Ucraina. Foreign Affairs rilancia il modello coreano
Tempo di lettura: 3 minutiIl 20 giugno Foreign Affairs ha rilanciato il “modello coreano” per porre fine alla guerra ucraina, cioè un cessate il fuoco che getti le basi per una difficile, ma stabile coesistenza futura tra i belligeranti. Ne scrive Carter Malkasian in un articolo più che interessante per quanto riguarda la parte storica, rievocando le tante difficoltà superate prima di trovare una soluzione al conflitto coreano.
Un po’ meno interessante la parte relativa alla guerra ucraina, in particolare sul fatto che Putin sia ostinatamente avverso al negoziato. L’Occidente ha il vizio di far finta che la controparte non esiste, così la bozza dell’intesa Kiev-Mosca che Putin ha mostrato pubblicamente in occasione della recente visita della delegazione africana in Russia, brandita per dimostrare che la sua nazione è pronta a un compromesso, non è stata neanche presa in considerazione.
Purtroppo, l’establishment occidentale è autoreferenziale. Considerandosi portatore di luce in un mondo oscuro o, per citare il rappresentante degli Esteri della Ue Josep Borrell, vivendo in un giardino privilegiato circondato dalla giungla (il resto del mondo), non prende neanche in considerazione ciò che avviene e si dice al di fuori dei propri circoli, se non quando utile ai propri interessi. Tant’è.
L’elusione ha la sua importanza perché avrebbe evitato a Malkasian di sprecare fiumi di inchiostro per spiegare come convincere la Russia al negoziato e lo avrebbe indotto a cercare di capire come convincere i neoconservatori & company a trovare modi modalità meno devastanti di competizione con Mosca.
Ma, particolare a parte, lo scritto ha la sua importanza perché segnala che una parte dell’establishment Usa non ha abbandonato l’idea di trovare un argine alla carneficina, argine che Malkasian rinviene appunto nel modello coreano.
La difficile tregua duratura
Tanti i parallelismi che Malkasian rinviene tra la guerra coreana e quella ucraina, ma quel che più interessa del suo scritto è la parte in cui rileva come in quel conflitto i negoziati si sono aperti con la guerra ancora in corso e sono continuati per anni prima di dare risultati, mentre la macelleria proseguiva.
Si tratta, cioè, di iniziare a parlare mentre si combatte, nella speranza di trovare prima o poi una soluzione. Riportiamo un passaggio del testo: “La guerra che sta devastando l’Ucraina oggi ha più di una vaga somiglianza con la guerra di Corea. E per chiunque si chieda come potrebbe finire, la durata dell’armistizio coreano [oltre 70 anni ndr.] – e l’alto costo umano pagato a causa del ritardo con cui si è concordato – merita uno studio approfondito”.
“I parallelismi sono chiari. In Ucraina, come in Corea settant’anni fa, un fronte di battaglia statico e contrasti politici irriducibili richiedono un cessate il fuoco che metta fine alla violenza, rimandando al futuro le spinose questioni politiche. L’armistizio coreano ‘ha permesso alla Corea del Sud di prosperare grazie alle garanzie e alla protezione della sicurezza americana’, ha sottolineato lo storico Stephen Kotkin. ‘Se un simile armistizio permettesse all’Ucraina, o anche solo all’80% del paese, di prosperare in modo simile’, sostiene, ‘sarebbe come vincere la guerra’”.
Un concetto ribadito al termine dell’articolo nel quale, dopo aver spiegato che iniziare a negoziare è una “scommessa con bassi rischi e possibilità di grandi benefici” (perché, se riesce, pone fine alla strage, altrimenti la guerra continua), conclude: “Il modello di pace stabile e durevole prodotto dall’armistizio coreano sarebbe una vittoria non solo per l’Ucraina e i suoi sostenitori, ma per il mondo intero”.
Ad oggi tale prospettiva resta la più realistica per chiudere il conflitto. Resta da capire chi possa portarla avanti. Anche perché chiunque tenti vie di pace viene trattato alla stregua di un nemico e come tale avversato in ogni modo.
Un significativo cenno in tal senso si trova in un articolo di William Minter pubblicato su Responsible Statecraft: “Mentre una delegazione di sei stati africani, tra cui il Sudafrica [che la guidava ndr.], si preparava a visitare Mosca e Kiev il 16 giugno per esplorare opzioni per la pace, alcuni autorevoli esponenti del Congresso hanno presentato una richiesta bipartisan per punire il Sudafrica per un suo asserito sostegno alla Russia”.
Nonostante la controffensiva ucraina finora si sia rivelata un fallimento, i fautori della guerra infinita fino all’ultimo ucraino non si rassegnano.