L'Ucraina e i parallelismi con le due guerre afghane
Tempo di lettura: 3 minutiAutorevoli esponenti della politica estera americana come Richard Haass e Charles Kupchan affermano che “quando l’offensiva anticipata (1) dell’Ucraina sarà finita, Kiev potrebbe anche accettare l’idea di un accordo negoziato, avendo dato il meglio sul campo di battaglia e dovendo affrontare limitazioni sempre maggiori sia per quanto riguarda il proprio esercito che di aiuti dall’estero”.
Anche con più armi, l’Ucraina non può vincere
“Anche se l’Occidente intensificasse la sua assistenza militare – affermano – l’Ucraina non è preparata a sconfiggere le forze russe“. Così la CNN del 17 giugno.
La controffensiva non va come preventivato. Addirittura l’Institute of Study of War, l’organo che l’apparato militar industriale Usa ha incaricato di gestire la guerra ucraina, nel report del 15 giugno ha dovuto ammettere: “Le forze ucraine potrebbero sospendere temporaneamente le attuali operazioni di attacco per rivalutare le loro tattiche per le operazioni future”.
Non colpisce tanto la pausa, che poi non c’è stata perché le guerre infinite, e tale si vuol far diventare il conflitto ucraino, non prevedono pause (peraltro, una pausa sarebbe percepita come una sconfitta).
Il punto è un altro, è che si sono accorti che le strategie a lungo studiate dalla Nato e l’occhiuto monitoraggio del nemico si sono rivelati fallaci. Si ricordi che lo scorso maggio Victoria Nuland, potente figura del Dipartimento di Stato, aveva affermato: “Stiamo lavorando alla controffensiva con l’Ucraina da 4-5 mesi”. Insomma, la NATO e l’establishment Usa votato alla guerra hanno sbagliato tutto. Ma, nonostante l’evidente scacco, si arrogano il diritto di pianificare i prossimi passi dell’Occidente… tant’è.
In un intervento pubblicato su Twitter, David Sacks, autorevole imprenditore del settore tecnologico Usa, ha ricordato il piano di pace concordato nel febbraio dello scorso anno tra Ucraina e Russia, vanificato dall’intervento a gamba tesa dell’Occidente (sul punto rimandiamo anche a Piccolenote).
Dopo che le parti avevano sottoscritto una bozza dell’intesa, il premier britannico Boris Johnson giunse a Kiev e, a nome di quanti brandiscono la guerra infinita, intimò a Zelensky di non dar seguito all’accordo, assicurandogli che il sostegno dell’Occidente gli avrebbe permesso di sconfiggere i russi. Accogliere tale suggerimento, scrive Sacks, parve a Zelensky una “scommessa intelligente”. E invece si è rivelato un “disastro”.
Dall’Afghanistan russo a quello americano
“Vale la pena – conclude Sacks – ricordare che l’opinione pubblica americana è stata rassicurata per due decenni sul fatto che stavamo vincendo la guerra in Afghanistan. Tutte quelle informazioni si sono rivelate un mucchio di bugie quando l’esercito afghano, che stavamo “ricostruendo”, è crollato nel giro di poche settimane”.
“A quel punto, i media hanno semplicemente smesso di parlare dell’Afghanistan, proprio come a un certo punto hanno fatto per l’Iraq, invece di evidenziare i responsabili [del disastro e della disinformazione ndr]. Sfortunatamente, sembra che in Ucraina stiamo andando verso un risultato simile”.
Il cenno riguardo l’elusione della ricerca dei responsabili del disastro e della disinformazione sull’Afghanistan non è secondario. Assolti da ogni responsabilità, i protagonisti di allora hanno conservato, anzi incrementato, il loro potere nell’ambito dell’Impero e oggi ne gestiscono la Politica, estera e interna.
E gli stessi cronisti e analisti che sui media riferivano delle magnifiche sorti e progressive della guerra afghana oggi, ancora ai loro posti, gestiscono il flusso delle informazioni sulla guerra ucraina.
Gli Stati Uniti hanno perso la guerra afghana, ma essi hanno vinto la loro. Da qui le tante difficoltà a uscire dal cul de sac nel quale hanno precipitato il mondo intero.
Una considerazione finale: gli strateghi neocon e i liberal Usa all’inizio della guerra profetizzavano con malcelato entusiasmo che la guerra Ucraina per la Russia si sarebbe rivelata un nuovo Afghanistan, rievocando il conflitto che fu concausa del collasso dell’Unione sovietica. Se ha ragione Sacks, potrebbe trasformarsi nel nuovo Afghanistan americano. Il destino a volte è beffardo.
(1) Di interesse il cenno di Sacks sul fatto che la controffensiva sia stata “anticipata”, nonostante, in realtà, sia stata posticipata, perché doveva prendere forma in primavera. Un errore, quello di Sacks, che tale non è perché gli alti gradi dell’esercito ucraino sapevano perfettamente di non essere preparati. Ma sono stati spinti lo stesso ad attaccare, perché serviva ad alimentare la narrativa dell’Ucraina vincente e a evitare che lo stallo del fronte aprisse possibilità per un cessate il fuoco (Piccolenote).