Il caso Barca scuote i democratici
Tempo di lettura: < 1 minuteMinistro per la coesione territoriale durante il governo Monti (ministero dai compiti alquanto imperscrutabili), Fabrizio Barca scende in campo e si iscrive al Pd. Una mossa da tempo preparata e sussurrata nel Partito Democratico, perché Fabrizio è figlio d’arte: padre partigiano, per lungo tempo dirigente del Pci, molto legato a Enrico Berlinguer. Insomma la sua non è solo un’adesione, ma l’innesto di una nuova variabile nel partito, e forse nel Paese. Variabile che lui stesso ha delineato in un documento pubblico, reso noto al momento della sua discesa in campo, nel quale, in sostanza, si prospetta la creazione di un partito fortemente caratterizzato a sinistra che aggreghi anche Sel, frangia ad oggi considerata estrema. Ovviamente nel Pd la mossa di Barca ha creato agitazione, in particolare perché si paventano primarie che dovrebbero vedere il neoiscritto confrontarsi con Renzi. Barca smentisce questa ipotesi, ma sarà il tempo a dire se sia vera o meno. Certo, se si andasse al voto a giugno-luglio, per il nuovo arrivato sarebbe difficile (ma non impossibile) proporre una sua candidatura, ma se dopo l’elezione del nuovo presidente della Repubblica si riuscisse a creare un governo di almeno un anno, il tempo necessario per alcune riforme (come quella relativa alla legge elettorale), allora sarebbe diverso.