Quando il Corsera criticò la Nota sull'inutile strage di Benedetto XV
Tempo di lettura: 3 minutiIl 1 agosto del 1917 Benedetto XV indirizzava alle nazioni sconvolte dalla Grande Guerra la “Nota ai Capi dei popoli belligeranti“, un accorato appello per la pace rimasto nella storia per la definizione della guerra come “inutile strage”. Il 16 agosto, l’editoriale del Corriere della Sera criticava aspramente il documento del Papa.
Tanti i richiami al presente, ora che il mancato ingaggio di papa Francesco nella crociata anti-russa (pur nella ferma condanna dell’invasione), la sua strenua ricerca della pace e la sua denuncia dei tanti interessi, non solo russi, in questa nuova inutile strage, sono stati motivo di aspra critica. Riportiamo parte dell’articolo del Corsera, allora diretto da Luigi Albertini.
Il J’accuse del Corsera contro la Nota ai capi dei popoli belligeranti
“Benedetto XV ha creduto opportuno rivolgere un nuovo un nuovo pubblico appello ai governi dei popoli in guerra proponendo le linee generali di un programma di pace e immaginando senza dubbio di aver tracciata con essa la via per giungere a rapidi accordi”.
“Non insisteremo nel rilevare il significato di ciò che può essere, da parte del vicario di Cristo, quella ‘perfetta imparzialità verso tutti i belligeranti’ che la nota attribuisce a merito della diplomazia pontificia”.
“Il capo della Chiesa cattolica si fonda sulla sua qualità di ‘padre comune, che tutti ama con pari affetto di suoi figli’ per giustificare alle genti l’uguale condotta verso gli uni e gli altri in una guerra nella quale pur vi sono aggressori e aggrediti e in sistemi di lotta nei quali pur vanno distinti i provocatori dai provocati”.
“Ma appare dalla nota stessa che non si può affrontare, sia pure con la maggior discrezione, l’impresa di presentar soluzioni concrete senza uscire in qualche modo dalla neutralità e pronunziare un giudizio sugli aspetti morali e sulle ragioni d’una guerra come questa: un giudizio che, presentato ufficialmente alle Cancellerie degli Stati belligeranti, acquista una considerevole importanza […]”.
“[…] E non si capisce poi ch’egli dica ai popoli doloranti, che hanno fede nella fecondità dei loro sacrifizi e di questa fede hanno bisogno per resistere: ‘Questa lotta tremenda ogni giorno più apparisce inutile strage’”.
“Un giudizio come questo è ripetuto ogni giorno dall’internazionalismo materialista e sovversivo ed è già servito più d’una volta agli oratori ufficiali, con o senza corona, della Germania per far credere che il popolo tedesco vittorioso, e disposto a usare con magnanimità della vittoria, è pronto ogni giorno a far la pace e che invece i Governi dell’Intesa non osano ancora confessare, davanti alla carta militare, l’inutilità di continuare le stragi”.
“Inutilità significa impotenza, significa sterilità, significa sacrilegio quando inutile è rappresentata tanta grandezza di dolori e di sforzi, tanta consacrazione di sangue alla speranza della vittoria”.
“E non è vero che questa guerra sia inutile. Essa ha pure impedito alla Germania di stabilire il suo dominio sull’Europa, quando il Papa imparziale invocava già la pace ed essa deve far ora crollare la speranza germanica di chiudere l’immensa tragedia con la farsa delle piccole transazioni che significherebbero comunque il ritorno alle inique e ‘sovversive’ condizioni in cui si trovava l’Europa prima della guerra”.
“Se la parola ‘inutile’ passa sulle tombe di coloro che si votarono a un più giusto, più civile, più umano domani, per la propria Patria e per tutte le libere patrie, i morti fremono sottoterra”.
“No, nulla mai fu più santamente utile al mondo. I vivi devono sentirlo, mentre pur anelano alla più sollecita pace possibile, che sia però degna del prezzo offerto per averla”.
Ps. Inutile ricordare che la devastazione della Germania e le durissime condizioni che le furono imposte furono brodo di coltura del mostro nazista che divorò l’Europa. Forse “la farsa delle piccole transazioni”, qui stigmatizzata, l’avrebbe evitato (con i se non si fa la storia, ma gli errori commessi nella storia sono pur rilevabili).
Diversi i temi suggestivi dell’articolo, ad esempio la distinzione tra “aggrediti e aggressori” (certi topos a quanto pare sono ineludibili), che non permette negoziazione alcuna e l’accusa non tanto velata al Papa che la sua neutralità nascondeva una segreta condiscendenza alle ragioni del nemico (la storia ha il vizio di ripetersi sotto altre forme).
Ma al di là dei particolari, sui quali potrebbero aprirsi dibattiti infiniti date le tante tesi e contraddizioni, l’enfasi sulla sacralità della guerra fondata su principi morali e del sangue che è santamente necessario profondere per essa (altrui, ovviamente), riecheggia oggi come allora.
A margine, rileviamo che è di questi giorni il dipanarsi della missione diplomatica del Vaticano, accompagnata da critiche e scetticismo. Poche speranze, certo, ma in convergenza con altre iniziative similari potrebbe favorire sviluppi oggi non all’orizzonte. Questo, almeno, il nostro auspicio.