Gaza: cronaca di uno sterminio annunciato
Difficilmente rilanciamo integralmente un articolo altrui. Facciamo un’eccezione per quello di Owen Jones, pubblicato sul Guardian. Il perché lo scoprirete leggendo.
Nell’attacco al nord di Gaza, Israele ha portato la sua campagna depravata a nuovi livelli
I campi di sterminio della Striscia di Gaza settentrionale parlano di un crimine confessato molto tempo fa. Lo stato israeliano sta creando “un deserto senza vita” e una “terra desolata invivibile”, comunica Medici Senza Frontiere, “eliminando di fatto la vita palestinese da tutto il nord della Striscia”. L’attacco avvenuto in questo autunno nel Nord è stato contrassegnato da un livello scioccante di depravazione, anche rispetto agli standard usuali dell’aggressione genocida di Israele che dura da un anno, Eppure, quasi un anno fa, quanto sta accadendo era stato descritto nei minimi dettagli sulle pagine di una rivista britannica apparentemente ignota.
Giora Eiland è un generale israeliano in pensione che, secondo i cablogrammi diplomatici degli Stati Uniti fatti trapelare da WikiLeaks, nel 2004 descrisse Gaza come “un enorme campo di concentramento”. [Eiland] È stato segretario del Consiglio di sicurezza nazionale di Israele e ora dice di essere il consigliere del ministro della difesa israeliano Yoav Gallant.
Lo scorso ottobre [Eiland] ha delineato la sua idea sul futuro di Gaza su Fathom, la rivista trimestrale del Britain Israel Communications and Research Centre, un importante gruppo di pressione britannico pro-Israele. Sostenendo l’assedio totale imposto da Gallant a quelli che definiva animali umani, Eiland ha scritto che Israele deve “impedire a chiunque di dare una reale assistenza a Gaza” e che la popolazione palestinese deve andar via “temporaneamente o in via definitiva”.
Nessuna sottigliezza: “Bisogna dire alla gente che ha due scelte”, ha scritto, “restare e morire di fame o andarsene”. E quanti non accoglieranno questa pulizia etnica di massa, “moriranno di fame, e non a causa delle bombe israeliane, e di sete perché non ci sarà acqua a Gaza”.
Nello stesso periodo, nella sua rubrica pubblicata sul quotidiano israeliano “centrista” Yedioth Ahronoth, ha evidenziato la necessità di vietare l’arrivo di carburante a Gaza, avvertendo che ciò avrebbe avuto come conseguenza che i palestinesi avrebbero ostentato al mondo “bambini morti nelle incubatrici a causa dell’interruzione della corrente a causa della mancanza di carburante”, ma che ciò era “necessario” nell’ambito di una “guerra esistenziale, e ci troviamo di fronte a una situazione come questa, o noi o loro”.
Meno di tre settimane dopo, i neonati hanno iniziato a morire, quando Israele ha tagliato il carburante all’ospedale al-Shifa, ora in gran parte distrutto. Nel novembre 2023, Eiland ha criticato quanti lamentavano le sofferenze delle “povere donne di Gaza”, sostenendo che “sono tutte madri, sorelle o mogli di assassini di Hamas” e ha esortato Israele a favorire la diffusione di epidemie perché ciò “ci aiuterà a vincere e ridurrà le vittime tra i soldati dell’IDF”.
Più di recente, Eiland ha elaborato quello che viene chiamato il “piano dei generali”, che prevede che Israele ordini ai civili di abbandonare il settentrione di Gaza, che sarà assediato e dichiarato zona militare chiusa: i civili che vi rimarranno saranno considerati obiettivi legittimi. Eiland si è attenuto ostinatamente al suo piano, dichiarando: “Non significa necessariamente che uccideremo tutti. Non sarà necessario. Nessuno sarà in grado di vivere lì. Non ci sarà più acqua”.
Pubblicamente, le autorità israeliane negano che il piano sia in fase di attuazione, cosa prevedibile perché equivarrebbe a confessare dei gravi crimini di guerra, ma uno dei suoi funzionari ha rivelato all’Associated Press che alcuni aspetti del piano erano già in corso, mentre tre riservisti dell’esercito hanno confidato ad Haaretz di ritenere che [il piano] sia già applicato nel settentrione di Gaza.
