Debenedetti e l'Europa dei tecnocrati
Tempo di lettura: < 1 minuteEsce, per i tipi della Marsilio, il libro Il peccato del professor Monti, di Franco Debenedetti. Lo recensisce Angelo Panebianco sul Corriere della Sera del 6 febbraio, e il suo interesse risiede nel fatto che collega l’esperienza del governo tecnico a guida Mario Monti a un’idea di Europa tecnocratica, distorsione del pensiero dei padri fondatori. Per Panebianco, infatti, Debenedetti «lega indissolubilmente l’azione e la figura di Monti al modo in cui si è fin qui sviluppata la costruzione europea: frutto di una progettazione, e di una prassi conseguente, che colpisce e indebolisce le diversità europee così come sono state forgiate dalla storia in tutta la loro complessità. E che lo fa in nome di un’ideale astratto, di un’utopia costruttivista, che affida ai tecnici, a una sorta di repubblica degli ottimati, il compito di fare l’Europa a dispetto della democrazia: una concezione per la quale le democrazie nazionali sono espressione del più gretto e miope provincialismo, fastidiosi ostacoli da rimuovere o da aggirare».
Prosegue Panebianco: «Il progetto europeo aveva, e ha, evidenti carenze. Concepito da tecnocrati, non ha saputo fare i conti con il problema della democrazia. Nè intendeva farlo. L’Europa di cui stiamo parlando è infatti – ricorda Debenedetti – quella che Jean Monnet prefigurò nel 1952, sostenendo che “il popolo europeo deve essere condotto verso un superstato senza che si renda conto di quello che gli succede”».