I due enigmi della crisi coreana
Tempo di lettura: < 1 minuteDue, scrive Sergio Romano sul Corriere della Sera del 9 aprile, gli enigmi della crisi coreana. Il primo concerne i piani militari di Pyongyang: la Nord Corea, pur disponendo di un enorme serbatoio umano, non ha armamenti adeguati per affrontare le forze degli Usa e della Sud Corea, così come pare non sia in grado di montare una testata atomica su missili di lunga gittata. Potrebbe colpire obiettivi vicini (Corea del Sud o basi Usa in Giappone) ma a rischio di rappresaglie americane. «Quale può essere il senso di una guerra provocata in queste circostanze?» si chiede Romano. Il secondo quesito riguarda la strategia del ricatto nucleare che i nordcoreani potrebbero usare come deterrente per scoraggiare eventuali attacchi dei nemici. Ma «perché provocare un conflitto di cui l’esito, nella migliore delle ipotesi, sarebbe un altro armistizio?». L’ipotesi dell’editorialista è che Kim Jong-un, sulla scia dei suoi predecessori, stia tentando di «creare periodicamente il sentimento dello stato d’assedio» per consolidare il proprio potere e controllare gli oligarchi. Difficile che tale strategia possa funzionare oggi, senza l’appoggio di Pechino e Mosca. Tutto ciò, conclude Romano, non giustifica però certo ottimismo: «I peggiori errori sono quelli che vengono commessi da chi si è bruciato i ponti alle spalle».