Poca solidarietà per la Siria
Tempo di lettura: < 1 minuteI cristiani siriani «hanno visto l’Onu organizzare dal 2005 la partenza sistematica dei rifugiati iracheni verso i Paesi occidentali», e adesso provano angoscia anche per «l’indifferenza e il silenzio mondiale davanti al loro lungo e triste calvario… sono abbandonati, destinati alla morte senza poter fuggire… i consolati sono chiusi da un anno e mezzo». Così Samir Nassar, arcivescovo di rito orientale maronita di Damasco, che spiega come la Chiesa sia diventata una sorta di «muro del pianto», alla quale i cristiani siriani ricorrono per cercare aiuto e speranza.
Mons. Nassar spiega che i poveri vorrebbero lasciare il Paese, ma non possono, al contrario dei propri fratelli più agiati, e sono costretti a rischiare la morte «in questa guerra insensata». «L’appello del nuovo Papa Francesco in favore dell’amata Siria risuona nei loro cuori…. La Chiese sorelle del mondo intero pregano e mostrano il loro affetto per questo piccolo gregge, senza poter placare la tempesta». Nella tempesta, i pastori si trovano stretti da un dilemma: incoraggiarli a restare è consegnarli alla morte come «agnello muto davanti al macellaio». Aiutarli ad abbandonare il Paese, seppur possibile, sarebbe privare questo luogo della presenza degli ultimi cristiani. A loro non resta che affidarsi al cuore di Dio, vivendo in prossimità con chi soffre, nella speranza di far percepire la prossimità del Signore che dice: «Non abbiate paura, io sono con voi».
Le parole del presule siriano sono state riportate dall’agenzia Fides il 13 aprile.