Parlando al G-20 di Bali Zelensky ha escluso che possa ripetersi un accordo con i suoi attuali nemici in stile Minsk, un concetto ribadito alcuni giorni dopo da Putin. Pare questa l’unica cosa sulla quale i duellanti concordano, annota Ted Snider in un articolo pubblicato su Responsible Statecraft. E ciò, ovviamente, complica non poco le prospettive di pace. Questo, in sintesi, il contenuto della nota, il cui interesse precipuo risiede, però, nel modo con cui il cronista ripercorre il fallimento di quell’accordo.
Da piazza Maidan agli accordi di Minsk
Gli accordi di Minsk del 2014 (cui seguì il secondo nell’anno successivo) mise fine alla guerra iniziata quell’anno, quando Kiev, dopo la rivoluzione di Maidan, o colpo di Stato che dir si voglia, decise di riprendersi manu militari le regioni del Donbass che avevano dichiarato la loro autonomia dalla capitale e chiesto trattative sul loro status. Una guerra che vide i russi sostenere i ribelli e la Nato Kiev.
Gli accordi di Minsk, scrive Snider, “hanno dato la migliore soluzione diplomatica possibile alla crisi. Mediato da Francia e Germania, concordato tra Ucraina e Russia e accettato da Stati Uniti e Nazioni Unite, l’accordo aveva lo scopo di restituire pacificamente il Donbass all’Ucraina accordandogli, però, una piena autonomia. In particolare, l’accordo di Minsk II aveva promesso l’autonomia al Donbass all’interno dell’Ucraina. La prospettiva della neutralità e la questione dell’adesione alla NATO avrebbero dovuto essere esaminate in un secondo momento”.
“L’ex ambasciatore degli Stati Uniti in Unione Sovietica Jack Matlock ha recentemente affermato che ‘la guerra si poteva evitare […] se l’Ucraina avesse rispettato l’accordo di Minsk, che prevedeva il riconoscimento del Donbass come entità autonoma all’interno dell’Ucraina, di evitare che consiglieri della la NATO [operassero nel Paese] e di impegnarsi a non entrare nella NATO”.
Zelensky, ricorda Snider, a Bali ha dichiarato che era stata la Russia a violare l’intesa. “Ma le parole di Zelenskyj a Bali – spiega Snider -, sebbene scelte con accuratezza dato il pubblico al quale si rivolgeva, non riflettevano la storia. Non è stata la Russia a utilizzare il tempo previsto dall’accordo per rafforzare le proprie forze prima di violare l’accordo. È stata l’Ucraina”.
Poroshenko, Zelensky e gli accordi di Minsk II
“Ma per mantenere la sua promessa, Zelensky doveva godere del sostegno degli Stati Uniti. Non l’ha ottenuto. Abbandonato e sotto pressione, Zelensky ha rifiutato di dare seguito all’accordo. E, successivamente, gli Stati Uniti non sono riusciti a costringerlo a ritornare sulla strada della diplomazia” [tale riferimento è relativo alla presidenza Trump, che ha spinto Kiev a cercare un’intesa con Mosca ndr].
“Il professor Richard Sakwa, esperto di politica russa ed europea presso l’Università del Kent, ha dichiarato a RS che ‘per quanto riguarda Minsk, né gli Stati Uniti né l’UE hanno esercitato serie pressioni su Kiev affinché adempisse alla sua parte dell’accordo’.
“Anatol Lieven, direttore del programma Eurasia presso il Quincy Institute for Responsible Statecraft, è d’accordo. Sebbene gli Stati Uniti abbiano ufficialmente approvato Minsk, ha detto Lieven a RS, ‘non hanno fatto nulla per spingere l’Ucraina a realizzarlo'”.
“Zelensky – continua il cronista – non è stato il primo presidente ucraino a non attuare l’accordo di Minsk. In effetti, è probabile che il presidente ucraino Pyotr Poroshenko possa averlo negoziato senza avere alcuna intenzione di realizzarlo.
“Nel maggio del 2022, Poroshenko ha dichiarato infatti al Financial Times che l’Ucraina ‘non aveva affatto forze armate’ e che il ‘grande risultato diplomatico’ dell’accordo di Minsk è stato che ‘abbiamo tenuto la Russia lontana dai nostri confini e […] anche allontanato la prospettiva di una guerra aperta. In altre parole, l’accordo ha dato all’Ucraina il tempo per costruire un proprio esercito'”.
“Poroshenko ha ribadito il concetto dichiarando ai media ucraini e ad altri organi di informazione: ‘Abbiamo ottenuto tutto ciò che volevamo. Il nostro obiettivo era, in primo luogo, fermare la minaccia, o almeno ritardare la guerra, assicurandoci otto anni per ripristinare l’economia e creare delle potenti forze armate’”
Si tenga presente quel cenno agli otto anni…l’intervista è del 2015, ma la guerra è iniziata esattamente otto anni dopo Minsk. Ciò potrebbe avvalorare le tesi di chi sostiene che Putin avrebbe attaccato prima che Kiev, che in già quei giorni aveva avviato una campagna contro il Donbass, procedesse con un’invasione di ampio scala della regione russofona innescando uno scontro diretto con la russia.
