I missili caduti in Polonia e i negoziati segreti
Tempo di lettura: 4 minutiNon è un caso che i missili piovuti in territorio polacco siano stati lanciati al termine del G-20, dove evidentemente qualcosa, nel segreto, si è mosso per eliminare i rischi di escalation, o forse, addirittura, per chiudere questa follia.
Chi cercava l’escalation è stato servito. I missili di ieri fanno il paio con l’attentato avvenuto a Istanbul, che non certo a caso è stato compiuto il giorno precedente l’incontro segreto tra il capo della Cia e il suo omologo russo nella capitale turca. Anche in questo incontro era a tema la necessità di evitare l’escalation, come spiegava, ovviamente attenendosi alla narrazione occidentale, il Washington Post.
L’attentato era un “messaggio“, come ha dichiarato il ministro dell’Interno turco, e il messaggio era chiaro: la bomba di Istanbul aveva come obiettivo le prospettive di de-escalation, come anche i missili caduti in Polonia.
Per fortuna, come sta facendo fin dall’inizio della guerra, Biden ha frenato, dichiarando che “informazioni preliminari” di cui era in possesso indicavano che il missile non era stato lanciato dalla Russia.
Tra provocazioni e trattative
Sul punto, il New York Times scriveva che “Zelensky, il quale vuole un più ampio coinvolgimento della NATO, ha dichiarato che la Russia ha commesso un ‘attacco alla sicurezza collettiva’, accennando all’articolo 5” dell’Alleanza, che obbliga gli Stati membri a difendersi reciprocamente.
Siamo alla mercé di un circolo di criminali internazionali che vogliono precipitare il mondo in una guerra di larga scala, usando, allo scopo, il burattino di Kiev, che si è avventato sull’occasione piovuta dal cielo, è il caso di dirlo, nulla importando della realtà dei fatti (particolare istruttivo).
Per fortuna, oltre all’autorevole dichiarazione di Biden, confortato da altre indiscrezioni provenienti dagli apparati Usa (Associated Press), a confutare la paternità russa dei missili sono state anche le autorità polacche, che hanno detto parlato di uno “sfortunato incidente” causato probabilmente da un missile ucraino.
Nonostante tutto, però, la Nato si è riunita in emergenza, come se davvero si fosse trattato di qualcosa di serio, denotando il nervosismo e la voglia di protagonismo della quale è preda da quanto la crisi ucraina gli ha regalato un indebito ruolo politico globale del tutto arbitrario e pericoloso per la stabilità del mondo e per la tenuta della democrazia occidentale.
La nuova criticità coincide, appunto, con una svolta del panorama internazionale riferita da Ted Snider su Antiwar: “C’è una crescente pressione per avviare i negoziati. Molti esponenti dell’amministrazione Biden vogliono trattative per un cessate il fuoco. Il fatto che Sullivan ‘all’interno dell’amministrazione sia notoriamente a favore di una linea di comunicazione con la Russia, anche se altri importanti esponenti politici ritengono che nell’attuale situazione diplomatico-militare i negoziati non sarebbero fruttuosi’ potrebbe spiegare perché lui, e non il Segretario di Stato Antony Blinken, come invece prevedibile, sia andato a Mosca e Kiev” [il corsivo è nostro… quando???].
“Il Pentagono sembra spingere per i colloqui. Il 10 novembre il presidente del Joint Chiefs of Staff, il generale Mark Milley , ha affermato che il ritiro russo da Kherson, unito all’attuale situazione di stallo, ‘può dare a entrambi i paesi l’opportunità di negoziare la pace’. ‘Quando c’è un’opportunità di negoziare, quando la pace può essere raggiunta’, ha detto Milley, ‘coglila’”.
“Anche il Regno Unito ha recentemente affermato di essere ‘pronto ad aiutare’ se ‘Ucraina e Russia si impegnano per risolvere il conflitto’. E Germania e Francia hanno invitato l’Ucraina a essere più flessibile”. A queste prese di posizione si aggiungono le analoghe pressioni dei Brics, tra i quali spicca la disponibilità espressa dal nuovo presidente brasiliano Lula da Silva per un ruolo di mediatore.
Le conferma di Politico
Anche Politico conferma, con cautela, la nuova disposizione dei membri dell’amministrazione Usa, spiegando un conto è quanto dicono in pubblico, altro è il privato e che il generale Milley ha avuto il torto di rendere pubblico quel privato. Ne è nata una tempesta nei rapporti con Kiev, che si è sentita scaricata, con gli Stati Uniti costretti a ribadire, pubblicamente, le usate posizioni.
Nella nota di Snider, un passaggio più che significativo: “I funzionari del Dipartimento della Difesa affermano che quanto accaduto nella regione di Kherson è un esempio dei duri combattimenti che ci attendono. Combattere attraverso il fiume [Dniepr] per cercare di riconquistare il territorio sulla sponda opposta è un’operazione militare difficile”.
“Perché non iniziare a parlare di [colloqui di pace] prima di gettare altre 100.000 vite nell’abisso?” ha detto un altro funzionario statunitense. Anche perché, come sottolinea l’articolo, il successo di tale offensiva è dubbio.
E qui sta il punto: siamo alle prese con una macelleria ad alto rischio escalation, della quale non abbiamo informazioni credibili neanche sul numero dei morti che sta costando. Sappiamo solo che tale numero è spaventoso. Un’inutile strage che tutti sanno che non porterà l’Ucraina alla vittoria, come ha detto chiaramente Milley dando voce alla Difesa americana.
Oggi Biden, presumibilmente per placare i falchi che ieri si sono sentiti traditi dalle sue dichiarazioni sui missili caduti in Polonia, ha promesso un’altra pioggia di aiuti all’Ucraina, ma proprio sugli aiuti è interessante la conclusione di Politico: “Biden ha espresso la sua fiducia che gli aiuti continueranno a fluire anche con la Camera controllata dai repubblicani. Ma è possibile che l’aumentare delle richieste di colloqui Ucraina-Russia da parte di funzionari statunitensi possa spaventare gli ucraini inducendoli a ritenere che Washington non la sosterrà a lungo termine”. Timore fondato.
Fin qui sono cose che avevamo già scritto. Se ci ripetiamo è perché ci sembrava opportuno riferire le conferme provenienti da altre fonti. Ma Ted Snider nel suo articolo aggiunge un tassello di grande rilevanza riguardante il G-20.
Subito dopo l’annuncio di Putin sulla sua assenza al vertice, che ha eliminato dal tavolo la possibilità di un incontro con Biden abbassando le tensioni che si stavano accumulando sul summit, il presidente Usa ha annunciato che avrebbe incontrato Xi Jinping, il “partner strategico della Russia”.
Un uno-due che suggerisce, secondo Snider, che Xi e Biden, nelle “conversazioni segrete di backchannel”, avrebbero cercato di delineare una via di uscita dal tunnel ucraino. Ipotesi niente affatto aleatoria.
Ps. Ieri Trump ha annunciato la sua ricandidatura alle presidenziali del 2024. Sarebbe stata la notizia del giorno, ma è stata oscurata dai missili caduti in Polonia.