3 Maggio 2023

La storica visita di Raisi in Siria

Il presidente siriano Bashar al-Assad accoglie il presidente iraniano Ebrahim Raisi a Damasco, in Siria, il 3 maggio 2023. La storica visita di Raisi in Siria
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Ebrahim Raisi si è recato in Siria. È la prima volta in tredici anni che un presidente iraniano visita Damasco. L’Iran ha stabili rapporti con la Siria, avendo peraltro salvato il Paese dall’ondata di Terrore che l’ha investito nella recente guerra. Senza l’Iran, infatti, la Siria sarebbe diventato un Califfato o peggio.

La visita storica

Ma la visita di odierna segna una svolta nei rapporti, che potrebbe anche avere un risvolto militare, con Teheran che potrebbe fornire a Damasco armi più efficaci, in grado di difenderla dalle incursioni israeliane, che da tempo conducono raid aerei contro il suo territorio, intensificati con l’avvento al potere di Netanyahu, nonostante sia stata devastata dal recente terremoto.

L’ultimo raid proprio ieri sull’aeroporto di Aleppo (essenziale, peraltro, per portare aiuti ai terremotati): una sorta di fuoco di sbarramento contro l’odierna visita di Raisi.

Israele, infatti, ha sempre giustificato i suoi attacchi come necessari per contrastare la presenza delle forze iraniane nel Paese confinante, presenza a cui la visita di Raisi pone un suggello provvisoriamente definitivo.

Sarebbe auspicabile un negoziato Tel Aviv – Teheran per avviare una distensione bilaterale, evocato dall’ex capo del Mossad Efraim Halevy, onde evitare tragedie future. Ma ad oggi non sembra che ci siano possibilità in tal senso.

La visita di Raisi, peraltro, coincide con un processo, guidato dall’Arabia Saudita, volto a reintegrare la Siria nella Lega araba, dalla quale è stata cacciata dall’inizio del conflitto.

Sul punto si sta svolgendo una trattativa serrata per superare le resistenze interne. Significativo, da questo punto di vista, l’incontro svoltosi il 1 maggio ad Amman tra i ministri degli Esteri di Siria, Giordania, Arabia Saudita, Iraq ed Egitto.

Nel riportare l’esito costruttivo dell’assise, The Cradle annota che è stato raggiunto un accordo per cercare di contrastare il traffico di droga tra Siria, Giordania e Iraq e per cercare una soluzione al problema dei rifugiati siriani fuggiti al conflitto nei Paesi vicini.

La visita di Raisi e la Russia

Ma, cosa più sorprendente, il comunicato finale recita: “Sono in corso sforzi per sostenere la Siria e le sue istituzioni in ogni legittimo tentativo di estendere il controllo sulle sue terre e fermare l’interferenza straniera nei suoi affari”. Se si tiene presente che un terzo del territorio siriano è controllato dagli Stati Uniti grazie agli stretti rapporti con i curdi che lo abitano, si può capire la portata dirompente del proposito.

La visita di Raisi in Siria, quindi, deve avere irritato non poco gli americani e Israele, non solo perché l’accordo strategico raggiunto tra Raisi ed Assad potrebbe porre fine ai raid israeliani, ma perché foriero di un’ulteriore spinta per “cacciare gli stranieri dalla regione”, come si è proposta Teheran dopo l’omicidio del generale Qasem Soleimani, a capo delle guardie rivoluzionarie, ad opera degli americani.

Il fatto che il ritorno di Damasco nell’agone internazionale benefici della spinta della Russia, che ha una base in Siria, aumenta vieppiù l’irritazione di cui sopra, perché ne incrementa le possibilità di riuscita.

Così la storica visita del presidente iraniano in Siria è vista da Usa e Israele, a torto o ragione, come una vittoria russa. Ma Mosca ha troppi problemi per festeggiare, non ultimo la propria sicurezza nazionale, come evidenziato dall’odierno attacco al Cremlino. Nessuna festa, solo un confronto serrato, aperto con Washington, più ambiguo con Tel Aviv, nonostante i tanti legami, pregressi e ancora esistenti, che Mosca conserva con quest’ultima.