La strage di Newtown, l'apocalisse e i Tea Party
Tempo di lettura: 3 minutiDi fronte a una tragedia come quella di Newtown, è forte il desiderio di trovare una spiegazione, di razionalizzare il male. Negli scorsi giorni la stampa internazionale, a partire da un articolo del britannico Daily Mail, ha tirato in ballo il coinvolgimento della madre dell’attentatore Adam Lanza nel movimento dei “doomsday prepper” e la cosiddetta “ideologia della sopravvivenza” (survivalism, in inglese). È probabile che sia solo una parte della spiegazione. Il magazine Foreign Policy scriveva qualche giorno fa, con grande lucidità: «L’estremità del crimine di Adam Lanza ha provocato un disperato bisogno di spiegazioni, e descriverlo come un pazzo “survivalist” sembrerebbe risolvere tutto. La verità ultima sulle motivazioni dell’assassino probabilmente non è così semplice. Il survivalism non giustifica da solo la strage di bambini, ma la paura di un’apocalisse imminente può aver spinto una mente fragile a un gesto del genere».
Chi sono i prepper, e perché sono stati chiamati in causa? Tutto è cominciato con un’intervista a una cognata della madre di Lanza, che ha raccontato: «L’ultima volta che ero andata a trovarla abbiamo parlato di “prepper“, sa, essere pronti a qualunque evenienza visto che l’economia sta sprofondando». Il movimento dei doomsday prepper – cioè di “quelli che si preparano al giorno del Giudizio” – non è una setta vera e propria, ma una rete di cittadini americani che si scambiano consigli, e paure, tramite internet. Un gruppo disomogeneo, unito solo dall’idea che a breve arriverà «la fine del mondo come lo conosciamo» (the end of the world as we know it). Le cause dell’apocalisse potrebbero essere le più disparate, dal tracollo dell’economia a una guerra atomica. Poco importa, quel che conta è farsi trovare pronti.
Dopo la strage di Newtown, il movimento ha sentito il bisogno di dissociarsi dall’episodio di violenza, spiegando che la loro è una «comunità pacifica». Ma a farsi un giro sul loro sito la quantità di sezioni dedicate all’utilizzo di armi da fuoco è notevole. Bisogna essere armati, ad esempio, per reagire ad un attentato terroristico. La minaccia che più spaventa molti prepper però – spiega Salon, rivista tra le più diffuse in America – è il governo, il golpe statalista, l’idea che da un momento all’altro gli agenti dello Stato possano bussare casa per casa per togliere denaro e libertà a tutti.
È questo miscuglio di «una subcultura della sopravvivenza unita a un’ideologia radicalmente anti-statista» che armò la mano di Tim McVeigh, l’uomo della strage di Oklahoma City del 1995 (che causò 168 morti), anche lui un prepper. E la stessa ideologia permea «ampie sezioni» di un sito come Stormfront, ritrovo globale di estremisti di destra e suprematisti bianchi (tra cui anche Anders Breivik, il killer norvegese di Utoya).
Senza spingersi così in là – prosegue Salon – l’ideologia dei prepper è vicina a quella dei Tea Party, i gruppi ultra-liberisti che hanno colonizzato la base del Partito repubblicano: «La mentalità dei prepper – spiega il loro sito – è incentrata sull’autosufficienza e la responsabilità personale, che portano a credere fortemente nella Costituzione e nella necessità di avere meno, non più, Stato. Autosufficienza e responsabilità sono valori promossi anche dal cristianesimo».
I dati confermano che esiste un legame forte tra questa mentalità e il possesso di armi da fuoco. Un sondaggio dello scorso agosto mostrava che il 63 per cento degli appartenenti al Tea Party dichiarava di avere almeno una pistola dentro casa. Cifre simili per gli elettori repubblicani nel loro complesso (60 per cento) e per i cristiani evangelici di etnie “bianche” (58 per cento). Numeri che vanno confrontati col 34 per cento degli elettori democratici, il 32 dei cattolici e il 23 dei non-bianchi.
Ma dopo le ultime stragi – Newtown come anche quella del cinema di Aurora, la scorsa estate – si rafforza anche la percentuale di americani (oltre i due terzi) favorevole a un maggiore controllo sulla vendita di armi. Il presidente Barack Obama ha annunciato in questi giorni di voler sostenere il progetto di legge della senatrice Dianne Feinstein (californiana, figlia di ebrei fuggiti dalla Polonia ai tempi del nazismo) per togliere dai banconi dei negozi le armi da guerra, come i fucili d’assalto usati tanto a Newtown quanto ad Aurora. Un gesto che forse aumenterà nei prepper la paura di un colpo di stato governativo, ma che può quantomeno limitare i danni nel caso in cui una «mente fragile» venga messa nelle condizioni di compiere un gesto folle.