3 Ottobre 2024

Nasrallah aveva detto sì al cessate il fuoco

Il leader di Hezbollah aveva detto sì alla tregua di 21 giorni a cui aveva aderito anche Netanyahu. Poi è stato ucciso...
Nasrallah aveva detto sì al cessate il fuoco
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Il ministro degli Esteri libanese Abdallah Bou Habib ha dichiarato che il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, aveva accettato un cessate il fuoco di 21 giorni con Israele, proposto da Stati Uniti e Francia, poco prima che Israele lo uccidesse. “Ci hanno detto che Netanyahu era d’accordo e avevamo ottenuto anche l’accordo di Hezbollah. E sapete cosa è successo dopo”. Così Habib in un’intervista a Christiane Amanpour per la Cnn (foto di apertura). Fonte autorevole, notizia vera.

Gli inganni di Netanyahu

Netanyahu aveva poi fatto dietrofront sul cessate il fuoco, però, prima di  partire per New York per partecipare all’Assemblea generale dell’Onu, aveva detto no a un piano per assassinare Nasrallah. Se ne sarebbe parlato al suo ritorno dagli States, aveva aggiunto ai membri del Consiglio di Sicurezza. Invece ha deciso mentre si trovava nella città della Grande Mela.

Lo scriveva Michael Hauser Tov su Haaretz, dettagliando la discrasia tra quanto affermato da Netanyahu, cioè che aveva deciso perché si era creata “un’opportunità operativa” – un’occasione propizia – e quanto dichiarato dal suo ufficio, cioè che il “no” era solo un diversivo per ingannare Hezbollah, facendogli credere che tutto proseguiva come al solito.

Netanyahu Sought to Delay Decision on Killing Nasrallah Until After UN Trip

A ciò va aggiunto quanto scriveva il Guardian: “I funzionari statunitensi sperano di convincere Netanyahu ad accettare la proposta sul cessate il fuoco prima del suo intervento all’Assemblea generale delle Nazioni Unite di venerdì […] Giovedì, la Casa Bianca ha affermato che l’amministrazione Biden riteneva che Israele fosse ‘d’accordo’ con la proposta”.

Più che probabile che tali informazioni siano pervenute alla dirigenza di Hezbollah, dal momento che era anch’essa impegnata nella trattativa sottotraccia che si svolgeva negli Stati Uniti, tramite l’Iran e il Libano.

 Netanyahu says Israel ‘will not stop’ attacks on Hezbollah despite ceasefire calls

Dato ciò, è più che probabile che Nasrallah stesse aspettando nuove su un possibile accordo con Israele quando è stato ucciso, date le dichiarazioni della Casa Bianca, fonte più che autorevole, del giorno prima. La guerra poteva finire, Netanyahu ha deciso invece di scoperchiare il vaso di Pandora.

Gli sviluppi sono noti, con Israele che inizia a invadere il Libano o, almeno, così dice dal momento che Hezbollah continua a ripetere che le truppe nemiche sono state respinte con perdite (perdite riconosciute, anche se di minore entità, da Tel Aviv) e poi il raid missilistico di Teheran contro l’antagonista regionale.

La risposta israeliana e l’attacco a Beirut

Mentre proseguono gli scontri al confine libanese, occorre fare attenzione a tre particolari. Il primo riguarda la risposta che Israele sta affinando per punire il raid iraniano. Tante le ipotesi che circolano, tra le quali quella di raid contro le infrastrutture petrolifere, le centrali atomiche e l’opzione di incursioni segrete in territorio nemico.

L’America ha detto all’alleato di evitare di colpire le centrali atomiche, attacco che equivarrebbe a lanciare “bombe sporche” in territorio iraniano dato il conseguente rilascio di radiazioni. Uno spiraglio di lucidità in questa tragedia.

Di certo la reazione è oggetto di trattativa tra Washington e Tel Aviv, ma è certo che trattative sottotraccia si stiano svolgendo anche tra Washington e Teheran, come denota anche la visita del presidente iraniano in Qatar, Paese che in passato ha ospitato diversi negoziati riservati tra i due Paesi.

Altro particolare significativo è il bombardamento israeliano nel cuore di Beirut. Al solito, Tel Aviv parla di obiettivi militari, mentre il ministro degli Esteri della Ue scrive su X: “Le IDF hanno nuovamente preso di mira gli operatori sanitari durante la notte, nel centro di Beirut: 7 persone, tra cui alcuni paramedici, sono state uccise”. Segnale inquietante anche perché i jet di Tel Aviv finora avevano evitato di far strage nella capitale, segno che qualcosa porebbe cambiare nelle dinamiche della guerra.

I raid in Siria

Ulteriore particolare significativo è l’attacco compiuto da Israele in Siria, colpite Latakia e Damasco. Al solito si è parlato di target relativi ad armi e munizioni destinate a Hezbollah, ma non sfugge che l’attacco si è svolto relativamente vicino alla base russa di Khmeimim, che taluni media riferiscono fosse stata addirittura coinvolta.

Più che improbabile che la base russa sia finita nel mirino, ma se si tiene conto che poco dopo è stata colpita l’ambasciata dell’Abkhazia a Damasco, causando la morte di tre civili, l’ipotesi che Israele abbia voluto inviare un segnale alla Russia appare non del tutto aleatoria.

Abkhazia strongly condemns Israeli aggression on Damascus

L’Abkhazia, infatti, è uno Stato che può vivere solo grazie a Mosca, che ha permesso che questo lembo di terra georgiana distaccatasi dalla madrepatria sopravvivesse alle manovre per riportarla sotto il controllo di Tblisi.

Al di là della follia ormai accertata dell’armata israeliana, che colpisce imperterrita la Siria da anni, anche ambasciate straniere, causando vittime innocenti senza che vi sia alcuna ostilità dichiarata, con tali attacchi sembra che Tel Aviv abbia voluto in qualche modo inviare un segnale alla Russia per il raid Teheran, che di Mosca è alleata e a cui probabilmente deve il segreto dei missili ipersonici, spina nel fianco di Tel Aviv perché non intercettabili.

E forse il raid siriano serviva anche vendicare l’onta subita da Netanyahu che, ritenendosi il padrone del mondo, non deve aver preso bene il fatto che Putin non abbia accettato di tenere un colloquio urgente con lui, quando ha provato a contattarlo perché fermasse il raid iraniano. Ma sono ipotesi, ovviamente, vedremo.