24 Maggio 2022

The Atlantic e Kissinger: avviare i negoziati in Ucraina

The Atlantic e Kissinger: avviare i negoziati in Ucraina
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Sabato abbiamo riportato la nota con la quale il Comitato editoriale del New York Times chiedeva il rilancio della diplomazia per risolvere la crisi ucraina, risolvibile solo con un compromesso nel quale Kiev, dismessi gli slanci ideali quanto irrealistici, accettasse di accedere ad alcune delle richieste russe.

In parallelo, un articolo di  Charles A. Kupchan, già consigliere di Obama ed esponente di punta del Council on Foreign Relations, scriveva cose simili su The Atlantic, giornale che, come suggerisce il nome della testata, è organo atlantista e conservatore (e anche anti-Trump, se si vuole aggiungere). Da cui l’importanza dello scritto.

Kupchan spiega che “finora, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno evitato di spingere Kiev a limitare i suoi obiettivi strategici” e l’ha supportata nel suo tentativo di “ripristinare  la piena integrità territoriale dell’Ucraina riconquistando la Crimea e la sezione del Donbas che la Russia ha occupato nel 2014”.

“Ma il diritto di Kiev di lottare per la completa sovranità territoriale – continua Kupchan – non lo rende strategicamente saggio. Né il notevole successo dell’Ucraina nel respingere l’avanzata iniziale della Russia dovrebbe essere motivo di eccessiva fiducia nelle prossime fasi del conflitto. In effetti, il pragmatismo strategico giustifica una conversazione franca tra NATO e Ucraina volta a frenare le ambizioni di Kiev perché si accontenti di un risultato di minor rilievo della vittoria’”.

Tre i motivi alla base di tale convinzione. Anzitutto, più dura la guerra, maggiori saranno le devastazioni e il numero dei morti, oltre ai danni alle catene di approvvigionamento globale, che stanno impoverendo il mondo. Il secondo motivo “è il rischio di un’escalation” evidente a tutti, ma negato da alcuni infuencer mediatici. Terzo, il rischio che il prolungarsi della guerra crei fratture tra gli alleati, finora compatti dietro gli Usa, e favorisca, negli stessi Usa, l’ascesa di politici contrari al sostegno all’Ucraina (come sta avvenendo).

“Infine – conclude Kupchan -, l’Occidente deve cominciare a guardare oltre la guerra per salvare un rapporto con la Russia che tenga aperta la porta a un minimo di collaborazione. Anche se si sta aprendo una nuova guerra fredda, il dialogo sarà ancora più importante di quanto non fosse durante la Guerra Fredda 1.0. In un mondo più interdipendente e globalizzato, l’Occidente avrà bisogno almeno di una minima cooperazione pragmatica con Mosca per affrontare le sfide comuni […]. Per questo motivo portare la guerra a una rapida conclusione attraverso un cessate il fuoco e una soluzione negoziata è di gran lunga preferibile a una guerra che si trascina o a un conflitto congelato finito con una situazione di stallo ostile”.

L’ostilità a tale prospettiva, prosegue Kupchan, nasce dal timore che Putin, potendo rivendicare una vittoria, possa lanciarsi in nuove avventure o che la Cina, incoraggiata da tale successo, attacchi Taiwan.

“Ma Putin – prosegue Kupchan – rimarrà un piantagrane, non importa come finirà questa guerra. E gli è già stata inflitta una battuta d’arresto più che sufficiente” per scoraggiarlo riguardo ad altri avventurismi.

Adesso “Putin è con le spalle al muro. Spingerlo oltre è sia inutile che inutilmente rischioso”. E la sconfitta di Putin suona come un “avvertimento” anche per la Cina”

E conclude: “L’errata invasione dell’Ucraina da parte di Putin non ha prodotto vincitori, ma un chiaro perdente: la Russia. Anche se l’Occidente continuerà a fornire all’Ucraina i mezzi per difendersi, è tempo che le democrazie atlantiche si concentrino sulla fine della guerra”.

Non solo The Atlantic, un altro atlantista doc. come Henry Kissinger, intervenendo al Forum di Davos, ha avvertito sull’urgenza di iniziare negoziati con Mosca prima che la frattura con la Russia diventi insanabile. E se certo, idealmente, l’Ucraina volesse ottenere il ritorno allo status quo ante, dovrebbe avere un sussulto di saggezza pari all’eroismo dimostrato finora, cedendo una parte dei suoi territori in cambio della pace. L’Europa, infine, non dovrebbe dimenticare l’importante ruolo che la Russia ha avuto nel Vecchio Continente, rapporto che deve essere preservato per non consegnare definitivamente Mosca all’alleanza con Pechino.

Insomma, i filo-Putin, come vengono identificati quanti non sono consegnati alle follie della guerra a oltranza contro la Russia, sono tanti, anche nell’ambito atlantista, che sanno bene che tale follia, se non frenata, provocherà disastri inimmaginabili.

In tanti bellicisti, de no’antri e di altrove, si avverte la stessa vis bellica di tanto nazionalismo europeo che contribuì non poco a dare inizio all’inutile strage, come Benedetto XV definì la Prima guerra mondiale. Anche allora il refrain di tanto bellicismo era che la soluzione alle contrasti poteva trovarsi solo attraverso la guerra. E fu il disastro che pure tanti, dalla mente più lucida, avevano prefigurato. Si spera che la storia non si ripeta.