“Molte nazioni non occidentali hanno avuto le loro delusioni per come i paesi occidentali hanno trascurato le crisi che questi attori ritenevano esistenziali”, si legge sul rapporto ECFR. “I discorsi sull’ipocrisia occidentale sono più accesi per quanto riguarda il diverso trattamento offerto ai rifugiati dell’Ucraina rispetto a quelli della Siria, ma questa è solo la punta dell’iceberg per quanto riguarda [le lamentele di] tante potenze emergenti” [già, c’è molto altro e ben più importante alla base di tale diffidenza ndr.].
Europa: la ricreazione è finita. Da alleati a colonie dell'Impero
Tempo di lettura: 3 minutiInteressante un articolo di Ishaan Tharoor pubblicato sul Washington Post a commento del tour europeo di Biden. A quanto pare, scrive il cronista del Wp, i discorsi di Biden sulla minaccia russa e la necessità di difendere l’Ucraina a “tutti i costi” sono in consonanza con quanto pensa la maggior parte dell’opinione pubblica dei Paesi europei.
Questa consonanza sarebbe rivelata da un recente sondaggio del Consiglio europeo sulle relazioni estere (ECFR). Al di là dell’esattezza del sondaggio, data la fonte di parte (ad esempio, in Italia tale consonanza non sembra esserci), è probabile che ciò sia conseguenza anche dell’informazione unilaterale sul tema.
Come ha scritto Stephen Kinzer su Responsible Statecraft, sulla guerra ucraina è stata creata una no-fly zone intellettuale, nella quale il dissenso viene abbattuto. Basta vedere, ad esempio, la feroce reazione suscitata dall’intervista a Seymour Hersh al FattoQuotidiano, nella quale ribadiva il contenuto del suo scoop, cioè che il North Stream 2 è stato distrutto dagli Stati Uniti.
Hersh ha vinto il premio Pulitzer e fu lui a rivelare al mondo gli orrori del massacro di My Lai, che per la prima volta raccontarono al mondo la faccia nascosta della guerra del Vietnam. Ma ciò non lo ha protetto dalla canea montante di opinionisti e giornalisti d’accatto.
Probabile che la visita in Polonia di Biden serva pure a coprire la pericolose rivelazioni sul Nord Stream 2, incenerendo sul nascere possibili domande scomode sul tema da parte delle colonie europee (per inciso, il presidente polacco Duda aveva chiesto esplicitamente la “cancellazione” del gasdotto russo-tedesco).
Europa: chiusa la frattura dell’invasione irachena
Ma al di là del particolare, resta interessante quanto riporta ancora Tharoor: “Gli autori del rapporto ECFR, studiosi e giornalisti di lungo corso come Timothy Garton Ash, Ivan Krastev e Mark Leonard, hanno sottolineato che alcuni intellettuali europei dell’epoca avevano osservato come l’invasione statunitense dell’Iraq nel 2003 abbia segnato un momento di divergenza geopolitica, annotando, peraltro, come alcuni autorevoli governi europei fossero contrari all’intervento degli Stati Uniti. Due decenni dopo [i Paesi europei] sono totalmente allineati, con Washington ancora al comando”.
Interessante annotare che Biden votò a favore di quell’intervento basato sulle inesistenti armi di distruzione di massa di Saddam. E che, allora come ora, quella sanguinaria iniziativa fu giustificata per eliminare la minaccia posta da quel Paese e da quel leader al mondo e presentata come una lotta per la libertà contro la tirannia. Lo stesso Biden, nel ricordare quel voto disse che l’attacco era “necessario per far rispettare le regole internazionali” (CNN)… ricorda qualcosa? (sulla gestione della guerra ucraina da parte dei neocon, fautori di quell’invasione, rimandiamo a Piccolenote).
Al di là del particolare, resta che la ricreazione è finita. L’Europa non ha più spazi di manovra fuori dalle direttive che l’Impero considera prioritarie. Non più alleati e partner, solo colonie. Da questo punto di vista, l’eliminazione del Nord Stream 2 appare anche un simbolo ineludibile e provvisoriamente irrevocabile di tale determinazione imperiale.
Un mondo post-occidentale
Ma torniamo all’articolo del Wp: “Allo stesso tempo, l’inchiesta [dell’ECFR] ha rilevato anche un diverso atteggiamento in Cina, Turchia e India, dove pluralità o maggioranze di persone ritengono che la guerra in Ucraina dovrebbe finire il prima possibile, anche se ciò significa che l’Ucraina debba fare delle concessioni”.
“C’è scetticismo nei confronti della forte retorica di Biden e dei suoi omologhi europei, dal momento che meno di un quarto degli intervistati in Cina e Turchia ritiene che l’Occidente sostiene l’Ucraina per difendere il principio della difesa del suo territorio o la democrazia. Alla base di tali convinzioni, ovviamente, c’è una lunga storia riguardo la miopia occidentale, le disavventure e le ingerenze [dell’Occidente]”.
“Gli autori del rapporto indicano una realtà più ampia, non affrontata da Biden a Varsavia: l’emergere di un mondo più frammentato e fratturato che ha una scarsa sintonia geopolitica con l’Occidente”.
Così nel documento ECFR: “L’Occidente adesso può apparire più compatto, ma non per questo è necessariamente più influente nella politica globale. Il paradosso è che questa ritrovata unità coincide con l’emergere di un mondo post-occidentale. L’Occidente non si è disintegrato, ma il suo consolidamento è arrivato in un momento in cui le altre potenze non si limitano più a fare ciò che [l’Occidente] vuole”.
Interessante anche la conclusione del rapporto, che, esplicitando, dice che il mondo ordinato da regole che l’America sta difendendo in Ucraina, così nelle dichiarazioni di Biden, è un mondo nel quale l’America può fare quel che vuole con gli altri Paesi chiamati a sottostare a tali voleri. C’è in tale concezione una chiara superfetazione dell’eccezionalità americana.