20 Agosto 2022

Iran-Usa-Russia e il simbolo dello scambio di prigionieri

Iran-Usa-Russia e il simbolo dello scambio di prigionieri
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Nasser Kanaani

Il ministro degli Esteri iraniano Nasser Kanaani ha dichiarato che il suo Paese è pronto a uno scambio di prigionieri con gli Stati Uniti (Tansim). L’annuncio, che in altri tempi avrebbe avuto scarso rilievo, in questo momento assume un grande significato perché segnala che le possibilità di un accordo sul nucleare iraniano sono alte.

L’ultimo round dei negoziati di Vienna ha prodotto una bozza che è stata accolta favorevolmente da Teheran e ora la palla sta nel campo dell’amministrazione statunitense, che non lascia filtrare indiscrezioni.

Iran: momento favorevole per l’accordo sul nucleare

L’unico cenno sul punto è arrivato dal portavoce del Dipartimento di Stato americano Ned Price, il quale, nel corso di una conferenza stampa, ha dichiarato: “Non c’è dubbio che abbiamo differenze tattiche con i nostri partner israeliani quando si tratta di […] PACG [il trattato sul nucleare di Teheran, ndr]. E non c’è dubbio che quando si tratta dell’obiettivo strategico, dell’obiettivo generale, siamo completamente d’accordo”.

Dove quel cenno alle “differenze tattiche” sottintende le modalità con le quali impedire all’Iran di avere armi nucleari, non attraverso l’uso della forza, come sostiene Israele, ma con un accordo.

Nel riferire tale dichiarazione, il media iraniano iranintll.com spiega che si tratta anche una risposta implicita alla missiva inviata giovedì da Yair Lapid, riportata da Axios, il quale ha esortato gli Usa ad abbandonare il dialogo con l’Iran.

Se l’America può accogliere con cauto distacco l’esortazione del premier israeliano, è perché le sue preoccupazioni non rispecchiano quelle di Israele, ma di una sua parte, come indicano anche le dichiarazioni del generale Tamir Hayman, ex capo dell’intelligence militare, secondo il quale invece l’accordo, benché “negativo”, è necessario.

“La firma di un accordo – ha scritto Hayman su Twitter – garantirà con certezza che l’Iran non avrà nessun arma nucleare almeno fino al 2030, e anche successivamente gli impedirà di sviluppare capacità nucleari militari” (Timesofisrael).

Va inoltre registrato che non si segnala il consueto fuoco di sbarramento mediatico che in passato aveva accompagnato i momenti in cui le trattative di Vienna sembravano prossime a sbocciare in un’intesa.

Anche l’incendio mediatico acceso dall’aggressione di Salman Rushdie, che avrebbe potuto incenerire le attuali possibilità, si è rivelato un fuoco fatuo. L’aggressore si è rivelato un pazzo isolato. Nulla a che vedere con l’Iran, vicenda accantonata.

Peraltro, appare più che significativo il fatto la Cnn abbia riferito che l’Iran ha rinunciato alla sua linea rossa riguardante la cancellazione dei Guardiani della rivoluzione dalla lista del terrorismo internazionale.

La concessione di Teheran era nota, ne avevamo già scritto, ma non è stata mai riferita prima da un media mainstream. Il fatto che sia stata resa pubblica dalla Tv che è una sorta di televisione di Stato Usa appare un modo per preparare l’opinione pubblica americana alla firma dell’intesa con Teheran.

Ucraina: siamo prossimi a una svolta?

La criticità nucleare dell’Iran ne riecheggia un’altra, quella ucraina, dove la centrale atomica di Zaporizhzhia da alcuni giorni è sotto il tiro dei missili ucraini (d’altronde, fin dall’inizio della guerra ucraina abbiamo accennato che tale crisi e quella iraniana si richiamano a vicenda…).

Su quanto accade a Zaporizhzhia abbiamo già scritto, inutile tornarci su, dal momento che non ci sono novità di rilievo, con la situazione in stallo e un incidente radioattivo in stile Chernobyl sempre incombente, a cui si accompagna la stralunata indolenza dell’Occidente che, evidentemente connivente con Kiev, sa solo chiedere ai russi di ritirarsi, evitando accuratamente di ordinare ai suoi sudditi ucraini di non sparare sulla centrale.

Al di là del rischio connesso a tale follia, che se si realizzasse cambierebbe di molto l’attuale scenario ucraino (e mondiale), val la pena registrare quanto scrive – forse in maniera troppo ottimistica forse no – Melkulangara Bhadrakumar su Indian Punchline (articolo pubblicato anche sul sito del Ron Paul Institute).

Secondo Bhadrakumar la guerra ucraina sarebbe vicina a una svolta e si starebbe raggiungendo un’intesa. A segnalare tale possibilità diverse circostanze, tra le quali l’indiscrezione rilanciata da Friedman sul New York Times che abbiamo riferito in altra nota, ma che riportiamo nuovamente per la sua importanza: “in privato, i funzionari statunitensi sono molto più preoccupati per la leadership ucraina di quanto non facciano intendere. C’è una profonda sfiducia tra la Casa Bianca e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, molto più di quanto appaia”.

Bhadrakumar riporta anche le dichiarazioni del generale Vladimir Matveyev, capo dell’intelligence estera della Russia, alla recente Conferenza di Mosca sulla sicurezza internazionale.

In base alle informazioni raccolte da Mosca, ha detto il generale, “gli sponsor occidentali” del presidente ucraino Zelensky “l’hanno quasi abbandonato e stanno lavorando duramente per elaborare piani volti allo smembramento e all’occupazione di almeno una parte delle terre ucraine”. Illusione del generale o meno, val la pena riferirne, anche perché altri segnali, meno riservati, sembrano andare in tale direzione.

Ne segnaliamo alcuni: la recente intervista di Kissinger alla Cnn, alla quale l’ex Segretario di Stato ha ribadito la necessità di chiudere presto la guerra; la telefonata di ieri tra Macron e Putin, dopo mesi di distanza siderale; la visita in Ucraina del presidente turco Erdogan e del Segretario generale dell’Onu Guterres; infine, l’apertura improvvisa di Liz Truss, l’attuale ministro degli Esteri e forse prossimo premier britannico al posto dell’uscente Boris Johnson, la quale si è detta disposta a dialogare con Putin al G-20 che si terrà a novembre in Indonesia.

Infine, va menzionata la recente telefonata del Segretario di Stato Blinken al ministro degli Esteri russo Lavrov, che Bhadrakumar ricorda nel suo articolo e a cui fa seguire il commento che riportiamo si seguito.

“Nel frattempo, le agenzie di intelligence della Russia e di Washington stanno elaborando silenziosamente uno scambio di prigionieri […]. Nelle cronache della Guerra Fredda, tali scambi di solito predicevano una distensione”.

Un accenno che rimanda anche all’incipit della nostra nota.