In effetti, Israele ha impedito che cibo e altri beni essenziali per la vita raggiungessero i 400.000 palestinesi rimasti a nord del Wadi Gaza. Come mi ha raccontato Liz Allcock di Medical Aid for Palestinians, che è stata a Gaza per mesi, gli ordini di evacuazione di Israele danno “l’impressione che la gente può contare un passaggio sicuro, ma non esiste nessun passaggio sicuro”. E ha aggiunto che, secondo delle ricerche recenti, nelle ultime settimane solo circa 150 palestinesi si sono spostati a sud.
In effetti, un funzionario delle Nazioni Unite di Gaza mi ha detto che i loro convogli sono stati colpiti più volte mentre passavano accanto ai corpi dei palestinesi abbandonati ai bordi della strada, colpiti a loro volta nonostante non portassero armi. Peraltro, molti anziani, disabili o malati non sopravviverebbero in nessun caso a un viaggio del genere.
Altri sono ormai esausti per i tanti spostamenti forzati, traumatizzati dall’uccisione di così tante persone care da parte di Israele. “Non hanno una vera e propria vita, sopravvivono giorno per giorno, e alcuni preferiscono morire a casa piuttosto che spostarsi di nuovo, perché la sicurezza non è garantita in nessun posto”, dice il funzionario delle Nazioni Unite. “Parlo con le persone che vivono lì ogni giorno e sono terrorizzate o hanno semplicemente rinunciato a vivere”.
Allcock garantisce la veridicità di quanto racconta. Nessun posto è sicuro a Gaza e i palestinesi distrutti e disperati decidono di farsi uccidere a nord “piuttosto che andare a sud per vivere in una tenda, scavare una buca per andare al bagno e magari farsi uccidere comunque”. Nel campo assediato di Jabalia, 18.000 palestinesi sono privati di acqua, cibo e accesso all’assistenza sanitaria.
Poi ci sono i “quadricotteri”, i droni armati di Israele. Il dottor Nizam Mamode è tornato a settembre dopo un mese di volontariato all’ospedale Nasser e stima che circa due terzi delle vittime che aveva avuto modo di vedere fossero donne e bambini. “È stato un continuo, giorno dopo giorno”, dice. “I droni sparavano colpi mirati, alcuni dei quali colpivano in pieno petto; altri la schiena, mentre i loro bersagli scappavano”.
Nell’86% di Gaza in questo momento vige l’ordine di sfollamento forzato e, come nota il segretario generale delle Nazioni Unite: “Due milioni di palestinesi sono ora stipati in uno spazio delle dimensioni dell’aeroporto internazionale di Shanghai”.
Ma ecco il punto chiave: tutta Gaza sta diventando inabitabile, come sottolineato da un recente rapporto delle Nazioni Unite, il quale rileva che Israele “ha applicato una politica programmata per distruggere il sistema sanitario di Gaza”.
L’implacabile e deliberato attacco di Israele alle strutture sanitarie è stato descritto dalle Nazioni Unite come “un crimine contro l’umanità, di sterminio”. All’ospedale di al-Aqsa, questa settimana i pazienti sono bruciati vivi nei loro letti, alcuni ancora attaccati alle flebo, a causa di un attacco missilistico israeliano.
Di solito, gli stati che commettono atrocità contro i civili fanno di tutto per nasconderle. L’assalto genocida di Israele è stato un caso anomalo. Raramente l’intento omicida è stato dichiarato pubblicamente in modo così sfacciato e senza scuse in così tante occasioni. Ogni giorno, il gruppo sempre più ridotto di giornalisti palestinesi sopravvissuti documenta orribili atrocità, mentre i soldati israeliani le pubblicano sui social media per far divertire il pubblico.
A volte potreste esservi chiesti con preoccupazione: come sono stati resi possibili i grandi orrori del passato, sia attraverso la complicità attiva che il silenzio, anche da quanti si consideravano umani, ragionevoli, “moderati”, quando la portata del crimine appariva così ovvia? Avendo vissuto un crimine confessato ad alta voce e senza vergogna fin dal primo giorno, un crimine più documentato di quasi tutti gli altri, beh, ora lo sapete.