22 Febbraio 2023

Biden e Putin: la disfida dialettica e la Terza guerra mondiale

Biden e Putin durante i rispettivi discorsi di ieri. Biden e Putin: la disfida dialettica e la Terza guerra mondiale
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In costanza dell’anniversario dell’inizio della guerra era ovvio che assistesse a un crescendo di tensioni verbali. E il crescendo è stato servito, con la visita di Biden a Kiev e i discorsi incrociati di Putin e dello stesso Biden nella successiva visita a Varsavia.

Un crescendo nel quale si registra un’ulteriore frattura, con Putin che ha deciso per la sospensione del Trattato Start (sospensione non ritiro). Sospensione che ha motivato spiegando che la crescente dialettica, non solo verbale, tra Occidente e Russia richiede una nuova formulazione dello stesso che comprenda anche l’arsenale francese e britannico (molto interessante il cenno del Segretario di Stato Usa Tony Blinken sulla disponibilità a parlare con Mosca sugli armamenti strategici).

Il piano di pace cinese può attendere

Nel fragore della dialettica è impossibile rinvenire tracce di de-escalation, al di là della richiesta americana, accolta dai russi, di evitare di bombardare Kiev durante la visita di Biden, cosa che non ha impedito a Kiev di far suonare a distesa l’allarme anti-aereo durante la stessa, per dare allo show una cornice adeguata.

Il fatto che nessun media abbia annotato l’assenza di bombardamenti russi dà al particolare un significato ulteriore, perché rende l’idea di quanto questo conflitto sia spettacolarizzato, cosa che crea una cortina fumogena che impedisce un serio approccio alla realtà e rende più difficile adire a vie di pace.

In altra nota avevamo accennato al lavorio cinese per un piano di pace, che avrebbe dovuto essere oggetto di dialogo durante la visita moscovita del ministro degli Esteri di Pechino.

A Mosca Wang Yi ha riportato gli esiti dei colloqui che ha intrecciato in vario modo, soprattutto nell’ambito della Conferenza per la Sicurezza di Monaco. Tra i vari leader consultati da Wang YI anche il Ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, il quale ha dichiarato: “L’Ucraina e la Cina hanno mantenuto i contatti durante tutto l’anno passato […] l’Ucraina apprezza lo status della Cina e la sua importante influenza sulla scena internazionale, nonché la posizione della Cina su una soluzione politica alla crisi. L’Ucraina si aspetta che la Cina seguiti a conservare il suo ruolo costruttivo”.

Ma perché qualcosa possa accadere a tale livello occorre attendere tempi migliori. A oggi tutti si aspettano che a primavera il conflitto aumenti di intensità, o per un’offensiva russa o per una controffensiva ucraina. Nulla accadrà prima dell’esito dell’una o l’altra iniziativa, sempre che le attese siano veritiere.

Munizioni per Kiev?

Per tornare alla visita di Biden a Kiev è interessante il commento di alcuni esperti cinesi sull’aiuto promesso a Zelensky nell’occasione: “È patetico che il presidente degli Stati Uniti offra solo 500 milioni di dollari come ‘sostegno significativo’, perché tali soldi saranno spesi probabilmente in solo una o due settimane”. Con la retorica non si fanno le paci, ma non si vince nemmeno la guerra.

Interessante, sul punto, un passaggio di un’intervista al media polacco Myšl Polska dell’ex analista dell’intelligence militare Scott Ritter,  il quale riferisce che “secondo Jens Stoltenberg, [la Russia] ha già vinto. In una guerra dove l’enfasi è sull’artiglieria, se una parte è senza munizioni, l’altra parte vincerà. L’Ucraina finirà le munizioni di artiglieria in estate. La NATO non ha la capacità di fornirle. È finita. Indipendentemente da quanto si dice in Occidente sulla Russia, tutti sanno che l’Ucraina è già sconfitta. L’esercito russo è diventato più forte e sta preparando un’offensiva vincente”.

Probabilmente esagera, ma è un fatto che Kiev stia chiedendo con sempre maggiore insistenza munizioni (si ricordi quando tutti i media dicevano che la Russia non aveva più proiettili…).

Sul punto riportiamo un passaggio di un articolo di Politico: “Anche se i leader occidentali si congratulano con se stessi per la loro generosità nei confronti dell’Ucraina, le forze armate del Paese stanno esaurendo le munizioni, le attrezzature e persino gli uomini“.

L’Europa e gli Stati Uniti hanno dato rassicurazioni sul punto, ma dare concretezza a tali rassicurazioni è arduo, dal momento che le aziende produttrici non sono attrezzate per fornire tanto materiale in così poco tempo. E il cambio di passo a breve è problematico.

Così la visita di Biden in Polonia potrebbe rappresentare il canto del cigno del sostegno americano a Kiev. Un modo per dimostrare al mondo e al suo elettorato la sua determinazione prima di abbandonare il Paese al suo destino.

Ma Biden è solo uno dei giocatori di questo gioco al massacro. E neanche il più influente, soprattutto se non sarà lui il prossimo candidato alla Casa Bianca per i democratici, come vorrebbe l’establishment del partito (ma ad oggi non ci sono alternative).

Biden a Varsavia e la Terza guerra mondiale

In attesa degli sviluppi, la visita di Varsavia di Biden, al di là della disfida simbolica con Putin, è servita a due scopi. Il primo è concretizzare il sogno neocon, vagheggiato fin dalla presidenza di George W. Bush, di fare dell’Europa dell’Est, a guida polacca, il gendarme della Sicurezza europea, sia nei confronti della Russia sia nei confronti dell’Europa occidentale, ormai costretta a stare a rimorchio di Varsavia sul tema.

Il secondo è compattare l’Europa saldamente sotto la leadership americana. Mission perfettamente riuscita. Resta il piccolo particolare che il conflitto possa trasformarsi in una guerra nucleare. Ma questo, a quanto pare, all’America non interessa, derubricando tale rischio a pura appendice di una tematica più seria, cioè la lotta tra democrazia e autocrazia, libertà e dittatura. Dimenticando, al netto anche della retorica del caso, che se finisce l’umanità non ci sarà né l’una né l’altra.

A quanto pare, in Occidente solo Trump, e Berlusconi nel suo piccolo, hanno il coraggio di parlare apertamente di tale rischio, uscendo dall’angusta ridotta del mantra sulle armi a Kiev (che servirebbero a fare la pace… una distopia orwelliana).

Così l’ex presidente Usa: “Se osservate e comprendete i passi che Biden sta compiendo sull’Ucraina, [potrete capire] che ci sta sistematicamente, anche se forse inconsciamente, spingendo verso quella che potrebbe presto diventare la terza guerra mondiale. Non è pazzesco?”. Bizzarro che l’unico leader lucido e coraggioso d’Occidente, almeno sul tema, sia etichettato come un pericoloso folle. Ma così è.