Anche il padre dell'AI lancia l'allarme sui rischi di tale tecnologia
Tempo di lettura: 2 minutiGoffrey Hinton, il padre dell’Intelligenza artificiale, si è dimesso da Google e, lunedì, “si è ufficialmente unito al coro sempre più numeroso di quanti affermano che le aziende [che stanno sviluppando tale tecnologia] stanno correndo verso lidi pericolosi”.
A rilanciare l’allarme di Hinton è il New York Times che ricorda: “Nel marzo scorso, dopo che la start-up di San Francisco OpenAI ha prodotto una nuova versione di ChatGPT, più di 1.000 figure leader e ricercatori nel campo della tecnologia hanno firmato una lettera aperta chiedendo una moratoria di sei mesi sullo sviluppo dei nuovi sistemi perché le tecnologie AI pongono ‘gravi rischi per la società e all’umanità’”.
AI: rischi altissimi
“Alcuni giorni dopo – continua il Nyt – 19 tra i più autorevoli esponenti, attuali o ex, dell’Association for the Advancement of Artificial Intelligence” hanno firmato una lettera aperta di uguale tenore. “Tra i firmatari anche Eric Horvitz, direttore scientifico di Microsoft, che ha sviluppato la tecnologia di OpenAI su molti prodotti, tra cui il motore di ricerca Bing, da lui creato”.
“[…] Fino allo scorso anno, ha affermato [Hinton], Google ha si è prodotta in una ‘ricerca responsabile’ per quanto riguarda lo sviluppo tecnologico, avendo cura di non rendere di uso comune un prodotto potenzialmente dannoso. Ma dopo che Microsoft ha potenziato il suo motore di ricerca Bing con un chatbot, sfidando il core business di Google, Google sta velocemente implementando la ricerca per produrre un’analoga tecnologia. I giganti della tecnologia sono così bloccati in una competizione che potrebbe essere impossibile fermare, ha affermato il dottor Hinton”.
“[…] La sua preoccupazione immediata è che Internet sarà inondato di foto, video e testi falsi così che le persone comuni ‘non saranno più in grado di distinguere il vero dal falso”.
Ancora poco, ha aggiunto Hinton, se si pensa a cosa accadrebbe, e accadrà sicuramente, se tale tecnologia venisse usata dalle industrie degli armamenti o cadesse in mano assassine, cioè gruppi terroristici o leader politici guerrafondai. Per non parlare dell’impatto sociale che avrà sul mondo del lavoro, polverizzando molteplici tipologie di lavoro esistenti e creando potenzialmente una moltitudine di disoccupati.
Il ritorno di Oppenheimer
Più che interessante la conclusione del Nyt: “Il dottor Hinton ha detto che quando gli chiedevano come potesse lavorare su una tecnologia potenzialmente pericolosa, parafrasava Robert Oppenheimer, che ha guidato la ricerca Usa sulla bomba atomica: ‘Quando vedi che una cosa è appetibile dal punto di vista tecnologico, vai avanti e fallo”.
“Non lo dice più”.
Val la pena ricordare anche la frase che Oppenheimer disse dopo che la sua creazione si manifestò in tutta la sua potenza: “Sono diventato la Morte, il distruttore dei mondi” (al solito, tempestivo Nolan col suo film “Oppenheimer“).
Poco da aggiungere se non che quanti allarmano su tale sviluppo in fondo chiedono solo un momento di riflessione collettivo prima che sia troppo tardi.
Non accadrà. Troppo potenti le Big tech e le industrie degli armamenti. E troppo serrato il confronto con Cina e Russia che stanno svolgendo analoghe ricerche, per porre i necessari limiti alla ricerca. A giocare contro anche l’ideologia dominante in Occidente, che predica l’assenza di limiti (in tutti i campi) come condizione chiave per lo sviluppo, umano e scientifico.
Così il sogno dell’AI è destinato a diventare un incubo. Forse un limite potrebbe darsi solo a seguito di qualche disastro. Di quale portata non è dato sapere perché siamo nel campo della distopia.
Resta che una questione tanto cruciale per il futuro dell’umanità non solo non è oggetto di pubblico dibattito come dovrebbe (anche la politica latita), ma è materia di stretto appannaggio delle élite. Tale la decadenza della democrazia occidentale.