Ucraina. Contrordine: l'invasione russa non è più imminente
Tempo di lettura: 4 minutiL’America non dirà più che l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è “imminente“. Così la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki, spiegando che la precedente comunicazione era erronea.
C’è da restare basiti, non solo per la leggerezza con la quale Washington tratta una crisi che ha il potenziale di scatenare la terza guerra mondiale, ma anche per l’insostenibile leggerezza dei media, che per giorni hanno ripetuto come un mantra tale affermazione, senza porre e porsi domande su un’affermazione evidentemente infondata (vedi Piccolenote).
Al di là, la situazione attuale vede due conflittualità, uno evidente, tra Mosca e Occidente, e uno che attraversa l’Occidente stesso, dove alcuni ambiti spingono per un confronto duro, a rischio guerra (ripresa della guerra del Donbass per esser chiari e non altro) e altri che invece stanno tentando convergenze.
Tale ultimo ambito vede in prima fila alcuni Paesi europei, che contano nulla però possono far da sponda all’amministrazione Biden, che sta tentando davvero un dialogo con la Russia.
Tale determinazione viene spiegata in un articolo di Anatoli Lieven su Responsibile Statecraft che analizza la riposta scritta degli Usa alle proposte russe, che doveva restare segreta ed è invece stata pubblicata dal Pais, allo scopo di affondare le trattative reali (a cui necessita il segreto).
Anzitutto Lieven spiega che la narrativa che vedeva le proposte russe del tutto strumentali, inviate solo per essere rigettate e avere così un pretesto per invadere era falsa, altrimenti, dopo che tale rigetto si è concretizzato, avrebbe invaso.
Il documento americano sulla supposta invasione
Tali proposte sono reali e la risposta Usa, al di là delle ovvie ridondanze retoriche, esprime “la volontà di avviare un nuovo processo di riduzione degli armamenti nucleari e di concludere accordi sui missili a medio raggio in Europa, in particolare sullo stazionamento dei missili da crociera statunitensi Tomahawk nell’Europa orientale, a condizione che La Russia ricambi consentendo alla Nato una certa capacità di controllare il suo dispiegamento missilistico”.
Inoltre, pur ribadendo la possibilità che l’Ucraina entri nella Nato, rigettando così le richieste di Mosca, “non solo non esclude esplicitamente una moratoria sull’adesione per un determinato periodo di tempo, ma esprime anche la volontà di discutere ‘l’indivisibilità della sicurezza – e le nostre rispettive interpretazioni di quel concetto’. Questa è una frase usata dalla Russia nella sua opposizione all’espansione della NATO, e crea almeno qualche possibilità di un dialogo strategico più ampio e completo che potrebbe gettare le basi per risolvere i vari conflitti in Europa”.
E, sull’Ucraina, il documento Usa dettaglia: “Gli Stati Uniti sono pronti a discutere le misure di trasparenza reciproca basate su condizioni e impegni reciproci sia degli Stati Uniti che della Russia per astenersi dal dispiegare sistemi missilistici offensivi e forze permanenti con una missione di combattimento sul territorio dell’Ucraina”.
Certo, resta il nodo della Crimea, ma gli Stati Uniti, scrive Lieven, potrebbero sorvolare, dato che Mosca non cederà mai sul punto, essendo la base militare ivi collocata giudicata parte essenziale della sua sicurezza strategica (d’altronde, si potrebbe aggiungere, che dopo aver regalato il Golan siriano a Israele, è arduo per gli Usa chiedere alla Russia concessioni in tal senso).
E però, continua Lieven, “Il tono della dichiarazione degli Stati Uniti è fermo, ma educato. Evita frasi retoriche, insulti gratuiti e non solleva problemi aggiuntivi sui quali non ci sono possibilità di risoluzione e distruggerebbero soltanto ogni possibilità di accordo”.
“Non lo descriverei come un capolavoro di linguaggio diplomatico – continua Lieven – ma almeno si legge come se fosse stato scritto da adulti che hanno una certa conoscenza e comprensione della diplomazia. Peraltro, anche l’ultima dichiarazione del presidente Putin (nell’incontro di martedì con il premier ungherese Viktor Orban) suggerisce la volontà di negoziare” (la prima dichiarazione del presidente russo dopo la risposta Usa, rilasciata, peraltro, poco dopo un’ulteriore conversazione telefonica tra i ministri degli Esteri dei due Paesi).
L’intromissione della Nato
Diversa e molto più dura la risposta della Nato, consegnata in parallelo con quella americana. Così Lieven: il documento “esprime il desiderio della Nato per un ‘dialogo costruttivo’, ma lo accompagna con insulti reiterati contro la Russia. Ora, può darsi che alcuni di questi insulti siano davvero meritati. Ma chi pensa che insultare il proprio interlocutore sia un buon modo per iniziare un dialogo costruttivo non ha mai studiato il buon senso, tanto meno la diplomazia”.
Tanto che “se il segretariato della NATO – al contrario di Washington – fosse responsabile dei negoziati con la Russia, non ci sarebbe alcuna possibilità di accordo e si aprirebbero le porte alla possibilità di una guerra disastrosa”.
C’è quindi una discrasia tra Nato e Stati Uniti, con la differenza che Washington rappresenta una superpotenza e la Nato non si capisce bene chi rappresenti, essendo formalmente un’alleanza di più Stati, che peraltro non sono tutti concordi con certe pose muscolari.
“La dichiarazione della Nato – scrive Lieven – si conclude con un’eroica dichiarazione del fermo impegno della Nato nei confronti del principio che ‘un attacco a un alleato è un attacco contro tutti’. Ma dal momento che la Russia non ha alcuna intenzione di attaccare alcun alleato della Nato, la Nato può assumere pose così eroiche e la Danimarca e l’Olanda possono inviare i loro combattenti nella serena fiducia che in realtà non dovranno mai combattere”.
Quello prospettato da Lieven è un quadro non certo brillante, ma che pone in evidenza la divergenza tra la Nato, sulla quale è potente la presa dei neocon Usa, e l’amministrazione americana.
Peraltro, è più che logico che le trattative le conducano gli Stati Uniti e non un apparato militare come la Nato, che si è intromessa in maniera indebita in questa vicenda, dato che i cittadini dei Paesi aderenti hanno i loro legittimi rappresentanti eletti in tutt’altre sedi. È irrituale e inquietante che delle trattative di pace non siano condotte da organi politici, ma da militari. Come se la Difesa russa sovrapponesse la propria voce a quella di Mosca.
Detto questo, è illusorio aspettarsi correttivi sull’intromissione Nato, ma spiragli per la prosecuzione del dialogo ci sono, come dimostra anche il dietrofront della Psaki riportato all’inizio della nota.