L'aggressione al marito di Nancy Pelosi. Resoconti e domande (2)
Tempo di lettura: 5 minutiL’aggressione al marito della speaker della Camera Nancy Pelosi, dopo aver provocato un terremoto mediatico e politico, come ovvio che fosse, inizia a perdere mordente.
Diversi analisti avevano predetto che avrebbe avuto una qualche influenza in vista delle elezioni dell’8 novembre, quando l’elettorato americano dovrà eleggere nuovi rappresentati di Camera e Senato, un effetto analogo a quello delle october surprise, usuali nelle elezioni Usa (avvenimenti che, a ridosso del voto, creano un’onda elettorale favorevole all’uno o all’altro partito).
Casa Pelosi: Il pazzo e la sicurezza
Nel caso specifico, confermando la narrazione mainstream favorevole ai democratici di un elettorato repubblicano intossicato dagli estremismi, avrebbe giocato in sfavore del GOP.
E però l’effetto è stato di breve durata, sia perché i repubblicani si sono affrettati a condannare l’aggressione e a invitare i cittadini alla calma, sia perché i media alternativi hanno dato letture diverse all’accaduto.
Certo, le autorità e i media più importanti hanno fatto a gara a condannare tale letture come cospirazioniste, e molte di esse lo sono effettivamente, ma nonostante le smentite, la versione ufficiale ne è uscita scalfita.
Ciò perché tante domande restano inevase, prima fra tutte come è possibile che un pazzo possa entrare nella residenza di una delle più alte cariche politiche dell’Impero indisturbata.
La spiegazione ufficiale, che la Sicurezza vigila solo sulla moglie Nancy, non convince. La residenza di una figura tanto importante deve avere per forza una vigilanza stabile, seppur minore in assenza dell’interessata. Intrusi possono piazzare bombe, cimici e altro in sua assenza; o minacciare i familiari, come avvenuto.
E ciò a maggior ragione per quel che sostengono i media mainstream, cioè il dilagare in America di un estremismo violento, nel quale si registrano ripetute minacce ai politici, tra i quali la più bersagliata sarebbe proprio la Pelosi.
Riportiamo, in proposito un tweet dell’avvocatessa Harmeet K. Dhillon: “Il mio studio ha intentato una causa contro Paul Pelosi a San Francisco dopo aver tentato di darne informazione in altre [sue] residenze: Napa, Georgetown. Non si trovavano a casa, ma c’era il personale e molti agenti delle forze dell’ordine erano nel perimetro. L’irruzione è strana, dato questo livello di sicurezza”.
Ma anche ammettendo che la residenza non avesse una Sicurezza di Stato in assenza della speaker della Camera, sembra impossibile che non abbia almeno un allarme, che avrebbe dovuto scattare a seguito dell’intrusione.
Ne hanno tante case di cittadini comuni, possibile che non sia stato piazzato in una residenza tanto importante e al centro del mirino, soprattutto se è vero che la Sicurezza si allontanava da essa al seguito della signora Pelosi?
Nel suo report su quanto avvenuto, il New York Times raccoglie anche testimonianze di alcuni vicini e riferisce la situazione del quartiere. In tale articolo si legge un particolare interessante: “Il quartiere è uno dei più ricchi di questa città, nella quale si riversa la ricchezza della Silicon Valley. Molti residenti pagano un servizio privato, Pacific Heights Security, per proteggere le loro case di notte, integrando la vigilanza della polizia cittadina”.
Sembra che i più tranquilli del quartiere fossero proprio le persone che meno avrebbero dovuto esserlo, dal momento che ad attrarre i malintenzionati a violare la casa dei Pelosi, oltre ai soldi, potevano essere anche moventi politici.
La ricostruzione dei fatti: alcune perplessità
Un altro particolare curioso, corroborato da foto aeree, è stato riferito dal New York Post: “Le foto aeree della proprietà Pelosi sembrano mostrare schegge di vetro rotto che ricoprono la passerella di mattoni fuori da una porta-finestra in frantumi, come se fosse stata infranta dall’interno verso l’esterno. La polizia di San Francisco ha rifiutato di commentare la cosa”.
La polizia ha forse una spiegazione a tale mistero, ma, non avendo voluto rilasciare dichiarazioni in proposito, restano i dubbi.
Il fatto è che la polizia, in questa vicenda, non ha fatto una gran bella figura, non solo perché l’aggressione è avvenuta davanti agli occhi degli agenti, ma anche per le poche informazioni rilasciate, da cui le tante versioni circolate.
L’aggressore sarebbe stato trovato in mutande, cosa che ha fatto supporre a tanti un rapporto intimo con l’aggredito, ma la notizia è stata poi smentita. Come è stata smentita la notizia che, arrivati sul luogo, ai poliziotti che avevano suonato alla porta abbia aperto una terza persona, non identificata.
