L'assassinio del leader di Hezbollah mira alla grande guerra
Le forze americane hanno assassinato un alto ufficiale di Kata’ib Hezbollah nell’ambito degli attacchi di ritorsione in Iraq e Siria per l’uccisione di tre soldati statunitensi avvenuta alcuni giorni fa. Un assassinio del tutto ingiustificato, se si considera che Kata’ib Hezbollah, che pure aveva attaccato in precedenza le basi Usa, dopo la morte dei soldati nemici aveva dichiarato la sospensione delle operazioni belliche.
Innescare la reazione di Kata’ib Hezbollah
L’annuncio di Kata’ib Hezbollah era un segnale esplicito, teso a ribadire che non ha intenzione di aprire una guerra contro gli americani e che la morte dei tre soldati era stata un incidente di percorso nell’ambito degli attacchi simbolici fatti in precedenza, volti a far pressione sulle truppe Usa per forzarne il ritiro da Paesi nei quali non sono benvenute (In Siria Assad lo ripete da tempo e il parlamento iracheno ha approvato all’unanimità una mozione che chiedeva il ritiro delle forze Usa).
La decisione degli americani di uccidere un ufficiale di alto rango di Kata’ib Hezbollah non solo indica che gli Stati Uniti hanno dichiarato guerra totale a tali milizie – pur avendo chiarito che i bombardamenti avevano uno scopo di mera deterrenza e non puntavano ad allargare il fronte del conflitto – ma, soprattutto, mira a innescare una risposta eclatante da parte di Hezbollah, tale da consentire ai guerrafondai Usa si alimentare la loro guerra infinita, fino a causare in prospettiva il coinvolgimento dell’Iran, alleato di tali milizie.
Peraltro, va notato che Kata’ib Hezbollah è parte integrante delle forze armate irachene: l’attacco contro di esse è quindi un attacco esplicito contro Baghdad, che pure Washington definisce un Paese alleato…
Il niet di Netanyahu e l’attacco in Iraq
Una follia, insomma, quella si è consumata ieri. Interessante la coincidenza temporale, perché l’assassinio dell’ufficiale è avvenuto nello stesso giorno in cui Netanyahu respingeva le pressioni di Blinken per approvare una proposta di pace di Hamas (redatta in base a una precedente proposta israeliana).
È ormai palese a tutti che per Netanyahu più la guerra si amplia, più si rafforzano le sue possibilità di rimanere al potere. Ma è ovvio che non è stato Netanyahu a ordinare l’attacco in Iraq, né tantomeno Blinken, dal momento che l’amministrazione Usa, benché divisa su altro, è compatta nel tentativo di evitare una guerra su larga scala in Medio oriente.
Il punto è che, nella Sicurezza e nell’esercito Usa, grande è l’influenza dei neoconservatori, i quali giocano la partita (dell’agognata) grande guerra mediorientale in combinato disposto con Netanyahu e parte della destra israeliana. E ieri hanno segnato un punto a loro favore.
Così, non solo Netanyahu & company hanno respinto la tregua su Gaza, ma hanno anche rilanciato le loro fiche sulla roulette nel tentativo di innescare la loro grande guerra regionale. Peccato che sia una roulette russa, nella quale i rischi sono altissimi, sia per chi la fa, sia per chi la subisce.