Ucraina: opzione Kissinger vs messianismo di Zelensky
Di rilievo lo scoop del Washington Post sul Nord Stream 2, che sarebbe stato sabotato dall’Ucraina. Al di là della veridicità della ricostruzione, palesemente falsa (a fare il lavoro sono stati i più esperti sabotatori anglosassoni), resta che la rivelazione era tesa ad affondare la candidatura del capo delle forze armate, generale Valerij Zaluzhnyi, alla successione di Zelensky,
Il WP spiega, infatti, che a dirigere l’operazione contro l’gasdotto russo fu il colonnello Roman Chervinsky, che riferiva al generale tenendo all’oscuro il presidente. Da cui l’inaffidabilità di Zaluzhnyi, che in un’intervista rilasciata il 1 novembre all’Economist aveva dichiarato che la guerra è ormai in stallo, cioè è finita. Di fatto, si era proposto di chiuderla al posto di Zelensky.
Guerra finita o infinita
Diverse speculazioni vogliono che Zaluzhnyi sia il candidato della Gran Bretagna, perché ha lanciato la sua candidatura sul giornale della City, e che l’articolo del WP sia lo stop della CIA, perché l’Agenzia sosterrebbe Zelensky e il proseguimento del conflitto.
In realtà, la CIA, e in particolare il suo capo William Burns, da tempo stanno tentando di chiudere questa guerra. Ne abbiamo scritto in note pregresse, riportando le diverse missioni di Burns per tentare di aprire strade in tal senso.
Non che i funzionari dell’Agenzia siano diventati pacifisti, semplicemente reputano che una guerra di lunga durata non sia proficua per gli interessi degli Stati Uniti, come dettagliava uno studio della Rand Corporation, Istituto prossimo all’Agency (vedi Piccolenote: “La Rand: l’Ucraina non deve diventare una guerra infinita”).
Inoltre, reputare che il WP si faccia portavoce solo dei desiderata della CIA è riduttivo, essendo il media usato da diversi poteri americani, soprattutto i neocon, ai quali sembra più attribuibile il niet all’Endgame e il sostegno incondizionato a Zelensky e al suo afflato per la prosecuzione ad infinitum del conflitto.
La prospettiva della CIA era dettata da mero realismo: la guerra ucraina ha prodotto i suoi frutti, avendo subordinato in via provvisoriamente definitiva i Paesi europei agli Stati Uniti ed essendo stato rescisso il rapporto tra questi e la Russia, oltre a tutti i benefici economici apportati all’apparato militar industriale USA. Tali successi possono essere messi a repentaglio da una guerra a oltranza, che rischia di logorare più l’America e i suoi alleati che la Russia.
Al di là del ruolo della CIA nella querelle, resta che questa è la prospettiva più realista per quanto riguarda la guerra. La figura di riferimento del realismo politico americano è Henry Kissinger, che più volte ha raccomandato di chiudere la guerra suscitando l’ira della leadership di Kiev. L’ultima sua modulazione su un possibile Endgame è la cessione alla Russia dei territori attualmente occupati e l’adesione della parte restante dell’Ucraina alla Nato.
L’opzione Kissinger
Così veniamo all’attualità. L’opzione Kissinger è stata rilanciata di recente dall’ex segretario generale della NATO Anders Fogh Rasmussen, suscitando anche stavolta le ire dell’inner circle del presidente ucraino.
A dichiarare apertamente che l’opzione Kissinger è l’unica via percorribile per salvare l’Ucraina è stato Alexei Arestovich, l’ex consigliere di Zelensky che da tempo si è proposto come punto di riferimento di un’opposizione nazionalista alle follie dell’ex comico, arrivando a candidarsi a un’ipotetica elezione presidenziale.
Così il sito Strana sintetizza quanto scritto su Telegram da Arestovich: “L’ex consigliere dell’ufficio del presidente, Alexey Arestovich, ha invitato l’Ucraina ad aderire alla NATO senza i territori occupati dalla Russia”.
Arestovich sembra muoversi in piena sintonia con Zaluzhnyi, che il 6 novembre ha postato un “mi piace” a una sua osservazione pubblicata su facebook (ormai la politica si fa così; regressione adolescenziale alquanto generalizzata).
Così lo scontro che in questi anni ha dilaniato la politica estera americana, tra i realisti e i fondamentalisti neocon e liberal, si ripropone nella colonia ucraina, sullo sfondo di una catastrofe che la sta sprofondando sempre più nell’abisso, con una guerra ormai persa e un sostegno occidentale sempre meno convinto e distratto dal conflitto mediorientale.
Resta che sulla strada degli sfidanti di Zelensky ci sono due ostacoli formali. L’ex comico ha fatto approvare al Parlamento un norma nella quale si dichiara l’impossibilità di trattare con la Russia e un’altra che esclude le elezioni fino alla fine della guerra (da cui è ovvio che ha tutto l’interesse a proseguirla). Contesa aperta e senza esclusione di colpi, quella tra le due fazioni, come dimostra l’omicidio occasionale dell’attendente di Zaluzhnyi.
Le tre guerre ucraine e il messianismo militante
Interessante una dichiarazione immaginifica di Arestovich sul conflitto, che egli divide in tre guerre separate. Così Strana: “La prima guerra, secondo lui, è durata dal 24/02/22 al 02/04/22”. ‘L’Ucraina ha vinto questa guerra a titolo definitivo’, ha detto Arestovich.
“La seconda guerra è iniziata il 02/04/22 e si è conclusa il 01/11/23 (il giorno in cui è apparso sulla rivista Economist l‘articolo del comandante in capo delle forze armate ucraine Valery Zaluzhnyi”, quando cioè Zaluzhnyi per la prima volta ha riconosciuto che la controffensiva era fallita. Arestovich ha commentato così tale (fase della) guerra: “Abbiamo concluso questa guerra con un pareggio. C’erano molte speranze, ma è stato un pareggio”. Strana prosegue spiegando che, secondo Arestovich, la terza guerra è iniziata il 01/11/23 e, a suo avviso, “la perderemo”.
Insomma, bisogna finirla subito, accontentandosi del pareggio precedente. Purtroppo non stiamo parlando di una partita di calcio, ma di una mattanza, dal momento che gli ucraini continuano a essere mandati al macello contro forze preponderanti per non si capisce cosa, dal momento che la guerra è persa.
“Si avvicina la resa dei conti politica della fallita offensiva estiva”, rileva The Hill raccontando le vicissitudini di cui sopra in un articolo dal titolo significativo: “L’Ucraina si sta risvegliando alla realtà”. Una realtà nella quale Putin “sta combattendo una guerra mondiale contro l’America – e sta vincendo”.
Ma per spiegare l’ostinazione di Zelensky, The Hill fa un cenno ancora più significativo: “Il presidente Zelensky è sempre più messianico”. Vero, tanto che sta cercando in ogni modo di legare la sua causa, anche personale, a quella israeliana, dove imperversa il messianismo militante (e militare).
Così lo scontro, anche qui, è tra il realismo rappresentato dall’opzione Kissinger contro il messianismo e le sue guerre infinite.
Detto questo, bisogna fare i conti con la Russia, che potrebbe non accettare di avere la NATO a Kiev. Ma, del caso, l’opzione Kissinger può trovare altre modulazioni, più accettabili.