Le due Americhe e Barack Obama
Tempo di lettura: 2 minuti«Nelle ore convulse che seguirono agli attacchi dell’11 settembre 2001, contro le Torri Gemelle a New York e al Pentagono di Washington, due opposte reazioni scossero l’anima americana. La prima, nobile, composta, con la gente in fila alla Cattedrale di San Patrizio o in Sinagoga, le moschee tranquille, l’intera metropoli urbana da Manhattan al Bronx senza un gesto di razzismo, di xenofobia anti islamica […]. La seconda irrazionale, nevrotica, lasciava invece libera quella che Pirandello chiamava “la corda pazza” nascosta dentro ciascun uomo. Ne divennero icona le buste con l’antrace, che sembrarono terrorismo di un network specializzato e finirono per rivelarsi gesto isolato, sia pure in una vicenda rimasta opaca. Dopo l’attentato alla Maratona di Boston le due Americhe, la compassionevole e la pazza, sono tornate ad incrociarsi». Questo l’incipit dell’articolo di Gianni Riotta apparso sulla Stampa del 18 aprile. «Le lettere tossiche alla ricina inviate alla Casa Bianca, a politici, vere minacce e allarmi fasulli insieme – ha proseguito l’editorialista – moltiplicano l’ansia […]. La reazione di Boston all’attacco è stata superba, i feriti curati già sull’asfalto da volontari […], la preghiera ecumenica, il discorso risoluto e commosso di Barack Obama, ancora così giovane eppure incanutito dalla fatica del “lavoro più solitario al mondo”». Tuttavia, conclude Riotta, «la corda pazza in ogni cantina e web underground potrà germinare ancora tossine sociali nei giorni torbidi del dopo Boston. Le forze dell’ordine faranno il loro dovere, l’America migliore è già schierata con la tolleranza. Ma trattenere gli inquieti e rincuorare gli affranti è compito di Obama: e stavolta non bastano un discorso cerebrale e il suo carisma sofisticato. Serve il cuore, la passione, parlare da americano agli americani, subito. I killer, poi, verranno presi e portati in giudizio».