Le responsabilità della Russia
“Per alcuni la Russia – continua Snider – condividerebbe la colpa del fallimento dell’accordo perché si è sottratta alle sue responsabilità dichiarandosi solo un facilitatore dell’accordo piuttosto che una parte, che [secondo Mosca ndr] riguardava soltanto l’Ucraina e le Repubbliche separatiste di Luhansk e Donetsk”.
Mosca non è accusata solo di questo, continua Snider. Infatti, “la Russia avrebbe dovuto anche ritirare tutti i suoi militari dal Donbass, se l’Ucraina avesse approvato una legge che garantiva l’autonomia della regione. Ma, dato che l’Ucraina non ha mai approvato una legge del genere, non sapremo mai se la Russia avrebbe mantenuto la sua promessa”.
In tempi più recenti, prosegue il cronista, “Putin ha affermato che accettare l’accordo di Minsk era stato un errore che non avrebbe ripetuto […] Dmitry Trenin, professore alla Higher School of Economics di Mosca, sottolinea che quando la Russia ha annesso la Crimea nel 2014, Putin ha agito ‘su mandato del parlamento russo, che aveva autorizzato l’uso della forza militare in Ucraina e non solo in Crimea’. Ma Putin si è fermato prima di annettere il Donbass e ha accettato, invece, l’autonomia del Donbass all’interno dell’Ucraina ai sensi dell’accordo di Minsk'” [peraltro, si può aggiungere che allora avrebbe potuto prendere agevolmente Kiev, il cui esercito era stato incenerito ndr].
“Putin è stato aspramente criticato dagli estremisti del suo Paese per non essere andato oltre l’annessione della Crimea occupando anche il Donbass. Lieven ha detto a RS che gli intransigenti criticano Putin per essersi fidato delle promesse di Francia e Germania che si sono fatte garanti dell’attuazione dell’accordo di Minsk”.
“In una sua recente dichiarazione , Putin ha affermato di essersi sbagliato. ‘Oggi è diventato ovvio che questa riunificazione [del Donbass con la Russia] avrebbe dovuto avvenire prima’”.
“Ma nel 2014, ha detto Putin , ‘credevamo che saremmo riusciti a raggiungere un’intesa, e Lugansk e Donetsk si sarebbero potute in qualche modo integrare nell’Ucraina in base agli accordi di Minsk'”.
Il mistero dell’invasione russa
Snider conclude affermando che tale errore non giustifica l’invasione dell’Ucraina, e forse ha ragione, anche se sull’iniziativa di febbraio resta ancora tanto mistero, evidenziato dal fatto che essa è stata condotta con un contingente militare del tutto incongruo, cosa che tanti analisti occidentali spiegano col fatto che avesse ricevuto rassicurazioni dal suo servizio segreto sul fatto che la pressione su Kiev avrebbe innescato un colpo di Stato e portato al potere un governo non ostile a Mosca.
Una spiegazione che non convince. Putin sa come gira il mondo e sapeva perfettamente che se l’Occidente avesse voluto ostacolare tale progetto, questo non aveva alcuna speranza di riuscita, dal momento che tutto l’apparato di intelligence e militare di Kiev, necessari per portare a termine un golpe, erano stati costruiti dalla Nato in quegli otto anni e da questa gestiti.
Per inciso dobbiamo ricordare che gli otto anni sopra citati sono un ipotesi di minima ma che la decisione di appoggiare l’Ucraina in funzione anti-Russa è stata presa nel 2008, come ha recentemente ricordato Stoltemberg “abbiamo ribadito la decisione che abbiamo preso nel 2008, a Bucarest, a quel vertice, sul fatto che l’Ucraina diventi un membro della NATO”.
Resta quindi in campo solo un’altra ipotesi, che cioè avesse ottenuto il via libera da qualche potente ambito occidentale. Un’ipotesi che potrebbe spiegare perché Biden prima della guerra, sollecitato in proposito, avesse più volte energicamente escluso che Washington avrebbe difeso Kiev; perché gli Stati Uniti avessero chiuso l’ambasciata a Kiev alcuni giorni prima dell’invasione; e perché, subito dopo l’attacco, avessero chiesto a Zelensky di allontanarsi da Kiev per riparare a Leopoli, cosa che avrebbe spianato la strada a un eventuale colpo di Stato.
Un accordo sottobanco, indimostrato e indimostrabile, che i garanti dello stesso non sono riusciti a mantenere, sopraffatti dai falchi che hanno sequestrato Zelensky. Il niet di quest’ultimo a riparare a Leopoli è stato il segnale che tutto era perduto. Ed è iniziata la mattanza.