Ucraina: il conflitto che nessuno vuole, come la Grande Guerra
Tempo di lettura: 4 minutiL’Occidente crede davvero che la Russia voglia attaccare l’Ucraina? Questa la domanda di fondo di un articolo pubblicato sul National Interest a firma di George Beebe, analista della Cia specializzato in Russia.
Secondo Beebe, sia Washington che Londra credono fermamente che la Russia voglia invadere (secondo la nostra povera opinione si tratta di propaganda strumentale, ma non ha importanza in questa sede). Da parte loro, i russi ridono di tale convinzione, né hanno alcun desiderio di ricostituire l’URSS, perché sanno quanto ciò sarebbe “gravoso e controproducente”.
Scrive Beebe: “Laddove gli americani vedono le forze russe pronte per un’invasione dell’Ucraina, Mosca le vede come parte di uno sforzo difensivo più ampio per impedire all’alleanza militare più potente del mondo di aprire un negozio alle porte della Russia”.
Tale situazione, secondo l’analista della Cia, ricorda ciò che registrava Teddy Roosevelt nel 1904 a proposito della Gran Bretagna e della Germania: Il Kaiser Guglielmo II “crede che gli inglesi stiano progettando di attaccarlo e distruggere la sua flotta… gli inglesi, i realtà, non nutrono tali intenzioni, ma sono essi stessi nel panico, per il terrore che il Kaiser abbia intenzione […] di distruggere la loro flotta e cancellare l’impero britannico dalla mappa […] una situazione divertente, come non ne ho mai visto, di sfiducia e paura reciproche che hanno portato due popoli sull’orlo della guerra”. Il conflitto sarebbe poi arrivato, anche se ad anni di distanza, con la Grande Guerra.
Il punto, osserva Beebe, è che “la verità è la prima vittima di una guerra. E se Washington e Londra ‘credono veramente alla loro stessa propaganda’, come dicono i russi, allora abbiamo un problema serio”.
“La Russia e l’Occidente trovano quasi impossibile dare un senso alle reciproche percezioni sull’Ucraina e sulla più ampia architettura di sicurezza europea. Non siamo in disaccordo solo su ciò che dovrebbe essere. Non siamo d’accordo su quale sia la realtà attuale” .
E il clima di diffidenza che portò alla Prima guerra mondiale sembra ripetersi. “Il Cremlino è convinto che gli Stati Uniti abbiano da tempo nel mirino la Russia, spostando le forze militari e le infrastrutture sempre più vicino al territorio russo, armando e rafforzando le fazioni anti-russe negli stati vicini e sostenendo attivamente gli elementi sovversivi all’interno della stessa Russia”.
“L’Occidente, a sua volta, considera Putin come il nemico mortale della democrazia e della libertà, sia in Europa che all’interno degli stessi Stati Uniti. Il risultato è che entrambe le parti credono di dover ‘opporsi’ all’aggressione, producendo un ciclo di azione e reazione che sta sbandando verso il conflitto”.
Un conflitto nel quale non si saranno vincitori né vinti, reputa Beebe, infatti “né la Russia né l’Occidente possono portare l’Ucraina nella propria sfera di influenza senza fare completamente a pezzi quel paese. Il Cremlino non può scacciare gli Stati Uniti dall’Europa e l’Europa non può essere stabile finché la Russia è esclusa dalle organizzazioni di sicurezza più influenti della regione. In questa situazione, qualsiasi tentativo di produrre scenari ‘vincente-perdente’ tra l’Occidente e la Russia si tradurrà inevitabilmente una ‘sconfitta’”.
“John Kennedy”, conclude Beebe, “ha osservato che la lezione principale della crisi missilistica cubana era che i leader delle superpotenze nucleari dovevano disinnescare le crisi aiutandosi a vicenda a trovare compromessi reciproci che salvassero la faccia. Ciò vale oggi, non meno che nel 1962. La finestra di opportunità per evitare il disastro si sta rapidamente chiudendo”.
C’è un aspetto, però, che Beebe non prende in considerazione e che rende il rebus ucraino più complicato. I neocon Usa, che oggi spingono per il confronto duro con Mosca, hanno un’altra visione del conflitto.
Come hanno dimostrato nel corso delle guerre infinite, non importa vincere o perdere una guerra, ma produrre il caos, come da formula esplicitata dall’ex Segretario di Stato Usa nella teoria del caos costruttivo. Tale dottrina si basa appunto sulla creazione del caos per aprire nuovi spazi di manovra all’influenza americana. Una variabile che pone ulteriori rischi nel complicato puzzle ucraino.
Nota a margine. Stanno facendo il giro del mondo le immagini del popolo ucraino che si prepara alla guerra contro i russi. Così Sam Sokol sul giornale israeliano Haaretz ha commentato la foto della nonna ucraina che si addestra all’uso del mitra: “Le immagini della Konstantynovska sdraiata prona con un kalashnikov, un membro dell’Azov in piedi accanto di lei in tuta mimetica che porta il logo del gruppo Wolfsangel – un simbolo germanico che era usato da varie divisioni corazzate e di fanteria delle SS ed è ora popolare tra i neonazisti – hanno fatto rapidamente giri sui social media”.
Il battaglione Azov è identificato come neo-nazista, punta di diamante di un movimento alquanto diffuso in Ucraina e con una certa influenza sulle decisioni del suo governo, che non è riuscito a contrastarlo.
Michael Colborne, che dirige il sito web di giornalismo investigativo Bellingcat dedicato a monitorare l’estrema destra nell’Europa orientale, riferisce Sokol, dice che in qualche modo gli ultranazionalisti ucraini accoglierebbero la guerra con la Russia come un’opportunità per costruire il proprio brand: “Potrebbero non volere che accada il peggio. Ma se ciò avviene, sono certo che l’accoglieranno come un’opportunità“.
Il cronista di Haaretz ricorda come Zelensky, presidente ucraino, sia ebreo. Detto questo resta che certi compromessi rimangono inaccettabili.