Siria: gli USA si comportano come la Russia, ma qui va bene
Tempo di lettura: 3 minutiTempo di lettura 4 minuti – Gli attacchi israeliani contro la Siria sono coordinati con gli Stati Uniti, riferisce il Wall Street Journal (1). Da anni Tel Aviv si esercita nel tiro al bersaglio contro il Paese confinante con i suoi jet, causando migliaia di vittime e distruggendo infrastrutture ed edifici civili.
Non un attacco in grande stile, perché sarebbe controproducente (si conterebbero anche vittime israeliane), ma uno stillicidio continuo, che ultimamente ha danneggiato seriamente anche l’aeroporto civile di Damasco, interrompendone la funzionalità.
Le giustificazioni di Tel Aviv
Tel Aviv giustifica questi attacchi come preventivi, per evitare che le forze iraniane si stabilizzino in Siria e il transito di armi da Teheran a Beirut, cioè a Hezbollah.
Si sente minacciata, così attacca. Mutatis mutandis è la stessa logica che ha portato la Russia ad attaccare l’Ucraina, ma questa logica, condannata nel caso ucraino, è legittimata nel caso siriano.
Peraltro le forze iraniane sono state invitate nel Paese per far fronte alla minaccia terroristica dell’Isis, presente nella zona curda controllata dagli americani, e di al Qaeda, che controlla la regione di Idlib con il placet Usa (Reuters). Senza un aiuto esterno, le forze siriane, stremate dalla lunga guerra, sarebbero impotenti contro il Terrore, che dilagherebbe di nuovo nel Paese facendo strame di civili, come evidenziano gli attentati che flagellano il Paese…
Le analogie con l’Ucraina non finiscono qui. “Gli agricoltori siriani stanno lottando nella provincia nord-orientale di al-Hasakah a causa della siccità e del divieto della vendita di grano alle aree del territorio controllate dal governo, imposto dalle autorità curde sostenute dagli Stati Uniti”.
Così Abdul-Hameed Karaku, capo di un sindacato di agricoltori siriani, le cui parole sono riportate da Dave DeCamp su Antiwar: “L’intervento straniero degli Stati Uniti e dei loro alleati e la siccità – continua Hameed Karaku – hanno messo nei guai gli agricoltori che devono affrontare ostacoli alla vendita dei loro prodotti”.
“Le difficoltà e l’assedio economico, così come l’embargo imposto dalle forze statunitensi, hanno spezzato la schiena ai contadini e hanno aggiunto un grosso peso a loro e ai loro figli”.
Due terzi del grano siriano è prodotto nelle aree controllate dai curdi, ma le autorità curde, in obbedienza ai diktat Usa, hanno vietato di vendere il grano nelle aree controllate da Damasco, mettendo in ambasce anche il restante popolo siriano, in un momento in cui il grano scarseggia in tutto il mondo.
Così, mentre gli Stati Uniti lanciano alti lai per il grano che l’Ucraina non può far uscire dai suoi porti (peraltro, non supportando lo sforzo Onu in tal senso), impediscono agli agricoltori siriani di fare lo stesso con i loro prodotti… Disgustosa ironia della propaganda.
La nuova aggressività turca in Siria
Un altro collegamento tra Siria e Ucraina è dato dall’attivismo della Turchia, che sta giocando di sponda tra Occidente e Oriente per riproporre il suo impero ottomano, stavolta in chiave mediorientale.
Non intruppandosi nella condanna contro Mosca e opponendosi all’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato, Erdogan sperava di poter riprendere l’operazione contro i curdi siriani, avviata e interrotta nel 2019.
Gli Stati Uniti, credeva, avrebbero chiuso un occhio in cambio di un placet all’ingresso dei due Paesi nella Nato, e la Russia non si sarebbe opposta perché l’indipendenza di Ankara dall’Occidente (spesa anche per ospitare negoziati russo-ucraini ormai naufragati) gli è vitale.
Non è andata così. Gli Stati Uniti si sono detti preoccupati della decisione turca, ma non hanno fatto troppo chiasso, mentre è stato chiaro il niet del Cremlino. Non solo, i militari russi e le forze curde dell’SDF si sono incontrate per discutere la situazione (al Manar). Un chiaro segnale ad Ankara.
A difesa dei curdi è sceso anche Assad, che si è detto pronto a fronteggiare l’aggressione turca (Sana Agency); una dichiarazione che i curdi, non fidandosi evidentemente degli Stati Uniti e dei suoi calcoli geopolitici, hanno accolto con favore, dicendosi pronti a coordinarsi con le forze siriane (nonostante vi si oppongano e fungano da ascari per conto degli Usa, che attraverso di essi controllano parte della Siria – quella dove si trova il petrolio).
Ieri un altro round di incontri ad Astana tra i protagonisti del rebus siriano, cioè Siria, Turchia, Iran e Russia, Da vedere se è riuscito a evitare questa nuova guerra.
Se riferiamo tali circostanze è anche per far intravedere quanto sia complicato il medio Oriente e come la politica estera dell’Occidente – al netto della retorica sulla democrazia, la pace e la libertà – si fondi sugli interessi, a volte anche i più biechi.
(1) Il Wall Street Journal riferisce che, pur collaborando con Israele negli attacchi contro obiettivi iraniani in Siria, gli Stati Uniti si sono premurati di non apparire, per evitare che tale attività possa nuocere al dialogo con l’Iran, che dovrebbe porre un freno allo sviluppo del nucleare di Teheran.
Detto questo, se il WSJ si ha dato questa notizia è appunto per porre criticità ulteriori in questo dialogo, che potenti ambiti americani e israeliani avversano.