Tempo di lettura: 3 minutiAbituati ai proclami sulla vittoria di Kiev, siamo rimasti sorpresi nel leggere il titolo del Kyiv Post, media mainstream ucraino, che titola: “La grande offensiva dell’Ucraina colpirà duramente, ma non porrà fine alla guerra né libererà rapidamente la Crimea, affermano i generali”.
Ancora più interessante il sottotitolo: “Il tanto atteso assalto dell’Ucraina alle postazioni russe assomiglierà a un blitzkrieg, ma a meno che il morale russo non crolli, non si ripeterà la caduta della Francia”. Di interesse anche per l’esplicito riferimento all’offensiva nazista contro Parigi. Si poteva evitare date le notizie sulle devianze filo-naziste che serpeggiano in Ucraina.
blitzkrieg o l’improbabile vittoria ucraina
“L’obiettivo principale delle Forze armate ucraine (AFU) sarà l’avanzata a sud, nei settori di Zaporizhzhia e Kherson, dove l’Ucraina ha ragionevoli possibilità di successo, ma non di una vittoria schiacciante e decisiva, concordano generalmente gli analisti”, si legge sul giornale ucraino. Si tratterebbe di arrivare a conquistare aree presso la Crimea, così da poterla mettere nel mirino con i propri missili.
I russi, spiegano ancora gli analisti, stanno preparandosi all’attacco, predisponendo forze in retrovia in grado di prestare velocemente supporto l’area investita dall’attacco. Allo stesso tempo, gli ucraini, i cui piani sono segretissimi, stanno predisponendo diverse offensive minori, per ingannare il nemico e ottenere qualche vittoria simbolica.
Diversi i particolari nell’articolo, più o meno interessanti, e tanti invero poco interessanti se non addirittura fuorvianti.
Ma segnaliamo un passaggio che appare significativo: “Tutti gli osservatori, anche quelli ottimisti sulle possibilità di un grande successo dell’Ucraina sul campo di battaglia, hanno affermato che l’imminente offensiva di Kiev – in assenza di un improbabile crollo generale del morale dei soldati russi – non libererà nemmeno nelle più ottimistiche previsioni la Crimea, per non parlare del raggiungimento dell’obiettivo dichiarato di Zelensky, quello di liberare tutto il territorio occupato dalle forze russe”.
L’articolo fa il paio con quel che riferiva alcuni giorni fa il Washington Post che analizzava uno dei documenti segreti del Pentagono fatti trapelare in questi giorni: “L’analisi conclude che, anche se l’Ucraina riconquista quantità ‘significative’ di territorio e infligge ‘perdite insostenibili alle forze russe’, un risultato che l’intelligence statunitense trova improbabile, le conquiste non porterebbero a colloqui di pace”.
Questo il commento del Wp: “La valutazione […] potrebbe galvanizzare i critici della guerra che hanno invitato le maggiori potenze come Stati Uniti e Cina a spingere affinché Kiev e Mosca raggiungano un accordo e pongano fine a un conflitto che ha sfollato milioni e lasciato centinaia di migliaia di morti o feriti”.
Eppure il documento in questione conclude in tutt’altro modo: “I negoziati per porre fine al conflitto sono improbabili durante il 2023 in tutti gli scenari considerati”.
Lo stallo e la macelleria
Le due parti continueranno a battersi senza però ottenere successi “significativi”. “Questa situazione di stallo – commenta il WP -, in cui nessuna delle due parti ottiene un vantaggio decisivo, è descritta nel documento come ‘lo scenario più probabile'”. Ma, senza negoziati, che non avverranno finché non vorrà Zelensky, si prospetta una “costoso conflitto senza fine”, conclude il Wp.
Da ricordare che tale stallo era stata preannunciato da tempo dal Capo degli Stati Maggiori congiunti Mark Milley, il quale aveva affermato che esso offriva una finestra di “opportunità” per i negoziati. Ma tale prospettiva sembra svaporata, almeno al momento.
Di interesse quanto riporta ancora il WP: “Per quanto riguarda l’Ucraina, la guerra di logoramento porterà frustrazione all’interno del paese e susciterà ‘critiche’ su come viene condotta la guerra, ‘rendendo più probabili dei cambiamenti di leadership’ […]. Non è chiaro se il cambio di leadership predetto dal documento si riferisca all’ambito politico o militare”. Possibile, secondo il WP, un redde rationem tra il premier e il capo di Stato Maggiore Valery Zaluzhny, “che alcuni a Kiev considerano una minaccia politica” (leggi Zelensky).
Ovviamente il proseguimento del conflitto porterà Kiev a riversare altri giovani ucraini al fronte, continua il giornale americano, e la Russia a intensificare il suo ingaggio. Il Wp conclude con le parole di Heather Conley, presidente del German Marshall Fund, la quale concordava con “l’affermazione dell’intelligence statunitense secondo cui i negoziati inizieranno solo dopo che una parte sarà ‘esaurita’, una prospettiva che appare lontana”.
Siamo così di fronte a un mattatoio a ciclo continuo del quale non si vede la fine. Una prospettiva ottima per chi vuole che tale conflitto continui a dipanarsi al modo di una guerra per procura contro la Russia fino all’ultimo ucraino (come da esplicito tweet del senatore Lindsey Graham), ma che non può essere accettata.
Da questo punto di vista la guerra ucraina vede un altro conflitto parallelo, altrettanto importante di quello che si gioca sul campo di battaglia. Quello tra i costruttori di pace e i costruttori di guerre infinite, i quali stanno facendo di tutto perché i primi non raggiungano i loro obiettivi, sia togliendo loro, in vari modi, spazi di tribuna e di manovra, sia continuando a propalare narrative fuorvianti, atte ad alimentare una guerra che può tracimare in direzioni imprevedibili quanto disastrose per il mondo intero.