Ma sull’arrivo della polizia non è tanto importante chiarire se in quella casa c’era o non c’era una terza persona, ma se la polizia ha fatto irruzione, come sembra, o ha davvero suonato alla porta (dai report non si comprende con chiarezza).
Nel caso di un’irruzione ci dovrebbero essere le prove di uno sfondamento (anche perché sembra probabile che una casa tanto importante ponga a proprio presidio porte ben salde, magari blindate) e a oggi non abbiamo contezza di tale particolare.
Né sappiamo se il particolare sarà approfondito, ma è importante, perché sta o cade tutta la versione degli agenti. Se qualcuno gli ha aperto, la versione in cui i poliziotti hanno trovato aggredito e aggressore alle prese con un martello non regge.
Restano poi le perplessità, accennate in altra nota, riguardo al ritardo con cui gli agenti sono intervenuti, permettendo all’aggressore non solo di strappare dalle mani dell’altro il martello, ma di colpirlo più volte.
Certo, in realtà, la versione della polizia dice che è stato colpito “almeno una volta”. ma tutti i media riferiscono che il marito della Pelosi, in seguito, “ha subito un intervento chirurgico per riparare una frattura al cranio e altre lesioni”. Così il New York Times.
Altri media mainstream specificano che tali lesioni sono alle braccia e alle mani del malcapitato. Difficile fare tanti danni con un colpo solo… possibile che la versione della polizia voglia nascondere l’imbarazzo per la goffaggine dell’intervento, ma tanta goffaggine resta davvero inspiegabile.
Le stranezze dell’aggressore
Un altro particolare, sempre riferito dal Nyt, suscita interrogativi. L’aggressore, David Depape, infatti, non è stato subito spedito in carcere, ma “è stato ricoverato in ospedale a causa di ferite la cui natura non è stata rivelata”. Ma come, il reo di un reato tanto grave non viene sbattuto subito in cella? Anche le prigioni hanno ospedali…
Resta poi un’altra domanda, già accennata in altra nota, Riportiamo dal New York Times: “Prima che si verificasse l’assalto, l’intruso ha affrontato il signor Pelosi, gridando: ‘Dov’è Nancy? Dove sei, Nancy?’. Parole stranamente simili alle minacce rivolte contro la Pelosi quando una folla fedele all’ex presidente Donald J. Trump ha preso d’assalto il Campidoglio il 6 gennaio 2021, irrompendo nel suo ufficio mentre il suo staff si barricava in una stanza interna”.
“’Dove sei, Nancy? Ti stiamo cercando!’ gridò un uomo quel giorno, mentre la folla imperversava nell’edificio. ‘Nancy! Oh, Nancy! Dove sei, Nancy?'”.
La cerca di Nancy da parte di Depape, riferita da tutti i media del mondo, ha creato subito una suggestiva liason tra l’aggressore e Trump. Ma non si capisce chi l’abbia riferita. Non certo il marito della Pelosi al momento dell’arrivo della polizia, che, come riferiscono i rapporti, stava cercando di contrastare la presa dell’aggressore sul martello.
Né l’aggressore, dal momento che aveva avuto modo, stando da tempo in casa, di constatare che Nancy non c’era. Resta solo la possibilità che Paul Pelosi l’abbia detto dopo l’aggressione… con il cranio fratturato, tanto da dover subire un’operazione per rimettere in sesto le ossa rotte? La resilienza dell’ultraottantenne ne risulterebbe miracolosa.
Infine, anche la descrizione del trumpiano di ferro, che emerge da quanto Depape avrebbe scritto sul suo blog, stride col profilo del personaggio. Frequenta feste di nudisti, vende e ha problemi di droga, ma soprattutto stride con la sua residenza.
Così Il NYP: “DePape viveva in uno scuolabus giallo fatiscente sulla strada di fronte alla casa di Taub a Berkeley [la Taub è un’amica]… una scritta Black Lives Matter e una bandiera che combina i simboli delle foglie di marjuana e l’arcobaleno LGBTQ decorano la proprietà disseminata di detriti”. Quantomeno il personaggio era alquanto confuso, essendo quelli descritti simbolismi invisi, a dir poco, ai militanti trumpiani e propri dei loro avversari.
Infine, particolare curioso, il marito della Pelosi ha dato l’allarme chiamando al telefono dal suo bagno, dove si trovava il suo cellulare, messo lì a caricare. Aggressore gentile, che permette alla vittima di andare al bagno indisturbato, col rischio che vi si barricasse dentro.
Non accediamo a tesi cospirazioniste. Ma constatiamo che la versione ufficiale ha tanti buchi e suscita altrettante domande.