Il Medio oriente e la fine della mezzaluna sciita
Visita di alto livello quella della delegazione russa in Iran guidata dai vice primi ministri Alexei Overchuk e Vitaly Savelev. A tema la firma del trattato di cooperazione globale tra Mosca e Teheran, finora rimandato e che dovrebbe essere siglato a gennaio, quando il presidente iraniano Masoud Pezeshkian si recherà in Russia.
Chiaramente c’era anche altro in ballo nella visita, questioni più urgenti come il caos siriano e il tintinnio di sciabole che riecheggia negli States, dove i neocon incardinati nell’amministrazione Trump, in coordinato disposto con Tel Aviv, hanno ricominciato i preparativi, propagandistici e militari, di una prossima aggressione all’Iran.
La fretta di firmare il trattato con la Russia serve anche a rendere più difficile tale opzione, dal momento che Mosca ha già iniziato a inviare armi a Teheran e si appresta a rinfoltirne vieppiù l’arsenale.
Putin e la Siria
Quanto a Damasco, di interesse un articolo di M. K. Bhadrakumar su Indianpuchline, nel quale riprende quanto detto da Putin sulla Siria nel suo recente intervento. In sostanza, l’ex ambasciatore indiano spiega che Putin ha ricordato che le forze russe erano intervenute in Russia per combattere il terrorismo ivi annidato, riuscendo nell’impresa.
Sottinteso di tale assunto è che le forze islamiste che ora governano la Siria non sono più consegnate al Terrore e che ci si può trattare, come sembra stia facendo anche Mosca, che potrebbe così conservare le sue basi nel Paese, le quali, ha detto lo zar, restano a disposizione per portare aiuti umanitari.
Approccio pragmatico, dunque, quello dello zar, che sembra riflettere certo pragmatismo degli islamisti al potere, i quali sembra che stiano trattando anche con l’Iran tanto che, come accenna Bhadrakumar, “Teheran ha rivelato nel weekend che sta riaprendo l’ambasciata a Damasco e che l’HTS [Tahrir al Sham] si è offerto di fornire la sicurezza per il funzionamento della sede diplomatica”.
Peraltro, sia l’Iran che la Russia sono interessate all’integrità territoriale della Siria, al contrario di Israele e Usa, che preferirebbero vederla smembrata secondo il principio del divide et impera al quale dovrebbe essere consegnato il Nuovo Medio oriente a trazione israeliana.
Per questo Mosca e Teheran si sono schierati con la Turchia, altro protagonista del regime-change siriano, che vuole ottenere dividendi dalla situazione e non vuole che dalle ceneri del Paese confinante nasca uno Stato curdo, che farebbe da propulsore per il riaccendersi della conflittualità curda all’interno dei suoi confini (e del vicino Iraq, con il Kurdistan iracheno che potrebbe staccarsi da Baghdad).
La Russia ha perso, ma…
In sostanza, secondo Bhadrakumar, la tesi in voga in Occidente secondo la quale il rovesciamento del regime siriano sarebbe una sconfitta irreversibile della Russia è del tutto erronea, che anzi…
In realtà, anch’egli aveva sostenuto tale tesi in una nota pregressa e, se era esagerata quella, appare esagerato anche l’opposto, cioè di una Russia ancora forte nel suo ruolo di playmaker regionale. In realtà, quel che è accaduto è che la Russia e l’Iran, avendo visto arrivare la rovina del governo di Assad – rovina alla quale ha contribuito anche la confusione del presidente siriano – hanno puntato sulla Turchia per evitare che l’ondata di piena travolgesse tutto.
È quanto ha spiegato il ministro degli Esteri Hakan Fidan, il quale, il 13 dicembre, ha detto all’emittente NTV: “Abbiamo parlato con i russi e gli iraniani e abbiamo detto loro che non valeva più la pena di investire sull’uomo sul quale avevano investito fino a quel momento. Hanno fatto una telefonata e quella sera stessa Assad se n’è andato” (sempre su Indianpunchline).
Per parte sua, Erdogan ha bisogno di Iran e Russia nel suo braccio di ferro contro l’America e Israele, che vorranno usare del nazionalismo curdo e dell’estremismo islamico per rilanciare nuovamente i loro piani sul nuovo Medio oriente, dove non c’è posto non solo per un Iran forte, ma neanche per una Turchia che assurge a potenza regionale, ruolo destinato al solo Israele.
Né c’è posto per le basi russe, basti pensare che nella Ue c’è chi ha posto come condizione per la remissione dalle sanzioni contro la Siria proprio la rimozione di tali basi. Profferta di inquietante brutalità.
Insomma, al di là della querelle, la Russia ha sì perso, ma se riuscirà a conservare la sue basi nel Mediterraneo, fosse anche altrove, e se queste potranno operare senza rischi, si può parlare di una perdita non catastrofica e recuperabile. Peraltro, va ricordato che Mosca nei conflitti ha sempre vinto usando del ridispiegamento strategico, che a volte richiede ritirate.
La fine della mezzaluna sciita
Il grande sconfitto appare invece l’Iran, sul quale, dopo la disfatta, incombono appunto le nubi di un’aggressione su larga scala da parte delle forze statunitensi e israeliane.
E la sconfitta subita sta tutta nell’incenerimento della mezzaluna sciita che da Teheran arrivava fino al Libano via Siria. Una strategia ideata dal generale Qassem Soleimani che aveva immaginato tale fascia di sicurezza per garantire all’Iran di evitare di essere attaccata, perché Israele avrebbe dovuto guardarsi dai nemici più prossimi.
E, però, le cose sono cambiate da allora. Teheran ha dimostrato di poter colpire Israele a distanza stabilendo una deterrenza alla quale non è più strettamente necessaria la mezzaluna sciita. Tel Aviv potrebbe non curarsene e tentare lo stesso il colpo fatale, potendo contare sulla forza Usa, ma non è facile come potrebbe apparire, da cui la possibilità che tale tragedia sia evitata, come accenna Avi Ashkenazi sul Maariv.
Quanto a Hezbollah, il suo destino è in bilico dal momento che non ha più un collegamento diretto con Teheran e deve contrastare le rinnovate spinte interne ed esterne per estrometterlo dalla stanza dei bottoni del Paese dei cedri.
Ma al momento regge, mentre per quanto riguarda il suo arsenale sta già cercando alternative. Insomma, tanto il caos e tante le incognite, anche terribili, che incombono sul Medio oriente, tra le quali il risorgere incontrollato del Terrore in Siria, per ora ancora limitato (ma c’è). Ma va registrato che, al solito, gli Stati Uniti si sono dimostrati capaci nell’opera di distruzione, ma incapaci di costruire. E questa incapacità offre spazi di manovra ai loro avversari.