Ucraina, la guerra hollywoodiana e i suoi sciamani
Tempo di lettura: 3 minutiSpesso, nel descrivere come i media mainstream, a parte rare eccezioni, raccontano la guerra ucraina abbiamo scritto che si tratta di una narrazione in stile hollywoodiano, nella quale i fatti contano poco o nulla e dove la verità è un particolare secondario, “sfuggente”, come vantava con enfasi il New York Times all’inizio dell’invasione russa.
I media, continuava il NYT, “hanno deciso da che parte stare” e ciò implica che tutto ciò che è potenzialmente negativo per la propria parte o che contrasta con le linee guida care ai costruttori di guerra, deve essere censurato o manipolato.
Perché la guerra è anche, e forse soprattutto, “guerra di informazione”, e i media e i social devono fare la loro parte.
La meta-guerra
Se riprendiamo un articolo del passato, al quale abbiamo già dedicato una nota, è perché tale concetto è stato ribadito di recente da uno strano personaggio, Dmytro Zolotukhin, esperto di guerra dell’informazione e intelligence competitiva, nonché direttore esecutivo dell’ONG Institute of Post-Information Society.
In un’intervista a Ukrinform, il ragazzo esprime le sue opinioni, descrivendo evidentemente un format non suo. Ha idee chiare lo Zolotukhin, tanto che vorrebbe gettare “uno squalo nella piscina in cui nuota Tucker Carlson”, anchorman americano critico delle direttive mainstream sulla guerra ucraina e quindi da trattare di conseguenza.
Nell’intervista, Zolotukhin va addirittura oltre il NYT spiegando che in realtà il concetto di “guerra dell’informazione” è ormai obsoleto. Infatti, non si tratta più di combattere l’odiata disinformazione russa o di inondare il web di notizie così da soverchiare quelle altrui (ancora il NYT).
Quella che si combatte sui media è una “meta-guerra, che viene condotta simultaneamente in diverse dimensioni cognitive – emotiva, filosofica, fattuale, informativa, di civiltà e ideologica”. E invita a “gettare nella pattumiera della storia lo slogan ‘i fatti contano'”, perché è solo un feticcio occidentale giunto in Ucraina al seguito dei donatori.
Un perfetto blockbuster di guerra hollywoodiana
Al di là dell’assonanza con la nuova creatura di Zuckerberg – Meta appunto – o forse con rimandi a essa, e al di là dello scopo più prosaico di questa meta-guerra, che è quello di formare, nel senso più ontologico del termine, il recettore del racconto-informazione, si può notare che siamo nel campo della metafisica, un campo dove la visione si sovrappone alla realtà e la scienza tracima nella stregoneria.
Ma tornando a un livello meno sciamanico (1) e riprendendo l’enfatico rigetto dei “fatti”, che per Zolotukhin “non contano” nulla, riportiamo la conclusione dell’intervista: “Fin dal primo momento della guerra, ho detto che la guerra d’indipendenza ucraina è un perfetto blockbuster hollywoodiano, con la sua colonna sonora […], i suoi eroi indiscussi, Volodymyr Zelensky e Valerii Zaluzhnyi, e con i suoi episodi, che fanno piangere e ridere lo spettatore”.
“Ma c’è un problema… un blockbuster non può durare per sempre. Ecco perché abbiamo bisogno di un rapido lieto fine con la catarsi dei personaggi principali o di una sceneggiatura per le nuove stagioni della serie (che molto probabilmente è ciò che avverrà)”.
Uno dei problemi di questa guerra, che la rende meno gestibile e quindi più pericolosa di altre, è il distacco dalla realtà di quanti la stanno alimentando e raccontando. Quanto riportato ne è un piccolo esempio rivelatore.
(1) Se abbiamo scomodato lo sciamanesimo per descrivere la visionaria patologia di Zolotukhin non l’abbiamo fatto a caso. Si ricordi che la presidenza Biden, al quale è stato chiesto-imposto di provocare la guerra ucraina, ebbe il suo momento epifanico con l’immagine dello sciamano seduto sullo scranno più alto di Capitol Hill. Non per nulla, titolammo la nota relativa all’assalto al Campidoglio: “Tempo da sciamani” (per inciso, lo strano sciamano chiamato Jake Angeli, nonostante sia stato il protagonista assoluto di quegli eventi, è stato liberato, al contrario di tanti altre comparse).