Il Colle: legislatura perduta La parola passerà ai politici
Tempo di lettura: 2 minutiIn occasione del tradizionale scambio di auguri natalizi con le più alte cariche dello Stato, il presidente Giorgio Napolitano ha tenuto un discorso del quale hanno fatto notizia tre passaggi. Il primo riguarda l’implicita dichiarazione che non si ricandiderà: a questo proposito ha citato un’autorevole interpretazione della Costituzione ad opera dello scomparso Livio Paladin, già presidente della Corte Costituzionale. Un passaggio importante, perché è una tentazione sempre ricorrente quella della ricandidatura di un Presidente della Repubblica: il richiamo a Paladin, che ha inteso dimostrare come la Costituzione ne escluda la possibilità, potrebbe creare un precedente per il futuro e porre termine a ipotesi che, in realtà, non si sono mai verificate nella storia della Repubblica.
Altro passaggio quello, obbligato, sulla mancata riforma della legge elettorale: il Capo dello Stato ha mosso un rimprovero non troppo implicito alle forze politiche che non sono riuscite a trovare un compromesso. Così, ancora una volta, il Parlamento sarà composto tramite porcellum: non è di buon auspicio. La verità, ed è forse questo il motivo del severo richiamo del Quirinale, è che il Porcellum va bene a tutti, anzi ai partiti più grandi, perché lascia a questi il potere di gestire tante dinamiche della corsa elettorale.
Infine, ed è il passaggio che più ha colpito la stampa, Napolitano ha voluto dire nella maniera più autorevole che sarà lui a dare l’incarico al futuro presidente del Consiglio e non altri, fugando ipotesi di possibili dimissioni anticipate. E che il prossimo governo sarà politico: e sul punto un po’ tutti hanno inteso che l’obiettivo di Napolitano era dare un monito a Mario Monti con il quale pare si stiano raffreddando i rapporti. Insomma, Napolitano, che è stato artefice del governo dei tecnici, decreta che quella stagione è finita e non si ripeterà, almeno nel futuro prossimo.
Sulla conclusione anticipata della legislatura, pure deprecata dal Capo dello Stato, resta la domanda posta sul sito Dagospia: può un governo finire semplicemente con le dimissioni del Presidente del Consiglio? Non serve, secondo il dettato della Costituzione, un atto formale di sfiducia? La domanda è davvero interessante. Da un punto di vista legislativo pone un limite alla discrezionalità dei poteri del Presidente del Consiglio e, come dettato della Costituzione, indica nel Parlamento, non nel capo del governo, la sede della sovranità popolare. Ma anche da un punto di vista politico: se serve un atto formale, questo non può che avvenire dopo l’approvazione della legge di stabilità (ex Finanziaria). Occorre che il governo presenti una legge o chieda formalmente la fiducia su qualcosa, che non la ottenga e, soprattutto, è necessario che tutto questo sia messo in calendario secondo i consueti, e non immediati, meccanismi del Parlamento. Insomma, la data delle elezioni potrebbe slittare rispetto a quella prevista (febbraio), con ripercussioni imprevedibili e, forse, interessanti.