La Birmania a rischio di destabilizzazione
Tempo di lettura: < 1 minute«La Birmania post-dittatura vive un paradosso e corre un serio pericolo. Il paradosso è che il clima di maggiore libertà ha portato a un moltiplicarsi degli scontri interetnici. Il pericolo è dato dalla possibilità, come denuncia Aung Zaw, storico dissidente rientrato in patria da un anno, che il Paese si trasformi nella “Jugoslavia del Sud-Est asiatico” precipitando in un “clima da guerra civile”. Sono stati gli ultimi, sanguinosi assalti alla comunità musulmana di Meiktila, nel centro della Birmania, a suggerire questa eventualità», in particolarre perché hanno le caratteristiche di «un vero e proprio “pogrom”»: folle appartenenti all’etnia dominante (i bamar) si sono scagliati contro «cittadini di un’altra fede con violenza inaudita». Così Paolo Salom sul Corriere della Sera del 5 aprile. Continua Salom: «Stona, insomma, il clima di apertura e fiducia nei confronti del nuovo potere civile che non farebbe abbastanza per arginare la violenza oggi diretta preferibilmente verso gli appartenenti alla minoranza musulmana (il 4% su 60 milioni di abitanti). E preoccupano certi riferimenti alla “purezza etnica”».
Nota a margine. La complessa situazione birmana può creare problemi alla vicina Cina. Aumentandone esponenzialmente il pericolo destabilizzante.