigliamo entro i primi cinque giorni dall’inizio dei sintomi), ma vengono usati poco e non si capisce perché. Bisogna far sì che tutte le regioni e tutti gli ospedali li utilizzino: è un diritto di tutti cittadini”.
A queste dichiarazioni clamorose va aggiunto anche che l’uso più ampio dei monoclonali avrebbe comportato anche benefici economici per le casse pubbliche, in considerazione del fatto che una cura completa costa quasi 20 volte in meno dei ricoveri che si sarebbero potuti evitare (1.250€ contro gli oltre 20.000€, sempre secondo La Stampa).
Bisogna comunque tener presente che non stiamo parlando di un farmaco da banco, ma di cure da somministrare in determinate condizioni e sotto stretto controllo medico.
Come abbiamo sentito ripetere da molti medici anche per altre cure, per i monoclonali è importante la tempestività, vanno cioè somministrati nei primi giorni della malattia, risultando inefficaci successivamente.
Ma perché ancora questi ritardi e incertezze nell’uso di rimedi alquanto efficaci (anche se non definitivi) contro il Covid-19? La risposta, o almeno una risposta, la troviamo sul sito di AIFA: “Gli anticorpi monoclonali non hanno ancora ricevuto l’approvazione dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA). In Italia sono stati autorizzati in via temporanea con Decreto del Ministro della salute 6 febbraio 2021 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’8 febbraio 2021, n. 32, e con Decreto del 12 luglio 2021 (GU n 180 del 29/07/2021)”.
Quindi AIFA ci racconta candidamente che a quasi un anno di distanza dal più famoso, o famigerato, caso di utilizzo del farmaco della Regeneron, che ristabilì la salute del presidente Trump in pochi giorni (vedi precedente articolo di Piccole Note) e che rese noto al mondo intero l’efficacia di questo farmaco, l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ancora non ha trovato il tempo per una risposta (positiva o, anche, negativa se ce ne fossero gli estremi) definitiva sull’utilizzo di tali farmaci.
Nulla di nuovo, dunque: le misteriose stanze che governano la pandemia, e non la lotta al virus, continuano nell’instancabile opera di ritardare e ostacolare, seminando dubbi e incoraggiando diatribe che servono solo a esacerbare gli animi e ad aumentare le incertezze di tanta gente sfinita e impoverita.
Il caso De Donno
Una nota a margine la merita sicuramente la tragica vicenda del povero dottor Giuseppe De Donno, primario di pneumologia dell’ospedale Carlo Poma di Mantova.
A pochi mesi dall’inizio della pandemia, annunciò che aveva trattato con successo alcuni pazienti con il plasma iperimmune, cioè il plasma tratto da pazienti guariti, che avevano dunque sviluppato anticorpi. Il suo annuncio suscitò un contrasto feroce, lo trattarono da spacciatore di Fake news. Lo distrussero, tanto che nel luglio scorso, si è suicidato.
Prima di far retromarcia alcuni giorni dopo l’annuncio, con un video in cui leggeva “un comunicato con l’aria rigida e innaturale del rapito dall’Isis” (Dagospia), De Donno aveva dichiarato che le polemiche di cui era fatto segno erano motivate da interesse, dal momento che si voleva evitare il ricorso al plasma iperimmune in favore dei successivi monoclonali, ben più remunerativi per le case farmaceutiche.
Al di là delle polemiche e della veridicità dell’affermazione, c’è in queste parole (dettate da un’incongrua vis polemica) un particolare interessante, perché in fondo la terapia a base di anticorpi monoclonali ricalca quella del plasma iperimmune, basata sulla somministrazione di anticorpi naturali.
Insomma, De Donno aveva intrapreso una via buona: meno efficace dei monoclonali, certo, data la minor resa; meno disponibile, data la difficoltà di trovare il plasma dei guariti; e di più ardua gestione. E però resta che era una strada seria se, come ormai acclarato, è seria la via dei monoclonali. Ed è stato massacrato… Riposi in pace, professore.
Il video di Project Veritas
Infine, un cenno a un video che sta facendo il giro del mondo, prodotto da un team investigativo alternativo, per questo contrastato, made in Usa, Project Veritas. Nel video un giornalista in incognito, infiltrato nella Pfizer, registra due scienziati dell’azienda.
A detta di questi scienziati, gli anticorpi naturali, sviluppati dai pazienti guariti, sono più efficaci di quelli prodotti dal vaccino. Indiscrezione confermata da uno studio israeliano.
Se ciò è vero, vaccinare i guariti, come si è fatto (e non solo in Italia), non è servito a nulla, anzi ha avuto solo l’esito spendere inutilmente una parte delle risorse destinate a rispondere al Covid-19, incrementando artatamente le casse di Big Pharma, ma soprattutto di rallentare la campagna vaccinale e presumibilmente anche di alterare le conclusioni sull’efficacia dei vaccini, dato nelle statistiche è considerata immunità da vaccino anche l’immunità naturale dei soggetti vaccinati.
Nel video, anche una considerazione sui monoclonali, che sarebbero stati stoppati per vendere i vaccini. Una considerazione personale dello scienziato, ovvio, ma che potrebbe interpellare.