L'Apocalisse e l'utilizzo della paura
Tempo di lettura: 2 minuti«L’attenzione delle profezie apocalittiche contemporanee è marcata soprattutto in Occidente, mentre è quasi del tutto inesistente nel resto del mondo. In Messico, ad esempio, della profezia Maya si parla pochissimo». È una constatazione de filosofo francese Michaël Foessel in un’intervista rilasciata alla Repubblica dell’11 dicembre.
Per il filosofo francese «l’ossessione occidentale per la fine del mondo va messa in relazione con la sensazione della fine del “nostro” mondo, vale a dire il declino storico dell’Occidente. La globalizzazione del pianeta ha tolto al mondo occidentale la sua posizione dominante. Da qui il fascino della decadenza e del crollo, che trova la sua concretizzazione estrema nelle paure apocalittiche». Per Foessel, poi, «le paure apocalittiche contemporanee sono anche più drammatiche di quelle del passato che almeno avevano la prospettiva del giudizio universale».
Per il filosofo, infine, la paura è anche uno strumento di mobilitazione di massa e di potere: «Più che per l’apocalisse ciò vale per la catastrofe che oggi viene razionalizzata attraverso la tecnica e la politica. La paura della catastrofe oggi è diventata un discorso soggetto al dominio degli esperti. I tecnici profetizzano quotidianamente la catrastrofe in ambito ecologico, economico, sociale ecc. Così facendo, la razionalizzazione trasforma la paura della catastrofe in una categoria della mobilitazione. Si fissa un’agenda, un calendario e dei comportamenti che trasformano la paura in un discorso di legittimazione. In nome di un avvenire catastrofico si giustificano le scelte politiche del presente».
Nota a margine: meglio il calendario di Frate indovino…