Elisabetta: la regina che non ha mai visitato Israele
Tempo di lettura: 4 minutiUn articolo di Haaretz evidenzia un particolare ignoto ai più: la regina Elisabetta non è mai stata in Israele. Non un caso, ma una vera e propria distanza verso lo stato israeliano, tanto che il cronista si spinge a definirlo un “boicottaggio”.
Alle richieste di una spiegazione riguardo l’atteggiamento di sua Maestà, e su quando sarebbe terminata tale elusione, i rappresentati del Regno hanno sempre risposto, a nome della Casa reale: “Quando ci sarà una pace sostenibile”.
“Tutto ciò, ovviamente – prosegue il giornale israeliano – non ha impedito alla regina di visitare i Paesi arabi. Non ha mutato tale boicottaggio durante tutti i suoi 70 anni di regno, nonostante sia stata la leader che ha viaggiato di più nel mondo, con oltre 120 paesi visitati e circa un milione di miglia percorse nei suoi tour. ‘C’è un altro stato membro delle Nazioni Unite che i reali britannici hanno così costantemente e assiduamente snobbato in questo modo?’ si chiese Landau”, un cronista israeliano che più di altri tentò di spiegare tale mistero e di spingere la monarchia a rinunciare al suo atteggiamento.
La regina e la questione palestinese
“In realtà, alcuni reali britannici hanno visitato Israele nel corso degli anni – prosegue Haaretz – ma Buckingham Palace ha sempre fatto di tutto per chiarire che la visita non era né della Casa reale né ufficiale. Così è stato nel 1994, quando il principe Filippo venne a ricevere il premio Giusto tra le nazioni a nome della madre, che è sepolta a Gerusalemme”.
“Nel 1995 Carlo, allora principe di Galles, venne per partecipare al funerale di Rabin [e avvenne la stessa cosa ndr]. Un cambiamento avvenne solo nel 70° anniversario dell’indipendenza di Israele, caduto nel 2018, quando il principe William giunse in una visita definita ufficiale e però priva di significato. Due anni dopo suo padre Carlo, che presto sarà incoronato re, visitò in Israele il Quinto Forum Mondiale dell’Olocausto, che si tenne in occasione dei 75 anni dalla liberazione di Auschwitz. La regina, tuttavia, ha sempre conservato il suo boicottaggio”.
Su tale distacco reale, tante le spiegazioni, tra le quali anche alcune immancabili accuse di anti-semitismo, discendenti da alcuni episodi oscuri della seconda Guerra mondiale, che però appaiono solo vacui estremismi dal momento che si vorrebbe far ricadere, a torto, su Elisabetta, le colpe vere e/o asserite di altri reali britannici.
Tra l’altro, annota Haaretz, “i fan della regina, invece, si affrettano a far notare a suo ‘favore’ che un mohel ebreo circoncise il figlio Carlo, nella migliore tradizione della famiglia reale, derivante da una pretesa discendenza davidica” (cenno che disvela un particolare inedito del nuovo re).
Interessante la conclusione dell’articolo che dipana il mistero della distanza di Elisabetta dallo Stato israeliano: “Il momento in cui si è più avvicinata a visitare Israele è stato nel 1984, quando visitò la Giordania, viaggio in cui ricevette alcune informazioni considerate ostili a Israele. Tra le altre cose, le cronache riferiscono che Sua Altezza rimase turbata quando alcuni jet israeliani passarono sulla la sua testa mentre guardava la Cisgiordania dall’altra parte del fiume. ‘Che paura’ mormorò. La moglie di re Hussein, la regina Noor, rispose: ‘È terribile’. Più tardi, quando le è fu mostrata una mappa della Cisgiordania, con su segnati gli insediamenti [ebraici], Elisabetta esclamò: ‘Che mappa deprimente'”.
L’agiografia della regina: eccessiva, ma in fondo giusta
Insomma, la vera ragione del distacco reale era la questione palestinese, ancora irrisolta. Un lato della biografia di Elisabetta poco menzionato in questi giorni in cui la sua figura viene descritta in termini forse un po’ troppo agiografici.
In realtà, la sua vita non fu solo luci, giacché conobbe anche ombre, com’è normale quando si ha un potere tanto grande e tanto intrecciato con la storia. Così qualcuno ha ricordato anche quando Elisabetta si spinse a prendere un the con il generale Pinochet, finalmente perseguito dalla magistratura, per l’esattezza dallo spagnolo Baltasar Garzón per i suoi crimini, offrendogli una qualche copertura,
Ma è sempre bene rimanere nell’ambito della massima latina che recita de mortuis nihil nisi bonum, ricordando, peraltro, l’ultimo capolavoro politico di Elisabetta, la Brexit. La rescissione dei legami tra Gran Bretagna e Unione europea, infatti, forse non sarebbe mai avvenuta senza il suo tacito, regale, sostegno.
Nel caso specifico, Elisabetta ebbe a dare un decisivo contributo in quella battaglia titanica, nella quale si è trovata contro quasi tutto il potere reale del pianeta (si era nel floruit della globalizzazione).
Una battaglia che sembrava impossibile vincere e che fu feroce e senza esclusione di colpi, tanto che, dopo il referendum, fece il giro del mondo la battuta che ella si concesse nel suo primo incontro ufficiale: “Sono ancora viva“.
Ora che viva non è più, crediamo che si debba rendere il dovuto omaggio all’ultima figura politica in circolazione che abbia visto con i propri occhi, e dalla parte giusta, gli orrori della seconda guerra mondiale. Tragedia che l’ha accompagnata nei suoi lunghi anni di regno.
Infine, ci sia concessa una nota di colore: Liz Truss rischia di essere bollata come porta-sfiga dal popolo britannico, per la quale Elisabetta, più che una regina, era un simbolo di stabilità buona.
Infatti, le condizioni della regina sono “improvvisamente precipitate” nella notte di mercoledì, poco dopo aver incontrato la nuova improbabile premier del Regno unito.