Nucleare Iran: verso un'intesa Teheran-Washington
Tempo di lettura: 3 minutiMartedì è iniziato quello che potrebbe essere l’ultimo round dei negoziati sul nucleare iraniano. Un’intesa che potrebbe finalmente chiudere la lunga controversia che mette a rischio la pace globale.
Nel riferire la notizia, Ben Samuels, su Haaretz, scrive che l’amministrazione Usa “ha adottato un tono notevolmente più ottimista sui colloqui di Vienna e importanti esponenti del Dipartimento di Stato stanno parlando apertamente dei progressi compiuti e di un potenziale accordo in vista”.
Certo, continuano le resistenze, e il giornale israeliano spiega come diversi esponenti politici americani contrari all’accordo abbiano avvertito l’amministrazione che un’eventuale intesa necessita di un’approvazione da parte del Congresso, passaggio brandito nella speranza, più o meno fondata, che l’assise possa affossarla.
Ma la controparte ha replicato che l’accordo con l’Iran, il JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action), era stato già sottoposto in passato a tale approvazione, prima cioè che Trump lo stracciasse, e quindi non serve ripetere tale passaggio se ripristinato.
Certo, i falchi Usa potrebbero trovare un qualche cavillo atto ad aprire la strada a tale prospettiva, ma secondo Dylan Williams, vicepresidente senior di J Street, “l’attacco preventivo” a un nuovo accordo da parte di tali ambiti con l’Iran sarebbe già fallito.
Se Samuels nel suo pezzo cita Williams è perché l’organismo ebraico che presiede e altre 20 organizzazioni simili, tra cui Peace Now, oltre a vari istituti che si occupano di politica estera e di controllo degli armamenti “hanno scritto al Segretario di Stato americano Antony Blinken e a Sullivan [Consigliere per la Sicurezza nazionale Usa ndr], riaffermando l’importanza e l’urgenza che l’amministrazione Biden porti a compimento il ripristino del JCPOA” .
“Molti di coloro che hanno esultato quando Trump ha sabotato il JCPOA hanno compreso che la strada della massima pressione porta a una guerra in piena regola tra Stati Uniti e Iran”, hanno scritto nella missiva. “La svolta dalla diplomazia a una prospettiva di guerra contro l’Iran sarebbe incredibilmente dannosa per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. … Come ha detto l’ex capo dell’unità di intelligence militare israeliana incaricato per l’Iran, ‘non esiste una soluzione magica al programma nucleare iraniano, soprattutto non attraverso un attacco”.
Che qualcosa stia succedendo lo si nota anche dalla posizione del governo israeliano. Tel Aviv è ufficialmente contraria al JCPOA nell’idea che l’accordo vada rafforzato in senso più stringente per Teheran, pretesa che in realtà serve a blandire l’opinione pubblica dimostrando una posa muscolare verso il nemico regionale, non potendo ufficialmente dichiarare un gradimento verso un’intesa che evita al Paese tanti guai.
E però tale disapprovazione pubblica verso il lavoro dell’amministrazione Usa non è brandita come una clava, come avvenne al tempo di Netanyahu, quando il premier israeliano si fece invitare al Congresso Usa per pronunciare un’intemerata contro Obama e il suo disegno di riconciliazione con Teheran.
Allora, ricorda Anshell Pfeffer su Haaretz, l’attuale premier israeliano Naftali Bennet sposò in toto la linea di Netanyahu, suo alleato di governo, adesso, invece, pur dissentendo da Washington, ha adottato un basso profilo, conservando una sorta di silenzio assenso verso l’alleato d’oltreoceano.
Nonostante le distanze, il messaggio implicito nella postura low profile di Bennett “è che Biden sta facendo ciò che deve fare per mantenere la sua promessa elettorale”.
“L’unica espressione pubblica di ciò [del dissenso ndr.] si è avuta durante il discorso di Bennett alla conferenza annuale dell’Institute for National Security Studies della scorsa settimana, quando ha affermato che ‘gli Stati Uniti sono stati e saranno sempre i nostri migliori amici. Ma Washington ha i suoi interessi, che dobbiamo onestamente ammettere che non sempre si sovrappongono ai nostri’. L’ambasciatore degli Stati Uniti in Israele Tom Nides era seduto in prima fila e tutti sorridevano”.
Insomma, a meno che non si scateni la guerra in Ucraina o altro – ad esempio un’escalation in grande stile della guerra in Yemen -, cioè criticità che potenzialmente potrebbero far saltare il negoziato, l’intesa Usa – Iran sembra in dirittura d’arrivo.