Francia: il momento George Floyd
Tempo di lettura: 3 minutiLa Francia sta attraversando il suo momento George Floyd: come l’assassinio del malcapitato Floyd diede il via a un rivolgimento anti-razzista in America, così sta avvenendo in Francia per l’uccisione di Nahel, il ragazzino di 17 anni ucciso per essersi ribellato a un controllo di polizia.
Le proteste e Macron
La Francia è in fiamme come mai prima d’ora. Infatti, anche se in passato si erano registrate rivolte similari nelle Banlieu, si era trattato di incendi circoscritti. Stavolta a incendiarsi sono state le tante periferie francesi, avvampate all’improvviso in diverse cittadine, con incendi che si alimentano l’un l’altro.
Non solo più estese, le proteste attuali appaiono anche più organizzate delle precedenti, creando gravi criticità alle autorità e alle forze di polizia, evidentemente impreparate.
Caratteristiche nuove anticipate da un film Netfilx dello scorso anno, Athena, che racconta di un’insurrezione in stile bellico di una periferia francese a seguito dell’uccisione di un ragazzino da parte della polizia.
In realtà, non ci voleva una grande fantasia a prefigurare lo scatenarsi di violenze urbane nelle periferie francesi, dove da tempo l’emarginazione – violenta e non – viene approcciata attraverso la mera repressione. Ma il salto, l’intuizione del regista di Athena, sta appunto nell’aver prefigurato una vera e propria guerra civile.
“La Francia ha ignorato la violenza razzista della polizia per decenni. Questa rivolta è il prezzo di quella negazione”. Questo il titolo sul Guardian di un articolo di Rokhaya Diallo, la quale da anni si spende contro il razzismo gallico, un’attività notata anche dal Dipartimento di Stato Usa che nel 2010 la selezionò per partecipare al prestigioso International Visitor Leadership Program, che ha formato tanti attivisti sparsi nel mondo.
La protesta a sfondo razziale, come altre in passato, è stata affrontata dalle autorità transalpine con asprezza, avendo Macron il problema di non offrire il fianco alla destra. Da cui i coprifuoco e i blindati sulle strade.
Ma è indubbio che il presidente francese non è all’altezza del compito, come peraltro ha dimostrato in altre circostanze: ne fa fede il suo discorso alla nazione, nel quale ha chiesto ai genitori di non far uscire i figli da casa e ha dato la colpa di quanto sta accadendo ai “videogiochi tossici” (sulla tossicità di certi giochi ha ragione, ma la lamentela appare del tutto evanescente nei riguardi della tragedia attuale).
Le proteste e le opposizioni politiche
Le rivolte hanno ridato fiato a Éric Zemmour, come riporta anche The Spectator, uno strano personaggio apparso improvvisamente sulla scena politica transalpina in occasione delle ultime presidenziali e che in poco tempo era riuscito a oscurare la tradizionale destra francese, che fa riferimento alla Le Pen, grazie a un atteggiamento ancora più estremo e incendiario.
Fu un fuoco fatuo, dal momento che fu poi la Le Pen a vincere la possibilità di andare al ballottaggio contro Macon (perso), ma gli scontri attuali gli hanno offerto una nuova occasione e al grido “ve l’avevo detto” ha rilanciato la sua sfida estrema, nel tentativo di assumere un ruolo di guida della destra transalpina.
La guerra civile sta creando difficoltà anche alla sinistra di Jean Luc Malenchon che si è rifiutato di condannare le rivolte attuali, né può farlo a motivo delle sue basi ideologiche, e ciò lo estremizza insinuando dubbi nei suoi sostenitori più moderati e pone criticità rispetto alle altre forze della sinistra francese, alle quali il 5 giugno aveva chiesto di unire le forze in vista delle prossime elezioni europee.
Insomma, le violenze scatenatesi in Francia pongono sfide nuove ai cosiddetti opposti populismi e, peraltro, renderanno più ardue le loro tacite convergenze, registrate in diverse occasioni negli ultimi anni (dai gilet gialli alle proteste contro la riforma delle pensioni).
Mentre l’incendio ancora divampa, resta però arduo indovinare se e come esso andrà a modificare gli attuali equilibri del potere transalpino; né è ancora chiaro se Macron ne uscirà rafforzato o indebolito; né, infine, si può ipotizzare se e come tutto ciò andrà a mutare il rapporto tra il centro e le periferie multietniche.
Quel che è certo è che il problema migranti-Banlieu è diventato il focus della politica francese, emarginando altre tematiche ben più decisive per i destini del Paese e dell’Europa. Sviluppi da seguire.